Nelle pagine di un autore moderno si possono leggere in filigrana
altri auctores della tradizione europea. Eliot, Shakespeare e
Seneca. La difesa dell’identità e il “darsi animo”. La tematica senecana
dell’orrore ripresa dal teatro elisabettiano. L’Ecerinis (del 1314) di Albertino Mussato. Ferruccio Bertini e George Uscatescu.
Eliot trova precise analogie tra
i personaggi di Seneca e
quelli del teatro elisabettiano:"Nell'Inghilterra elisabettiana si hanno
condizioni in apparenza affatto diverse da quelle di Roma imperiale. Ma era
un'epoca di dissoluzione e di caos; e in tale epoca, qualsiasi attitudine
emotiva che sembri dare all'uomo alcunché di stabile, anche se è soltanto
l'attitudine di "io sono solo me stesso", è avidamente assunta. Ho
appena bisogno di segnalare...quanto prontamente, in un'epoca come l'elisabettiana,
l'attitudine senechiana dell'orgoglio, l'attitudine montaigniana dello
scetticismo, e l'attitudine machiavellica del cinismo giunsero a una specie di
fusione nell'individualismo elisabettiano. Questo individualismo, questo vizio
d'orgoglio, fu, necessariamente, sfruttato molto a causa delle sue possibilità
drammatiche...Antonio dice "Sono ancora Antonio [1]" e la Duchessa "Sono
ancora Duchessa di Amalfi "[2]; avrebbe sia l'uno che l'altro
detto questo se Medea non avesse detto Medea superest ?"[3].
La
Duchessa di Amalfi dice anche:"sappiate che condannata ch'io sia a
vivere o a morire, posso comportarmi in entrambi i casi da principessa"
(III, 2).
"E
questa crisi socio - politica, ideologica e cosmica, dell'identità dell'io non
produce soltanto la rinuncia, l'isolamento, e, in sostanza, il non - io, bensì
due altre soluzioni egualmente importanti: e cioè, da un lato un paranoico
amore di sé, con conseguente narcisistica interiorizzazione del mondo esterno,
dall'altro la formazione mostruosa di un super - io che cerca di opporre pari
possanza innanzi alle travolgenti forze nemiche, una esasperazione della
volontà e una smaniosa ricerca di gloria. Sta in questi esiti della crisi
dell'identità tutto l'animo barocco, e a questi offriva modelli tragici in
abbondanza , ed un linguaggio già confezionato, sia il teatro di Seneca che il
suo pensiero"[4].
Questo aggrapparsi alla propria identità fa parte
dell’atteggiamento che Eliot definisce del “ darsi animo”. Lo individua
nello stoicismo romano di cui Seneca è il rappresentante letterario, in
Shakespeare e in Nietzsche:"Nietzsche è il più cospicuo esempio moderno
del darsi animo. L'attitudine stoica è il rovescio dell'umiltà cristiana"[5]. Ed ecco l’Edipo di Seneca che si dà animo: l'accusa di
paura non lo riguarda poiché ha la grande benemerenza di avere affrontato e
confutato la Sfinge :"Nec Sphinga coecis verba nectentem
modis/fugi " (Oedipus, v. 92) io non sono fuggito davanti
alla Sfinge che
intricava le parole in ciechi stilemi.
Non solo:
“Shakespeare, "simile al mondo ed alla vita", secondo Kott, riprende
la tematica senecana dell'orrore, e l' atrocità shakespeariana non
stupisce, non ci è mai lontana. Titus Andronicus, Riccardo III ,
si ritrovano in Medea e Thyestes. Da Titus
Andronicus fino ad Amleto, fino alla crudeltà senza nome
della morte di Cordelia. In Shakespeare, il teatro di sangue che porta
l'insegna senecana, raggiunge il suo punto culminante"[6].
George
Uscatescu ricorda fu Albertino Mussato (1261 - 1329) "il primo scrittore
moderno che volle imitare le tragedie di Seneca. Mussato, scopritore di un
"Seneca tragicus" (Ecerinis [7]) sotto la descrizione dei crimini
di Ezzelino[8], rappresenta i crimini del suo contemporaneo Cangrande della Scala, il
tiranno di Verona e cerca il suo modello nei temi di orrore e di sangue delle
tragedie di Seneca…Si inizia la traiettoria moderna di un Seneca tragicus…che
culmina nella esposizione che ci offre Shakespeare in Titus Andronicus,
opera degna del più specifico Tieste o di Medea. Esposizione tematica del
teatro della crudeltà così formulata:"I must talk of murders, rapes and
massacres/Acts of black night, abominable deeds,/ Complots of mischief,
treason, villainies/ Ruthful to hear, yet piteously performed "
(V, 1, 63 - 66)"[9], io devo parlare di assassinii, stupri e massacri, atti della nera notte,
azioni abominevoli, complotti del demonio, tradimenti, malvagità, penosi a
udirsi, eppure eseguiti in modo da fare pietà. Sono parole di Aaron il moro
amato da Tamora[10].
Sentiamo Ferruccio Bertini a proposito
dell’influenza di Seneca sulla rinascita preumanistica del genere tragico :
“uno dei punti di svolta decisivi nella storia della rinascita del genere
tragico di matrice classica è senz’altro costituito dalla stimolante scoperta,
forse nell’abbazia di Pomposa, d’un nuovo manoscritto contenente le tragedie di
Seneca (eccettuata l’Octavia), l’Etruscus, che risale alla fine
dell’XI secolo, ma la cui famiglia deve avere avuto origine nel secolo IX. Tale
ritrovamento condusse Lovato Lovati, il promotore del cosiddetto preumanesimo
padovano, e l’ambiente culturale raccolto attorno al suo magistero, a una nuova
riflessione sul genere tragico, tanto critica ed esegetica, quanto, di lì a
poco, operativa sul duplice piano della ricezione e della scrittura emulativa.
Proprio in questo milieu si colloca e si giustifica l’opera di
Albertino Mussato, allievo di Lovati, che fu “in grado di identificare alcuni
elementi costitutivi delle tragedie senecane, come il tema della volubilità
della fortuna, l’importanza della varietà metrica, le finalità pedagogiche, e
il concetto - sia pure non perfettamente assimilato - di catarsi aristotelica”[11]. Se i grandi tragici antichi si
ispiravano agli eroi del mito, il Mussato riscrive e attualizza in chiave
moderna l’Octavia e il Thyestes, contaminandoli, mentre
trae ispirazione per l’argumentum e per il truculento intreccio
della sua tragedia dalla recente storia narrata nei Cronica Marchie
Trivixiane ( composti fra il 1260 e il 1262) del conterraneo Rolandino
da Padova. Nell’Ecerinis egli ripercorre, infatti, la vita e i
criminosi misfatti del tiranno locale, Ezzelino da Romano, novello Nerone e, al
contempo, novello Atreo per l’empietà sanguinaria delle nefandezze compiute,
dalla leggendaria nascita per opera diabolica nel 1194 sino alla terribile morte
(1259) sua e di suo fratello Alberico (1260). L’intento evidente era quello di
riattizzare nei Padovani la fiamma sopita dell’orgoglio campanilistico,
ricordando, con un terribile monito di avvertimento, le atrocità commesse dagli
atroci despoti del secolo passato, nel momento dell’inquietante ascesa politica
di Cangrande della Scala. Per far questo, egli decide di comporre non un pamplhet politico
dagli intenti parenetici, ma una tragedia a tinte cupe basata sul modello
dell’antico Cordovano, aprendo in tal modo, con lo spirito del precursore, la
grande stagione della tragedia rinascimentale di imitazione senecana. Del
frutto prematuro l’Ecerinis ha tutti i limiti e i difetti, ma si
può convenire con Gustavo Vinay che essa costituisce “il punto di arrivo di una
complessa corrente spirituale, durata otto secoli, dominata dal gusto per il
pauroso e per il macabro, ma sorretta anche da un profondo desiderio di
liberazione e di pace: di quella pace che il Mussato e tanti altri come lui cercavano
in Boezio e, perché no, nel più antico consolatore romano, Seneca[12]”[13].
9. 1. Il latino e il greco come corrente sanguigna
della letteratura europea. Bodei: gli assi di riferimento.
Per chiarire
la necessità delle basi classiche, senza le quali c'è l'abisso del vuoto, posso
citare un'altra "verità" di un saggio successivo[14] di T. S. Eliot: "Il
latino e il greco[15] costituiscono la corrente sanguigna della letteratura europea: e come
un solo, non già due distinti sistemi di circolazione; giacché è attraverso
Roma che possiamo ritrovare la nostra parentela con la Grecia"[16].
E Leopardi:
“Qualunque stile moderno ha proprietà, forza, semplicità, ha sempre sapore di
antico, e non par moderno, e forse anche perciò si riprende, e volgarmente non
piace” (Zibaldone, 1988).
Naturalmente
il greco e il latino sono le fondamenta del lavoro comparativo inteso a dare ai
giovani un'educazione nello stesso tempo classica ed europea. Il greco e il
latino sono i nostri “assi di riferimento”: “Siamo sicuri che sia possibile
pensare o scrivere una storia priva di assi di riferimento?...In fondo non
siamo affatto tenuti a scegliere fra storie asettiche, depurate da ogni
presupposto, e filosofie e utopie a disegno, quanto, semmai, a rendere
esplicite le premesse nascoste e le conseguenze ipotizzabili di ogni narrazione
con pretese di comprensione degli eventi, così da poterle sottoporre a un
ragionevole esame critico e comparativo”[17].
giovanni
ghiselli
[1] "I am Antony yet ", Antonio
e Cleopatra (del 1606 - 1607) , III, 13.
[2]Da La duchessa di Amalfi (del
1614) , di J. Webster (1580 - 1625).
[4] M. Pagnini, Seneca e
il teatro elisabettiano, in "Dioniso" LII, 1981, p. 412,
[5] Shakespeare e lo stoicismo
di Seneca, in T. S. Eliot, Opere, p. 799.
[6] George Uscatescu, Seneca e
la tradizione del teatro di sangue, "Dioniso" 1981, p. 387.
[7] Del 1314 .
[8] Crudelis ut Nero (ndr)
[9] George Uscatescu, op. cit,. p.
374
[10]Tante, troppe parole che fanno
pensare a questo giudizio di Nietzsche:" Shakespeare… paragonato con
Sofocle, è come una miniera piena di un'immensità di oro, piombo e ciottoli,
mentre quello non è soltanto oro, ma oro anche lavorato nel modo più nobile,
tale da far quasi dimenticare il suo valore come metallo" Umano,
troppo umano II vol. , p. 57.
[11] S. Pittalunga, Modelli
classici e filologia nell’Ecerinis di Albertino Mussato,
in La scena interdetta Napoli 2002, pp. 245 - 246, in part. p.
246…Sulla riscoperta di Seneca tragico nel Medioevo cfr. inoltre, del medesimo
studioso, Mestissima mortis imago (note su Seneca tragico nel Medioevo e
nell’Umanesimo), in La scena interdetta cit. pp. 257
- 265.
[12] G. Vinay, Studi sul
Mussato, “Giornale Storico della Letteratura Italiana”, 126 (1949), p. 159.
[13] F. Bertini, XXVI Convegno
Internazionale, Tragedie dell’onore nell’Europa Barocca, Roma, 12 -
15 settembre 2002., pp.37 - 39.
[17] R. Bodei, La speranza
dopo il tramonto delle speranze”, in “Il Mulino”, 333, 1991.
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