Brevissimo stralcio dalla conferenza che terrò venerdì 18 ottobre 2019 a Pordenone su Alessandro Magno, a cura dell'AICC
Pordenone – sala T. Degan – Biblioteca Civica – Piazza XX settembre – ore 17,45
Le ferite parlano
Alessandro,
a Gaugamela (ottobre 331 a. C.) disse di avere le cicatrici come garanzia delle
proprie parole e quali decorazioni del corpo: “spondēre pro se tot cicatrices, totĭdem
corporis decŏra”( Historiae
Alexandri Magni, 4, 14, 6), davano garanzie.
Anche
Mario, homo novus, si vanta di avere cicatrices invece
dei ritratti degli antenati come i suoi avversari aristocratici (
Sallustio, Bellum Iugurthinum, 84.)
Le ferite
spesso parlano: non sempre sono " dumb mouths "
( Shakespeare, Giulio
Cesare , III, 2), bocche mute, come quelle di Cesare
assassinato. "Una ferita è anche una bocca. Una qualche parte di noi sta
cercando di dire qualcosa. Se potessimo ascoltarla! Supponiamo che queste
"intensità sconvolgenti siano una sorta di messaggio: sono
"cicatrici", ferite, che segnano la nostra vita"[1].
“For I
have neither wit, nor words, nor worth,/ action, nor utterance, nor the power of
speech,/to stir men’s blood: I only speak right on;/I tell you that which
youselves do know;/show you sweet Caesr’s wounds, poor poor dumb mouths,/and
bid them speak for me”, perché io non ho l’ingegno, né le parole, né il
valore, il gesto ( cfr. actio la recitazione dell’oratore
dopo inventio, dispositio, elocutio, memoria), né l’espressione né
la potenza della parola per eccitare il sangue degli uomini; io parlo solo in
modo appropriato; io vi dico quello che voi stessi sapete; vi mostro le ferite
di Cesare, povere, povere bocche mute, e chiedo loro di parlare per
me.
Quando Didone muore la
ferita stride profonda nel petto:"infixum stridit sub
pectore volnus " ( Eneide, IV, v. 689).
Non
solo e non tanto le ferite di Alessandro, Cesare e Didone parlano ma
anche e ancor più quelle di bambini, donne e uomini massacrati dalle guerre, o
ridotti a schiavi dalla logica antiumana del profitto
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