educazione degli adolescenti nell'antica Grecia |
Non darei il voto ai sedicenni
sebbene siano carini assai.
Dare il voto ai sedicenni gli imberbi
iuvenes cerei in vitium flecti, facili come la cera a prendere
l'impronta del vizio (cfr. Orazio, Ars poetica, v.
161 e v. 163) non è il modo migliore per uscire da questa morta gora.
Faccio un esempio tratto da
Euripide: Adrasto chiede un aiuto a Teseo, re di Atene e paradigma mitico
di Pericle. Lo elogia dicendogli che regge una polis la
quale prova pietà per gli infelici e per giunta ha in lui una guida giovane e
capace - kai; neanivan - e[cei se; poimevn j
ejsqlovn ( Supplici, vv.190-191)
e, ne deduce, è per mancanza di questo che molte città vanno in rovina: sono
bisognose e prive di un capo - ou| creiva/
povlei"-pollai; diwvlont j, ejndeei'" strathlavtou (191-192).
Un capo giovane dunque sì, ma
non un bambino, né scelto da bambini ancora inclini al paese dei balocchi dove
la scuola non esiste e non si studia mai
Aggiungo Machiavelli: “E tutto
procede dalla debolezza de’ capi” (Il principe XXVI).
Da noi i più deboli sono i più
beceri: quelli che strillano e minacciano di più.
Poi Dante:"la mala condotta/ è la cagion che il
mondo ha fatto reo" (Purgatorio XVI,103-104).
Infatti
noi Italiani non siamo pessimi, anzi.
Torno
al Principe del Segretario fiorentino e chiudo: “et in Italia non manca
materia da introdurvi ogni forma. Qui è virtù grande nelle membra, quando la
non mancassi ne’ capi” (XXVI)
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