NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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giovedì 31 ottobre 2019

Donne e uomini nell’"Ecuba" (224) di Euripide. Prima parte

Pietro Liberi (?), Ecuba e Priamo
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Presenterò questo percorso il 4 novembre nella biblioteca Ginzburg di Bologna

Eroismo e nobiltà di Polissena. Infuriamento di Ecuba che punisce Polimestore che uccise suo figlio Polidoro

Giacerò al buio con i morti, continua Polissena, eppure con
questi lamentosi canti funebri piango la tua sorte madre, non
la mia vita lwvban luvman t j , oltraggio e vergogna, per me morire e
l’accidente migliore - qanei'n moi - xuntuciva kreivsswn (214 - 215)
Quindi la madre supplica Odisseo di non ammazzare la fglia
con un verso che è un'alta espressione di umanesimo in
favore della vita:"mhde; ktavnhte: tw'n teqnhkovtwn a{li" " (v. 278),
non ammazzatela: ce ne sono stati abbastanza di morti.
Grazie a lei io giosco - gevghqa - e dimentico i mali kajpilhvqomai
kakw'n (279), lei per me è la consolazione moi parayuchv di
molte sventure, lei è povli", tiqhvnh, bavktron, hjgemw;n oJdou' (281)
patria, nutrice, bastone, guida della strada.
Torniamo a Ecuba la quale deplora i propri lovgoi pro;" aijqevra - frou'doi mavthn (334 - 335) e consiglia alla figlia giovane e bella –ei[ ti meivzw duvnamin h] mhvthr e[cei" (336) di provare ad autodifendersi : impegnati per non essere privata della vita a lanciare trilli come la bocca di un usignolo - ws{ t j ajhdovno" stovma fqogga;" iJei'sa (337 - 338). Convinci Odisseo ad avere pieta.
Polissena dice a Odisseo che non deve temere di venire importunato da suppliche. Ti seguiro per via della necessita, poi sono io che voglio morire qanei'n te crhv/zomai (347).
Se non lo volessi, continua Polissena, kakh; fanou'mai kai;
filovyuco" gunhv (348) apparirò quale donna vile e attaccata
alla vita. Vengo da una condizione principesca, una ragazza h|/
path;r h\n a[nax - Frugw'n ajpavntwn (349 - 350) e dovevo sposare un
re. Avevo molti pretendenti. Ero i[sh qeoi'si plh;n to; katqanei'n
movnon (356), simile alle dèe a parte che sarei dovuta morire,
nu'n dj eijmi; douvlh, ora sono una schiava. Basta questo nome cui
non sono avvezza a farmi amare il morire. Posso essere
comprata per denaro, io, la sorella di Ettore e di molti altri
eroi, addetta alla necessità di fare il pane, - prosqei;" d j ajnavgkhn sitopoiovn ejn dovmoi", 362, di spazzare la casa - saivrein
te dw'ma - e stare al telaio 363.
Uno schiavo comprato da qualche parte dou'lo" wjnhtov" povqen
insozzerà il mio letto - levch de; tajma; cranei' - craivnw - che una volta era
considerato degno di principi. Mando fuori dagli occhi una luce
libera attribuendo il mio corpo all’Ade (367). Polissena chiede
alla madre di non impedirle quanto ha deciso: mhde;n ejmpodwvn
gevnh/ (372), anzi di condividere la sua volontà: morire è meglio
che subire turpitudini immeritate (374). Chi non è abituato ad
assaggiare i mali li porta sul collo con sofferenza e si sente
più fortunato morendo.
La giustifcazione estetica della vita umana, il culto della
bellezza, è un'altra delle ragioni per cui i Greci sono nostri
padri spirituali.
Soltanto nella bellezza si può tollerare il dolore di vivere,
afferma Polissena quando antepone una morte dignitosa a
una vita senza onore:"to; ga;r zh'n mh; kalw'~ mevga~ povno~, (Ecuba ,
v. 378), vivere senza bellezza è un grande tormento".
Il coro commenta queste parole dicendo che nascere da
persone nobili lascia un forte e chiaro segno - carakthvr - , ma il
nome della nobiltà diventa più grande per chi se ne fa degno
(380 - 381)
Ecuba si rivolge a Odisseo e prova a stornare la morte dalla
fglia su se stessa: thvnde me;n mh; kteivnete (385), non
ammazzate questa, ejgw; jtekon Pavrin io ho partorito Paride
che ha ucciso il fglio di Tetide tovxoi" balwvn, colpendolo con le
frecce (388).
Ecuba replica che sente grande necessità pollh; ajnavgkh di
morire con la figlia, ma Odisseo risponde sprezzantemente
che non sapeva di avere dei padroni.
La madre allora dice che vuole attaccarsi alla fglia ojpoi'a kisso;" druov", come l’edera alla quercia (398).
Polissena suggerisce a Ecuba di non opporsi per non suscitare
la violenza dei più forti - suv tj w\ tavlaina toi'" kratou'si mh; mavcou
(404). Farebbero scempio del tuo vecchio corpo. La figlia
chiede alla madre piuttosto un gesto di affetto: hJdivsthn cevra - dov",
dammi la tua dolcissima mano e lascia che accosti la mia guancia alla tua (410) poiché non succedera piu ma presto io vedrò il radioso cerchio del sole per l’ultima volta (412). Il sole come sempre e la vita. Poi a[peimi kavtw, me ne vado di sotto - a[numfo" ajnumevnaio" w|n m j ejcrh'n tucei'n (416) senza sposo né i canti nuziali che avrei dovuto ottenere.
 Cfr. Sofocle, Antigonea[gamo"...ajnumevnaio" vv. 867 e 876).
Polissena chiede alla madre cosa debba dire a Ettore e Priamo.
Riferisci che io sono la piu disgraziata di tutti - a[ggelle pasw'n
ajqliwtavthn ejmev (423). La ragazza menziona con gratitudine i seni della madre mastoiv che l’hanno nutrita con dolcezza hjdevw" (424)
Quando Neottolemo ebbe impugnato la spada, Polissena parlò in maniera davvero nobile, da sorella di Ettore e principessa di Troia: ejkou'sa qnhvskw: mh; ti" a{yhtai croov" - toujmou' (548 - 549), di mia volonta muoio, nessuno tocchi la pelle mia, offrirò infatti la gola con cuore saldo.
Ovidio:
Vos modo, ne Stygios adeam non libera manes,
este procul, si iusta peto, tactuque viriles
Virgineo removete manus! Acceptior illi
Quisquis is est, quem caede mea placare paratis,
liber erit sanguis; …” (Metamorfosi, XIII, 465 - 469),
ora voi, perche io non scenda non libera alle ombre Stigie
state lontani, se chiedo il giusto, e allontanate le mani
di maschi dal contatto con la vergine! Piu gradito a quello
chiunque lui sia, che vi accingete a placare ammazzandomi,
sarà il sangue libero…
Ammazzatemi lasciandomi libera, perche muoia libera - wJ" ejleuqevra qavnw
(Ecuba, 550), io che sono di stirpe regale basiliv" non voglio essere
chiamata schiava (douvlh, 552)
Polissena ha osservato persino l’etichetta della principessa pur in un momento che avrebbe sconvolto chiunque ma, come si dice, noblesse oblige. La folla apprezzò e aplaudi. Agamennone ordinò ai guardiani di scostarsi. Polissena lacerò il proprio peplo dalla spalla all’ombelico e scopri le mammelle e il petto bellissimo come di statua - mastouv" t j e[deixe stevrna q j wJ" ajgavlmato" - kavllista (560 - 561).
Poi la principessa posò a terra il ginocchio.
(cfr.Lucrezio e la sua Ifigenia, molto diversa muta metu genibus summissa petebat, I, 92)
Quindi Polissena disse parole piene di coraggio: ecco, giovane pai'son, colpisci il petto se vuoi, o la gola che è qui pronta - laimo;" eujtreph;" o{de (565).
Lui per compassione della ragazza non volendo e anche volendo - o[ d j ouj qevlwn te kai; qevlwn oi[ktw/ kovrh" (566), taglia con il ferro i canali del respiro tevmnei sidhvrw/ pneuvmato" diarroav" (567).
Sgorgavano sorgenti di sangue.
 Mentre moriva la principessa comunque si dava molta cura di cadere in bella forma pollh;n provnoian ei\cen eujschvmwn pesei'n (569) con decoro , coprendo cio che si deve coprire rispetto agli occhi degli uomini - kruvptous j a} kruvptein ommat j ajrsevnwn crewvn (570).

CONTINUA

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