NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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sabato 26 ottobre 2019

Presento un quesito dilemmatico: è la donna che fa i costumi, o no?






Il film Magdalene di P. Mullan che nel 2002 ha vinto, giustamente, seppure non senza polemiche, il Leone d'oro al festival del cinema di Venezia. Il regista, contestato da alcuni prelati cattolici, afferma che il film "parla di tutte le religioni, non solo di quella cattolica, che opprimono le donne poiché rappresentano la forza della vita e dell'amore"[1].

Alexis De Tocqueville (1805-1859) indica un nesso tra la severità dei costumi, le credenze religiose e l'anima femminile negli Stati Uniti della prima metà dell'Ottocento:" Non dubito affatto che la grande severità di costumi che si nota negli Stati Uniti non abbia la sua origine nelle credenze religiose. La religione è molto spesso impotente a trattenere l'uomo in mezzo alle tentazioni innumerevoli offertegli dalla fortuna; essa non riesce a moderare in lui il desiderio della ricchezza che lo sprona poderosamente, ma regna incontrastata nell'anima femminile ed è la donna che fa i costumi"[2].
Secondo questa concezione le donne  avrebbero la massima responsabilità della conservazione di questo pilastro della vita regolata da norme di decenza.

 Nei fatti il trionfo della licentia femminile temuto dal Catone il Vecchio di Tito Livio  porterà a una mutazione del costume antico.

La paura della donna (metus feminae genitivo soggettivo).
La paura della donna suggerisce  al censore alcune parole  sulla  necessaria sottomissione della femina  al fine di tenere sotto controllo una natura altrimenti riottosa e sfrenata .
Così si esprime Catone quando parla, nel 195 a. C., contro l'abrogazione della lex Oppia  che, dal 215, imponeva un limite al lusso delle matrone[3] le quali erano scese in piazza proprio per manifestare a favore dell'annullamento della legge:" Maiores nostri nullam, ne privatam quidem rem agere feminas sine tutore auctore voluerunt, in manu esse parentium, fratrum, virorum...date frenos impotenti naturae et indomito animali et sperate ipsas modum licentiae facturas...omnium rerum libertatem, immo licentiam , si vere dicere volumus, desiderant… Extemplo simul pares esse coeperint, superiores erunt "[4],  ( Livio, Storie, XXXIV, 2, 11-14; 3, 2) i nostri antenati non vollero che le donne trattassero alcun affare, nemmeno privato senza un tutore garante, e che stessero sotto il controllo dei padri, dei fratelli, dei mariti...allentate il freno a una natura così intemperante, a una creatura riottosa e sperate pure che si daranno da sole un limite alla licenza...desiderano la libertà, anzi, se vogliamo chiamarla  con il giusto nome la licenza in tutti i campi…. appena cominceranno a esserci pari, saranno superiori. 






[1] Da la Repubblica del 9 settembre 2002, p. 39.
[2] La democrazia in America , p. 293.
[3] Vietava tra l'altro di indossare vesti multicolori o di girare per Roma su un cocchio a doppio traino di cavalli.
[4]Tito Livio, Storie , XXXIV, 3, 2.

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