NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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mercoledì 23 ottobre 2019

La Medea di Seneca. Parte prima


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Sommario della Medea di Seneca
Lo presenterò nella biblioteca Ginzburg il prossimo lunedì: 28 ottobre 2019
I titoli verranno chiariti e spiegati con citazioni e riassunti

La Medea di Seneca
1027 versi
Il furor prevale su ratio e virtus tanto in Medea quanto in Fedra: nihil enim aliud est virtus quam recta ratio” (Ep. 66, 32).
E poco più avanti:sequitur autem ratio naturam. "Quid est ergo ratio?" Naturae imitatio. "Quod est summum hominis bonum?" Ex naturae voluntate se gerere” (66, 39), ebbene la ragione segue la natura. "Che cosa è dunque la ragione" "imitazione della natura". "Qual è il bene più grande per l'uomo?" "Comportarsi secondo la volontà della natura".

Sommario

I atto vv. 1 - 55
Medea da sola. Monologo.
La preghiera nera. Medea invoca le divinità della mitologia inferiore Ecate e caos, ombre empie. Gli eterni nemici dell’ordine e della cultura: “voce non fausta precor” (v. 12). Chiede la presenza delle Erinni (adeste vv - 13 e 15) con fiaccola fumosa nelle mani insanguinate ( atram cruentis manibus amplexae facem, v. 15). La negazione della luce.
La preghiera nera di Ortrud, congiurata con gli dèi pagani Wodan e Freia nel Lohengrin di Wagner (p. 22). 
Wotan e Freia sono stati “profanati” dall’avvento del cristianesimo. Le Erinni e Atena. 
 C'è una connessione tra le forme della terra e quelle dell'esperienza umana: pelle femineos metus/et inhospitalem Caucasum mente indue (vv. 42 - 43, p. 18). Il determinismo geografico: i Fenni di Tacito. Tasso. I Marchigiani di Leopardi (p. 20 del percorso, un assaggio qui sotto).

Seneca nel De ira afferma che per governare è necessaria una natura equilibrata, non intrattabile e questa ha bisogno di un clima mite:"nemo autem regere potest nisi qui et regi. Fere itaque imperia penes eos fuere populos qui mitiore caelo utuntur. In frigora septentrionemque vergentibus immansueta ingenia sunt, ut ait poeta "suoque simillima caelo" (II, 15), nessuno del resto può governare se non può anche essere governato. Perciò gli imperi in generale si sono trovati presso quei popoli che fruiscono di un clima più mite. Sono feroci le indoli esposte al freddo e al settentrione, e, come dice il poeta[1], "molto somiglianti al loro cielo".
Il poeta è ignoto ma Tacito nella Germania[2] conferma questo giudizio:"Fennis mira feritas, foeda paupertas: non arma, non equi, non penates; victui herba, vestitui pelles, cubili humus; solae in sagittis opes, quas inopia ferri ossibus asperant. Idemque venatus viros pariter ac feminas alit: passim enim comitantur partemque praedae petunt" (46), incredibile è la ferocia dei Fenni, squallida la loro miseria: non armi, non cavalli, non abitazioni; per vitto hanno l'erba, per vestito le pelli, per letto la terra; le sole ricchezze le frecce, che per mancanza di ferro rendono aguzze con le ossa. La medesima caccia nutre ugualmente gli uomini e le donne: infatti li accompagnano nel loro girovagare e pretendono una parte della preda. Questo è l'ultimo capitolo della monografia e i Fenni si trovano nell'estremo nord est.

La negazione della femminilità: Medea e Lady Macbeth unsex me here (Macbeth I, 1, p. 21 del percorso). Argia nella Tebaide di Stazio vuole seppellire Polinice con coraggio virile (sexuque relicto, XII, 78). Poi anche nell’Antigone di Alfieri: “me del mio sesso io sento/fatta maggiore” (vv. 42 - 45). La maternità e la spietatezza compiuta: maiora iam me scelera post partus decent (Medea, v. 50)
Le Argonautiche mostrano l'antefatto della tragedia nel diverso investimento erotico dei due amanti. 
Il sogno infantile della Medea di Apollonio Rodio (p. 23 del percorso).

I Coro vv. 56 - 115
Nel primo coro i Corinzi cantano le nuove nozze di Giasone con Creusa augurando ogni bene agli sposi. E’ una preghiera pia. L’ambientazione greca diventa italica con la menzione della raraiusta licentia in dominos (109) consentita al dicax fescenninus (113) il fescennino mordace (p. 25).

Il secondo atto 116 - 380
Medea - Nutrice 116 - 178.
La coazione a ripetere i delitti: “scelera te hortentur tua/ et cuncta redeant” (129 - 130), ti tornino tutti alla mente, e li rievoca. Ricorda anche i torti: Creonte coniugia solvit (144), scioglie le nozze, fidem/ dirĭmit (145 - 146) rompe la fede.
Fides ( di nuovo al v. 164) e foedusajnakalei' de; dexia'" - pivstin megivsthn ( Euripide, Medea, 21 - 22), Medea reclama il sommo impegno della mano destra. Fides è fundamentum iustitiae[3]Foedus è l'accordo stipulato secondo le regole della fides. Ma un rapporto di fiducia è anche una relazione di potere. Il foedus in origine legava contraenti di potenza diseguale. Il caso dei Falisci fide provocati[4] , sollecitati dalla lealtà di CamilloLa slealtà greca dichiarata da Lisandro. L'amicitia amorosa di Catullo. Rompere la fede non porta bene[5] (p. 34 del percorso). Inaffidabilità dei giuramenti amorosi. Etimologia di femina. La transvalutazione lessicale:"scelus virtus vocatur[6].
 L'identità di Medea: Medea superest (v. 166).
La Nutrice le fa: “abiēre Colchi, coniugis nulla est fides/nihilque superest opibus e tantis tibi” ( 164 - 165). Medea risponde: “Medea superest, hic mare et terras vides/ferrumque et ignes et deos et fulmina”( 166 - 167).
Cfr. Alessandro Magno
 L'autopossesso è l'unico punto fermo nei momenti critici.
Vaco, Lucili, vaco et ubicumque sum, ibi meus sum (62, 1), sono libero, e dovunque mi trovi sono padrone di me stesso
L'epistola 42 si chiude con queste parole:"Qui se habet nihil perdidit: sed quoto cuique habere se contigit? Vale" ( 42, 10), chi possiede se stesso non ha perduto nulla ma a quanto pochi tocca questo possesso! Stammi bene.

Diventare se stessi prima di morire: le Memorie di Adriano.
 La Medea di Anouilh. Nella rapina rerum omnium (Seneca ad Marciam 10, 4) rimane soltanto il suum esse (De brevitate vitae, 2, 4)

Antonio dice "Sono ancora Antonio [7]" e la Duchessa "Sono ancora Duchessa di Amalfi "[8]; avrebbe sia l'uno che l'altro detto questo se Medea non avesse detto Medea superest ?"[9].
Giulio Cesare di Shakespeare dice ad Antonio: Non temo Cassio, pur pericoloso: for always I am Caesar (I, 2, 211)
Poi a Calpurnia: “the things that threatened me never looked but at my back; when they shall see the face of Caesar, they are vanished - cfr. Vanesco - (II, 2, 10 - 12)
Quindi al servo: “Danger knows full well that Caesar is more dangerous than he (II, 2, 44 - 45).

Creonte Medea - 179 - 300
 La paura di Creonte: liberet fines metu (185) vade veloci via ( 190).

La fobia delle donne dichiarata da Catone il Censore in Tito Livio ( Extemplo simul pares esse coeperint, superiores erunt ", ( Livio, Storie XXXIV, 3, 2) p. 45 del percorso

Creonte cerca di cacciare Medea. Il tiranno non vorrebbe ascoltare, ma Medea si impone. La solitudine della Medea di Seneca (vv. 207 - 210) e di quella di Euripide (vv. 252 - 258) p.47 del percorso un assaggio qui sotto

Medea pur se abbandonata non perde l’orgoglio della propria razza e identità: ella è nata da un re e cresciuta nella sua reggia. La solitudine non la umilia :"Quamvis enim sim clade miseranda obruta,/expulsa, supplex, sola, deserta, undique/adflicta, quondam nobili fulsi patre,/avoque clarum sole deduxi genus" (vv. 207 - 210), sebbene infatti io sia oppressa da una miseranda rovina, cacciata, supplice, sola, abbandonata, vessata da tutte le parti, una volta brillai per il nobile padre e ho tratto l'origine illustra dal Sole che è mio nonno.

Valutazioni diverse della solitudine. Imprevedibilità della vita umana: “petebant tunc meos thalamos proci qui nunc petuntur” (219 - 220) p. 51.
 La parte buona, vera o simulata, di Medea: "hoc reges habent/magnificum et ingens, nulla quod rapiat dies:/prodesse miseris" (vv. 222 - 224). Il credito di Medea nei confronti dei Greci. Dice di avere salvato il fior fiore della loro gioventù: “vobis revexi ceteros, unum mihi” (v. 235) La borsa di studio di Medea è Giasone come Tess[10] è my fellowship di Angel. Creonte teme Medea quale mivasma della sua terra. La maga denuncia la correità di Giasone, p. 57 del percorso. Una sentenza senecana sovvertita in malam partem da Creonte che teme Medea:" Nullum ad nocendum tempus angustum est malis" (v. 292), nessuna frazione di tempo è ristretta per i malvagi intenzionati a nuocere.

Il secondo coro (301 - 379), in dimetri anapestici, maledice la navigazione p. 58 del percorso.
Prometeo, Orazio (Odi, I, 3) e Leopardi.
La cultura pragmatica, senza carità, strumentalizza tutto. L'audacia dei navigatori è eccessiva e colpevole: audax nimium (301)…ausus Tiphis (318). L'uomo deinovteron dell'Antigone. La navigazione ha unito quello che doveva restare separato guastando i candida…specula (329) dei padri. E' la stessa u{bri" di Serse il quale, secondo Eschilo, tentò di trattenere con vincoli la sacra corrente dell'Ellesponto e di unificare ciò che deve restare diviso[11]
 Bene dissaepti foedera mundi/ traxit in unum Thessala pinus,/iussitque pati verbera pontum/partemque metus fieri nostri/mare sepositum ( Medea, vv. 335 - 339), la nave tessala unificò le parti del cosmo separate bene da un recinto di leggi, e ordinò che il ponto patisse le frustate dei remi; e che il mare lontano divenisse parte della nostra paura.
Erodoto racconta che Serse fece frustare e incatenare il mare (VIII, 109). Il rischio è quello del ritorno al magma indifferenziato del caos. Infatti il pretium huius cursus (cfr. vv. 360 - 361) è Medea "emblema del caos etico". Il mondo pervius ha aperto la via alla "confusion delle persone". “Venient annis saecula seris,/quibus Oceanus vincula rerum/laxet (v. 375 - 377), verranno secoli in anni lontani nei quali l'Oceano sleghi le catene del mondo .
 L'Oceano in diversi autori p. 66 del percorso. Erodoto nega ci sia questo grande fiume che secondo Ecateo circondava il disco della terra. Oceano che circonda e abbraccia le terre corrisponde a un’ idea universalistica della storia e della politica.
Prometeo, l'inventore delle navi, ne conferma l'esistenza. Con Erodoto scompare l'idea universalista di Oceano che stringe in cerchio la terra. "L'Oceano è 'garante' ed emblema, insieme, dell'ordine cosmico in Oedipus, vv. 503 - 508".[12]

continua

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[1] Ignoto.

[2] Del 98 d. C.
[3] Cfr. Cicerone, De officiis, I, 23.
[4] Livio, 5, 28, 13.
[5] Catullo 64. La slealtà di Teseo si ritorcerà contro di lui.
[6] Hercules furens, vv. 251 - 252.
[7] "I am Antony yet ", Antonio e Cleopatra (del 1606 - 1607) , III, 13, 93
[8]Da La duchessa di Amalfi (del 1614) , di J. Webster (1580 - 1625).
[9]Shakespeare e lo stoicismo di Seneca, in T. S. Eliot Opere , p. 800..
[10] La proganista eponima del romanzo Di T. Hardy.
[11] Eschilo, Persiani, vv. 745 - 750.
[12] G. B. Conte, op. cit., p. 353.

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