Sommario della Medea di Seneca
Lo
presenterò nella biblioteca Ginzburg il prossimo lunedì: 28 ottobre 2019
I titoli
verranno chiariti e spiegati con citazioni e riassunti
La Medea di Seneca
1027 versi
Il furor prevale
su ratio e virtus tanto in Medea quanto in
Fedra: nihil enim aliud est
virtus quam recta ratio” (Ep. 66, 32).
E poco più
avanti:“sequitur autem ratio
naturam. "Quid
est ergo ratio?" Naturae imitatio. "Quod est summum hominis
bonum?" Ex naturae
voluntate se gerere” (66, 39),
ebbene la ragione segue la natura. "Che cosa è dunque la ragione"
"imitazione della natura". "Qual è il bene più grande per
l'uomo?" "Comportarsi secondo la volontà della natura".
Sommario
I atto vv. 1 - 55
Medea da sola. Monologo.
La preghiera nera. Medea invoca le divinità della mitologia inferiore
Ecate e caos, ombre empie. Gli eterni nemici dell’ordine e della cultura: “voce
non fausta precor” (v. 12). Chiede la presenza delle Erinni (adeste vv
- 13 e 15) con fiaccola fumosa nelle mani insanguinate ( atram cruentis
manibus amplexae facem, v. 15). La negazione della luce.
La preghiera nera di Ortrud, congiurata con gli dèi pagani Wodan e Freia
nel Lohengrin di Wagner (p. 22).
Wotan e Freia sono stati “profanati” dall’avvento del cristianesimo. Le
Erinni e Atena.
C'è una connessione tra le forme della terra e quelle
dell'esperienza umana: pelle femineos metus/et inhospitalem Caucasum
mente indue (vv. 42 - 43, p. 18). Il determinismo geografico: i Fenni
di Tacito. Tasso. I Marchigiani di Leopardi (p. 20 del percorso, un assaggio
qui sotto).
Seneca
nel De ira afferma che per governare è necessaria una natura
equilibrata, non intrattabile e questa ha bisogno di un clima mite:"nemo
autem regere potest nisi qui et regi. Fere itaque imperia penes eos fuere
populos qui mitiore caelo utuntur. In frigora septentrionemque vergentibus
immansueta ingenia sunt, ut ait poeta "suoque simillima caelo"
(II, 15), nessuno del resto può governare se non può anche essere governato.
Perciò gli imperi in generale si sono trovati presso quei popoli che fruiscono
di un clima più mite. Sono feroci le indoli esposte al freddo e al
settentrione, e, come dice il poeta[1],
"molto somiglianti al loro cielo".
Il poeta è
ignoto ma Tacito nella Germania[2] conferma
questo giudizio:"Fennis mira feritas, foeda paupertas: non arma, non
equi, non penates; victui herba, vestitui pelles, cubili humus; solae in
sagittis opes, quas inopia ferri ossibus asperant. Idemque venatus viros
pariter ac feminas alit: passim enim comitantur partemque praedae petunt"
(46), incredibile è la ferocia dei Fenni, squallida la loro miseria: non armi,
non cavalli, non abitazioni; per vitto hanno l'erba, per vestito le pelli, per
letto la terra; le sole ricchezze le frecce, che per mancanza di ferro rendono
aguzze con le ossa. La medesima caccia nutre ugualmente gli uomini e le donne:
infatti li accompagnano nel loro girovagare e pretendono una parte della preda.
Questo è l'ultimo capitolo della monografia e i Fenni si trovano nell'estremo
nord est.
La negazione della femminilità: Medea e Lady Macbeth unsex me
here (Macbeth I, 1, p. 21 del percorso). Argia nella Tebaide di
Stazio vuole seppellire Polinice con coraggio virile (sexuque relicto,
XII, 78). Poi anche nell’Antigone di Alfieri: “me del mio sesso io
sento/fatta maggiore” (vv. 42 - 45). La maternità e la spietatezza compiuta:
maiora iam me scelera post partus decent (Medea, v. 50)
Le Argonautiche mostrano l'antefatto della tragedia nel
diverso investimento erotico dei due amanti.
Il sogno infantile della Medea di Apollonio Rodio (p. 23 del percorso).
I Coro vv. 56 - 115
Nel primo coro i Corinzi cantano le nuove nozze di Giasone con Creusa
augurando ogni bene agli sposi. E’ una preghiera pia. L’ambientazione greca
diventa italica con la menzione della rara, iusta licentia
in dominos (109) consentita al dicax fescenninus (113) il
fescennino mordace (p. 25).
Il secondo atto 116 - 380
Medea - Nutrice 116 - 178.
La coazione a ripetere i delitti: “scelera te hortentur tua/ et cuncta
redeant” (129 - 130), ti tornino tutti alla mente, e li rievoca. Ricorda
anche i torti: Creonte coniugia solvit (144), scioglie le
nozze, fidem/ dirĭmit (145 - 146) rompe la fede.
Fides ( di nuovo al v. 164) e foedus. ajnakalei' de; dexia'" - pivstin megivsthn (
Euripide, Medea, 21 - 22), Medea reclama il sommo impegno della
mano destra. Fides è fundamentum iustitiae[3]. Foedus è
l'accordo stipulato secondo le regole della fides. Ma un rapporto
di fiducia è anche una relazione di potere. Il foedus in
origine legava contraenti di potenza diseguale. Il caso dei Falisci fide
provocati[4] ,
sollecitati dalla lealtà di Camillo. La
slealtà greca dichiarata da Lisandro. L'amicitia amorosa di
Catullo. Rompere la fede non porta bene[5] (p.
34 del percorso). Inaffidabilità dei giuramenti amorosi. Etimologia di femina.
La transvalutazione lessicale:"scelus virtus vocatur[6].
L'identità di Medea: Medea superest (v. 166).
La Nutrice le fa: “abiēre Colchi, coniugis nulla est
fides/nihilque superest opibus e tantis tibi” ( 164 - 165). Medea risponde:
“Medea superest, hic mare et terras vides/ferrumque et ignes et deos et
fulmina”( 166 - 167).
Cfr. Alessandro Magno
L'autopossesso è l'unico punto fermo nei momenti critici.
Vaco,
Lucili, vaco et ubicumque sum, ibi meus sum (62, 1), sono libero, e dovunque mi trovi sono
padrone di me stesso
L'epistola
42 si chiude con queste parole:"Qui se habet nihil perdidit: sed quoto
cuique habere se contigit? Vale" ( 42, 10), chi possiede se stesso non
ha perduto nulla ma a quanto pochi tocca questo possesso! Stammi bene.
Diventare se stessi prima di morire: le Memorie di Adriano.
La Medea di Anouilh. Nella rapina rerum
omnium (Seneca ad Marciam 10, 4) rimane soltanto
il suum esse (De brevitate vitae, 2, 4)
Antonio dice
"Sono ancora Antonio [7]"
e la Duchessa "Sono ancora Duchessa di Amalfi "[8];
avrebbe sia l'uno che l'altro detto questo se Medea non avesse detto Medea
superest ?"[9].
Giulio Cesare di
Shakespeare dice ad Antonio: Non temo Cassio, pur pericoloso: for
always I am Caesar (I, 2, 211)
Poi a
Calpurnia: “the things that threatened me never looked but at my back; when
they shall see the face of Caesar, they are vanished - cfr. Vanesco
- (II, 2, 10 - 12)
Quindi al
servo: “Danger knows full well that Caesar is more dangerous than he (II,
2, 44 - 45).
Creonte Medea - 179 - 300
La paura di Creonte: liberet
fines metu (185) vade veloci via ( 190).
La fobia delle donne dichiarata da Catone il Censore in Tito Livio ( Extemplo simul pares esse
coeperint, superiores erunt ", ( Livio, Storie XXXIV, 3, 2) p. 45 del percorso
Creonte cerca di cacciare Medea. Il tiranno non vorrebbe ascoltare, ma
Medea si impone. La solitudine della Medea di Seneca (vv. 207 - 210) e di
quella di Euripide (vv. 252 - 258) p.47 del percorso un assaggio qui sotto
Medea pur se abbandonata non perde l’orgoglio della propria razza e
identità: ella è nata da un re e cresciuta nella sua reggia. La solitudine non
la umilia :"Quamvis enim sim
clade miseranda obruta,/expulsa, supplex, sola, deserta, undique/adflicta,
quondam nobili fulsi patre,/avoque clarum sole deduxi genus" (vv. 207 - 210), sebbene
infatti io sia oppressa da una miseranda rovina, cacciata, supplice, sola,
abbandonata, vessata da tutte le parti, una volta brillai per il nobile padre e
ho tratto l'origine illustra dal Sole che è mio nonno.
Valutazioni diverse della solitudine. Imprevedibilità della vita umana: “petebant
tunc meos thalamos proci qui nunc petuntur” (219 - 220) p. 51.
La parte buona, vera o simulata, di Medea: "hoc reges
habent/magnificum et ingens, nulla quod rapiat dies:/prodesse miseris"
(vv. 222 - 224). Il credito di Medea nei confronti dei Greci. Dice di avere
salvato il fior fiore della loro gioventù: “vobis revexi ceteros, unum mihi”
(v. 235) La borsa di studio di Medea è Giasone come Tess[10] è my fellowship di Angel.
Creonte teme Medea quale mivasma della
sua terra. La maga denuncia la correità di Giasone, p. 57 del percorso. Una
sentenza senecana sovvertita in malam partem da Creonte che
teme Medea:" Nullum ad nocendum tempus angustum est malis" (v. 292), nessuna frazione di tempo è ristretta per i malvagi
intenzionati a nuocere.
Il secondo coro (301 - 379), in dimetri anapestici, maledice la
navigazione p. 58 del percorso.
Prometeo, Orazio (Odi, I, 3) e Leopardi.
La cultura pragmatica, senza carità, strumentalizza tutto. L'audacia dei
navigatori è eccessiva e colpevole: audax nimium (301)…ausus
Tiphis (318). L'uomo deinovteron dell'Antigone.
La navigazione ha unito quello che doveva restare separato guastando i candida…specula (329) dei
padri. E' la stessa u{bri" di
Serse il quale, secondo Eschilo, tentò di trattenere con vincoli la sacra
corrente dell'Ellesponto e di unificare ciò che deve restare diviso[11].
Bene dissaepti foedera mundi/ traxit in unum Thessala
pinus,/iussitque pati verbera pontum/partemque metus fieri nostri/mare
sepositum ( Medea, vv. 335 - 339), la nave tessala unificò le parti del cosmo separate
bene da un recinto di leggi, e ordinò che il ponto patisse le frustate dei
remi; e che il mare lontano divenisse parte della nostra paura.
Erodoto racconta che Serse fece frustare e incatenare il mare (VIII,
109). Il rischio è quello del ritorno al magma indifferenziato del caos.
Infatti il pretium huius cursus (cfr. vv. 360 - 361) è Medea
"emblema del caos etico". Il mondo pervius ha aperto
la via alla "confusion delle persone". “Venient annis saecula
seris,/quibus Oceanus vincula rerum/laxet (v. 375 - 377), verranno
secoli in anni lontani nei quali l'Oceano sleghi le catene del mondo .
L'Oceano in diversi autori p. 66 del percorso. Erodoto nega ci sia
questo grande fiume che secondo Ecateo circondava il disco della terra. Oceano
che circonda e abbraccia le terre corrisponde a un’ idea universalistica della
storia e della politica.
Prometeo, l'inventore delle navi, ne conferma l'esistenza. Con Erodoto
scompare l'idea universalista di Oceano che stringe in cerchio la
terra. "L'Oceano è 'garante' ed emblema, insieme, dell'ordine cosmico
in Oedipus, vv. 503 - 508".[12]
continua
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