La Medea di Euripide nel V episodio
della tragedia:
“Su,
avanti, armati, cuore - ojplivzou
kardiva - Perché indugiamo
a
compiere un male tremendo e necessario?
Avanti, o
infelice mano mia –a[g
j, w\ tavlaina cei;r ejmhv - prendi la spada,
prendila,
vai verso il traguardo doloroso della vita,
e non
essere vile, non ricordarti dei figli,
che sono
carissimi, che li generavi, ma, almeno per questo
breve
giorno, dimenticati dei tuoi figli
e dopo
piangi; anche infatti se li ucciderai, comunque
sono per
natura tuoi cari: ed io sono una donna disgraziata”. (1242 - 1250)
Per quanto
riguarda le apostrofi indirizzate a un membro o a un organo del corpo, ricordo,
del Satyricon,
l'invettiva di Encolpio contro la mentula che
ha disertato:"erectus igitur in cubitum hac fere oratione contumacem
vexavi:"quid dicis - inquam - omnium hominum deorumque pudor? nam nec
nominare quidem te inter res serias fas est." (132, 9 - 10),
drizzatomi dunque sul gomito strapazzai il renitente con queste parole più o
meno:" che cosa dici - faccio - vergogna degli uomini tutti e degli dèi?
Infatti sarebbe un sacrilegio perfino nominarti tra le cose serie.
Quindi il
giovane si rammarica di avere questionato con quella parte del corpo che non si
dovrebbe nemmeno menzionare.
Però poi
ci ripensa: allora gli vengono in mente anche l'Odissea e l'Edipo
re:" quid? non et Ulixes cum corde litigat suo, et quidam
tragici oculos suos tamquam audientes castigant?" (132, 13) e che? non
litiga anche Ulisse con il suo cuore e certi personaggi tragici non se la
prendono con gli occhi come se ascoltassero? Nell’Odissea il
protagonista parla con il cuore che latra di sdegno di fronte al gozzovigliare
dei proci, esortandolo a sopportare:"tevtlaqi dhv, kradivh: kai; kuvnteron a[llo pot j e[tlh" " ( XX, 18), sopporta, cuore: anche sofferenze
più da cane hai già sopportato.
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