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domenica 27 ottobre 2019

Conoscere è ricordare. Pessimismo e ottimismo pedagogico

Dante Gabriel Rossetti
Mnemosine
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Conoscere è ricordare

Non si deve cercare niente di ciò che non ci compete né ci riguarda: conoscere è ricordare, imparare è ricordare, perfino amare è ricordare. Possiamo trovare solo ciò che abbiamo dentro. Ripudiare se stessi, cercare di diventare chi non si è, diversi da come si è, significa sventura.
Socrate spiega a Menone che , siccome la natura è tutta imparentata con se stessa - a[te th'" fuvsew" ajpavsh" suggenou'" ou[sh" - e l’anima immortale in tante nascite, vite e morti, sia qui che nell’Ade, ha imparato tutto, nulla impedisce che ricordando una sola cosa, fatto che gli uomini chiamano apprendimento - o} dh; mavqhsin kalou'sin a[nqrwpoi - , uno trovi da se stesso anche tutto il resto, se è coraggioso e non si stanca di cercare: to; ga;r zhtei'n a[ra kai; to; manqavnein ajnavmnhsi" o[lon ejstivn (Menone, 81d), infatti cercare e ricordare sono in generale reminiscenza.
E poco dopo: “ o}" ou[ fhmi didach;n ei\nai ajll j ajnavmnhsin” (81d) sono io che affermo che non c’è insegnamento ma reminiscenza
Credo sia vero: in tanti anni di insegnamento e anche esaminando me stesso ho notato che per imparare bene, e per sempre, è necessaria la predisposizione, come per l’amore, lo sport, le malattie, la virtù, il vizio, la snellezza, l’obesità, il delitto insomma tutto. Al liceo ero in grado di imparare in brevissimo tempo le materie letterarie e dovevo invece passare giorni interi per memorizzare la matematica. Oggi non sono in grado nemmeno di fare una divisione, mentre ricordo ancora poesie imparate alle scuole elementari e poi mai più lette.
La predisposizione fa in modo che ci colpisca il riconoscimento di qualche cosa che abbiamo dentro. Allora entra in azione la sfera emotiva e il sapere (to; sofovn, neutro e sterile) diventa sapienza (hJ sofiva, femminile e creativa).
Voglio comunque riferire anche altre opinioni

Pessimismo e ottimismo pedagogico. Pindaro. Euripide, il pessimismo dell’Ecuba, e l’ottimismo non solo pedagogico delle Supplici. Protagora in Platone
Ora è chiaro che non tutti sono portati per le stesse materie; che il greco e il latino sono facili per alcuni, difficili per altri. L’intuizione infatti è una qualità indispensabile, come la leggerezza e la potenza per un campione. Quelli predisposti alle nostre materie ci inducono all’ottimismo pedagogico, quelli maldisposti al pessimismo. Sull’argomento riferisco le opinioni di tre maestri.
Pindaro nell’ Olimpica II chiarisce il suo pessimismo pedagogico :" sofo;" oJ polla; eijdw;" fua': - maqovnte" dev, lavbroi - pagglwssia/ kovrake" w{" a[kranta garuveton - - Dio;" pro;" o[rnica qei'on ” (vv. 86 - 89), saggio è chi sa molto per natura, voi due[1] addottrinati invece, intemperanti, vaghi di ciance, come corvi di fronte al divino uccello di Zeus, gracchiate parole vuote.

Nell’Ecuba (del 424) di Euripide la protagonista sente raccontare da Taltibio il sacrificio di Polissena e prova “una strana consolazione” per la nobiltà con la quale la ragazza è morta, splendendo di bellezza, come un’opera d’arte, e parlando con il coraggio di un eroe: “Non è strano che, se la terra è cattiva,/ma ottiene buone condizioni dagli dèi, produce buona spiga,/mentre se è buona, ma non riceve quanto essa deve ottenere,/ dà cattivi frutti; tra gli uomini invece, sempre/il malvagio non è nient'altro che cattivo / mentre il buono è buono, né per una disgrazia/guasta la sua natura, ma rimane sempre onesto? (“oJ me;n ponhro;" oujde;n a[llo plh;n kakov", - oJ d j ejsqlo;" ejsqlov", oujde; sumfora'" u{po - fuvsin dievfqeir j , ajlla; crhstov" ejst j ajeiv;”)/Dunque i genitori fanno la differenza o l'educazione?/Certamente anche essere educati bene, porta/ un insegnamento di onestà; e se uno l’ha imparata bene,/ sa che cosa è turpe, avendolo appreso con il metro del bello. /Ma questi pensieri la mente li ha scagliati invano",( Ecuba, vv. 592 - 603).
In questa tragedia dunque prevale il pessimismo, come nell’ode di Pindaro.

Nelle Supplici ,del 422, un dramma che è tutto un encomio degli Ateniesi, leggiamo invece l'espressione di un incondizionato ottimismo pedagogico, forse per il fatto che si stava preparando la pur malsicura pace di Nicia: nel quarto episodio Adrasto fa l'elogio funebre dei sette caduti nella guerra contro Tebe, poi conclude rivolgendosi direttamente a Teseo: “ Non ti stupire dopo quanto ho detto,/ Teseo, che questi abbiano avuto il coraggio di morire davanti alle torri./Infatti essere educati non ignobilmente comporta il senso dell'onore:/e ogni uomo che ha esercitato il bene/
si vergogna di diventare vile. Il coraggio è/ virtù insegnabile (hJ eujandriva - didaktovn), se è vero che il bambino impara/a dire e ad ascoltare quello di cui non ha cognizione./Ma quello che uno abbia imparato, suole conservarlo/fino alla vecchiaia. Così educate bene i vostri figli"(vv. 909 - 917).

Lo stesso Teseo nel primo episodio dice parole di un ottimismo più generale e ampio: “ e[lexe gavr ti~ wJ~ ta; ceivrona - pleivw brotoi'sivn ejsti tw'n ajmeinovnwn. - ejgw; de; touvtoi~ ajntivan gnwvmhn e[cw, - pleivw ta; crhstatw'n kakw'n ei\nai brotoi'~. - eij mh; ga;r h\n tovd j , oujk a]n h\men ejn favei” (Supplici, vv. 196 - 200), un tale[2] infatti disse che il male supera il bene per i mortali. Io invece ho il parere contrario a questi: che sono più numerosi i beni dei mali per gli uomini. Se non fosse così infatti non vivremmo nella luce.

Altrettanto ottimismo pedagogico troviamo nel Protagora di Platone.
Il sofista, personaggio del dialogo, sostiene che alcuni aspetti naturali degli uomini (piccoli, brutti o deboli, p. e.) non si possono correggere, e dunque non suscitano irritazione e non provocano punizioni; mentre l’assenza delle qualità che derivano all’uomo dall’esercizio, provoca ire, ammonimenti e sanzioni. Ingiustizia, empietà e assenza di virtù politica vengono punite “o[ti ge oi{ ge a[nqrwpoi hjgou'ntai paraskeuasto;n ei\nai ajrethvn” (324), poiché gli uomini pensano che la virtù sia acquisibile. Si punisce per correggere e distogliere dal commettere ingiustizia: “kai; toiauvthn diavnoian e[cwn dianoei'tai paideuth;n ei\nai ajrethvn” (324b), e chi la pensa in questo modo crede che la virtù sia insegnabile. Se gli Ateniesi, come gli altri, puniscono i colpevoli di ingiustizia, ciò significa che anche loro sono tra quelli i quali considerano la virtù acquisibile e insegnabile.



[1] Secondo gli scoliasti si tratterebbe di Simonide e Bacchilide,
[2] Probabilmente Euripide allude a un passo di Prodico di Ceo, o comunque di un sofista.

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