Conoscere è
ricordare
Non si deve
cercare niente di ciò che non ci compete né ci riguarda: conoscere è ricordare,
imparare è ricordare, perfino amare è ricordare. Possiamo trovare solo ciò che
abbiamo dentro. Ripudiare se stessi, cercare di diventare chi non si è, diversi
da come si è, significa sventura.
Socrate
spiega a Menone che , siccome la natura è tutta imparentata con se stessa - a[te th'"
fuvsew" ajpavsh" suggenou'" ou[sh" - e l’anima immortale in tante
nascite, vite e morti, sia qui che nell’Ade, ha imparato tutto, nulla impedisce
che ricordando una sola cosa, fatto che gli uomini chiamano apprendimento - o} dh; mavqhsin
kalou'sin a[nqrwpoi - , uno trovi da se stesso anche tutto
il resto, se è coraggioso e non si stanca di cercare: to; ga;r
zhtei'n a[ra kai; to; manqavnein ajnavmnhsi" o[lon ejstivn (Menone, 81d),
infatti cercare e ricordare sono in generale reminiscenza.
E poco dopo: “ o}" ou[
fhmi didach;n ei\nai ajll j ajnavmnhsin” (81d) sono io
che affermo che non c’è insegnamento ma reminiscenza
Credo sia vero: in tanti anni di insegnamento e anche
esaminando me stesso ho notato che per imparare bene, e per sempre, è
necessaria la predisposizione, come per l’amore, lo sport, le malattie, la
virtù, il vizio, la snellezza, l’obesità, il delitto insomma tutto. Al liceo
ero in grado di imparare in brevissimo tempo le materie letterarie e dovevo
invece passare giorni interi per memorizzare la matematica. Oggi non sono in
grado nemmeno di fare una divisione, mentre ricordo ancora poesie imparate alle
scuole elementari e poi mai più lette.
La predisposizione fa in modo che ci colpisca il
riconoscimento di qualche cosa che abbiamo dentro. Allora entra in azione la
sfera emotiva e il sapere (to; sofovn, neutro e
sterile) diventa sapienza (hJ sofiva, femminile e
creativa).
Voglio
comunque riferire anche altre opinioni
Pessimismo e ottimismo pedagogico. Pindaro. Euripide, il pessimismo dell’Ecuba, e l’ottimismo non solo pedagogico
delle Supplici. Protagora in Platone
Ora è chiaro
che non tutti sono portati per le stesse materie; che il greco e il latino sono
facili per alcuni, difficili per altri. L’intuizione infatti è una qualità
indispensabile, come la leggerezza e la potenza per un campione. Quelli
predisposti alle nostre materie ci inducono all’ottimismo pedagogico, quelli
maldisposti al pessimismo. Sull’argomento riferisco le opinioni di tre maestri.
Pindaro nell’ Olimpica II
chiarisce il suo pessimismo pedagogico :" sofo;" oJ
polla; eijdw;" fua': - maqovnte"
dev, lavbroi - pagglwssia/ kovrake" w{" a[kranta garuveton - - Dio;"
pro;" o[rnica qei'on ” (vv. 86 - 89), saggio è chi sa molto per natura, voi
due[1] addottrinati
invece, intemperanti, vaghi di ciance, come corvi di fronte al divino uccello
di Zeus, gracchiate parole vuote.
Nell’Ecuba (del 424) di Euripide la
protagonista sente raccontare da Taltibio il sacrificio di Polissena e prova
“una strana consolazione” per la nobiltà con la quale la ragazza è morta,
splendendo di bellezza, come un’opera d’arte, e parlando con il coraggio di un
eroe: “Non è strano che, se la terra è cattiva,/ma ottiene buone condizioni
dagli dèi, produce buona spiga,/mentre se è buona, ma non riceve quanto essa
deve ottenere,/ dà cattivi frutti; tra gli uomini invece, sempre/il malvagio
non è nient'altro che cattivo / mentre il buono è buono, né per una
disgrazia/guasta la sua natura, ma rimane sempre onesto? (“oJ me;n
ponhro;" oujde;n a[llo plh;n kakov", - oJ d j ejsqlo;"
ejsqlov", oujde; sumfora'" u{po - fuvsin dievfqeir j , ajlla;
crhstov" ejst j ajeiv;”)/Dunque i genitori fanno la
differenza o l'educazione?/Certamente anche essere educati bene, porta/ un
insegnamento di onestà; e se uno l’ha imparata bene,/ sa che cosa è turpe,
avendolo appreso con il metro del bello. /Ma questi pensieri la mente li ha
scagliati invano",( Ecuba, vv. 592 - 603).
In questa tragedia dunque prevale il pessimismo, come nell’ode di Pindaro.
Nelle Supplici ,del 422, un dramma che è tutto un encomio
degli Ateniesi, leggiamo invece l'espressione di un incondizionato ottimismo
pedagogico, forse per il fatto che si stava preparando la pur malsicura pace di
Nicia: nel quarto episodio Adrasto fa l'elogio funebre dei sette caduti nella
guerra contro Tebe, poi conclude rivolgendosi direttamente a Teseo: “ Non ti
stupire dopo quanto ho detto,/ Teseo, che questi abbiano avuto il coraggio di
morire davanti alle torri./Infatti essere educati non ignobilmente comporta il
senso dell'onore:/e ogni uomo che ha esercitato il bene/
si vergogna di diventare vile. Il coraggio è/ virtù insegnabile (hJ eujandriva -
didaktovn), se è vero che il bambino impara/a dire e ad
ascoltare quello di cui non ha cognizione./Ma quello che uno abbia imparato,
suole conservarlo/fino alla vecchiaia. Così educate bene i vostri
figli"(vv. 909 - 917).
Lo stesso Teseo nel primo episodio dice parole di un ottimismo più generale
e ampio: “ e[lexe gavr ti~ wJ~ ta; ceivrona - pleivw brotoi'sivn
ejsti tw'n ajmeinovnwn. - ejgw; de; touvtoi~ ajntivan gnwvmhn e[cw, - pleivw
ta; crhstatw'n kakw'n ei\nai brotoi'~. - eij mh; ga;r h\n tovd j , oujk a]n
h\men ejn favei” (Supplici, vv. 196 - 200), un tale[2] infatti
disse che il male supera il bene per i mortali. Io invece ho il parere
contrario a questi: che sono più numerosi i beni dei mali per gli uomini. Se
non fosse così infatti non vivremmo nella luce.
Altrettanto ottimismo pedagogico troviamo nel Protagora di Platone.
Il sofista, personaggio del dialogo, sostiene che alcuni aspetti naturali
degli uomini (piccoli, brutti o deboli, p. e.) non si possono correggere, e
dunque non suscitano irritazione e non provocano punizioni; mentre l’assenza
delle qualità che derivano all’uomo dall’esercizio, provoca ire, ammonimenti e
sanzioni. Ingiustizia, empietà e assenza di virtù politica vengono punite “o[ti ge oi{ ge
a[nqrwpoi hjgou'ntai paraskeuasto;n ei\nai ajrethvn” (324), poiché gli uomini pensano che la virtù sia acquisibile. Si punisce
per correggere e distogliere dal commettere ingiustizia: “kai; toiauvthn
diavnoian e[cwn dianoei'tai paideuth;n ei\nai ajrethvn” (324b), e chi la pensa in questo modo crede che la virtù sia insegnabile.
Se gli Ateniesi, come gli altri, puniscono i colpevoli di ingiustizia, ciò
significa che anche loro sono tra quelli i quali considerano la virtù
acquisibile e insegnabile.
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