Anonimo, Studio di volti, XVII sec. |
Non tutti i bambini diventano persone mature. Lo afferma Cicerone nell'Orator [1]: "Nescire autem quid ante quam natus sis acciderit, id est semper esse puerum. Quid enim est aetas hominis, nisi eă memoriā rerum veterum cum superiorum aetate contexitur?" (120), del resto non sapere che cosa sia accaduto prima che tu sia nato equivale ad essere sempre un ragazzo. Che cosa è infatti la vita di un uomo, se non la si allaccia con la vita di quelli venuti prima, attraverso la memoria storica?
Anche gli amori, per crescere diventare grandi, adulti, hanno bisogno di storia: “Anche gli amori muoiono nell’attimo: vivono se diventano storia, cioè lunga fedeltà, rapporto con l’altro”[2].
Restare bambini, dal punto di vista del pensiero, non è cosa buona.
Lo fa notare C. Pavese: "C'è qualcosa di più triste che invecchiare, ed è rimanere bambini"[3].
Gli abitanti degli Stati Uniti, si dice, hanno qualche cosa di infantile. In effetti da loro non si respira la Storia. “Le strade, le piazze dove camminano li uomini, le donne e i bambini europei hanno preso il nome da statisti, generali, poeti, artisti, compositori, scienziati e filosofi… Le Streets e le Avenues in America sono semplicemente numerate; nei casi migliori, come a Washington, hanno anche un orientamento, visto che il numero è seguito da un North o da un West. Le automobili non hanno il tempo per meditare su una Rue Nerval o su un Largo Copernico. La sovranità del ricordo, questa auto - definizione dell’Europa come lieu de la mémoire, come luogo della memoria, ha però un uo ato oscuro. Le targhe affisse su tante case europee non parlano solo dell’eminenza artistica, letteraria, filosofica e politica. Commemorano anche secoli di massacri e di sofferenze, di odio e di sacrifici umani… L’Europa è il luogo in cui il giardino di Goethe confina con Buchenwald, in cui la casa i Corneille s’affaccia sulla piazza del mercato dove Giovanna d’Arco venne orribilmente messa a morte. Da questo censimento marmoreo, sembra che il numero dei morti superi quello dei vivi… L’America del Nord rifiuta proprio questa rete. La sua ideologia è quella dell’alba e del futuro. Quando Henry Ford ha dichiarato: “La storia è una sciocchezza”, lanciava la parola d’ordine dell’amnesia creativa, inneggiando a quel potere di dimenticare che è necessario all’inseguimento pragmatico dell’utopia”[4].
Leopardi trova che nella sua età prevalgano queste “creature”, giovani e anziane, infantilmente insensate[5]: "Amico mio, questo secolo è un secolo di ragazzi, e i pochissimi uomini che rimangono, si debbono andare a nascondere per vergogna, come quello che camminava diritto in paese di zoppi. E questi buoni ragazzi vogliono fare in ogni cosa quello che negli altri tempi hanno fatto gli uomini, e farlo appunto da ragazzi, senza altre fatiche preparatorie"[6].
In fondo ogni uomo è solo "un tentativo, un incamminato. Ma si deve essere incamminati verso la perfezione, in direzione del centro, non della periferia"[7]. Il centro è l'individuazione della propria humanitas, il riconoscimento dell'homo sum.
E’ difficile diventare uomini: “La vita di ogni uomo è una via verso se stesso, il tentativo di una via, l'accenno di un sentiero. Nessun uomo è mai stato interamente lui stesso, eppure ognuno cerca di diventarlo, chi sordamente, chi luminosamente, secondo le possibilità…Certuni non diventano mai uomini, rimangono rane, lucertole, formiche. Taluno è uomo sopra e pesce sotto, ma ognuno è una rincorsa della natura verso l'uomo"[8].
“Osserva il gregge che ti pascola innanzi: esso non sa cosa sia ieri, cosa oggi, salta intorno, mangia, riposa, digerisce, torna a saltare, e così dall’alba al tramonto e di giorno in giorno, legato brevemente con il suo piacere e dolore, attaccato cioè al piuolo dell'istante…solo per la forza di usare il passato per la vita e di trasformare la storia passata in storia presente, l'uomo diventa uomo"[9].
"Il benessere dell'albero per le sue radici, la felicità di non sapersi totalmente arbitrari e fortuiti, ma di crescere da un passato come eredi, fiori e frutti, e di venire in tal modo scusati, anzi giustificati nella propria esistenza - è questo ciò che oggi si designa di preferenza come il vero e proprio senso storico"[10].
E’ l’aspetto antiquario dell’amore per la storia.
“La storia è il nostro accaduto, è ciò che continuamente accade nel tempo. Ma tale è anche ciò che è stratificato, lo strato sotto il suolo su cui camminiamo e quanto più profondamente le radici del nostro essere arrivano allo strato insondabile di ciò che, sebbene posto sotto e fuori i confini fisici del nostro io, tuttavia lo plasma e alimenta (così che in ore di meno vigile coscienza possiamo parlarne in prima persona, come se appartenesse alla nostra carne), tanto più spiritualmente “carica” è la nostra vita, tanto più degna è l’anima della nostra carne”[11].
Noi gettiamo radici nei luoghi della terra dove facciamo esperienze: “poiché molti eventi egli vi aveva vissuto e le storie che noi viviamo in un luogo sono simili a radici che gettiamo nel suo sottosuolo”[12].
“Maturità della mente: a questa occorre la storia e la consapevolezza della storia”[13].
Il senso storico e quello letterario di T. S. Eliot impongono una visione d’insieme: "with a feeling that the whole of the literature of Europe from Homer and within it the whole of the literature of is own country has a simultaneous existence and composes a simultaneous order"[14], con la sensazione che tutta la letteratura europea da Omero, e, all'interno di essa, tutta la letteratura del proprio paese, ha un'esistenza simultanea e compone un ordine simultaneo.
Bologna 26 ottobre 2019. Ultimo giorno di ora legale per quest’anno. Sono le 18, 50 e ancora si vede un poco di rosso del tramonto nel cielo. Amo la luce e spero che l’ora legale diventi annuale
giovanni ghiselli
[1] Del 46 a. C.
[2] Natoli, Parole della filosofia, p. 47.
[3]Il mestiere di vivere, 24 dicembre 1937.
[4] G. Steiner, Una certa idea di Europa, p. 37 ss.
[5]Al capitolo 58 ricorderemo l'attardato bambino pargoleggiante dell’età d’argento di Esiodo.
[6] Dialogo di Tristano e di un amico (1832). E’ una delle Operette morali delle quali l’autore scrive:"Così a scuotere la mia povera patria, e secolo, io mi troverò avere impiegato le armi del ridicolo ne' dialoghi e novelle Lucianee ch'io vo preparando"(Zibaldone, 1394). Mevga nhvpio~, molto stupido, incapace di parlare, è l'attardato bambino pargoleggiante (ajtavllwn) dell’età d’argento: tali tipi umani rimanevano cento anni in casa con la madre solerte, poi, quando ne uscivano, vivevano per un tempo meschino, soffrendo dolori per la loro stupidità: poiché non potevano astenersi da un’insolente prepotenza reciproca (Esiodo, Opere e giorni, vv 130 - 135).
[7] H. Hesse, Il giuoco delle perle di vetro (del 1943), p. 81.
[8] H. Hesse, Demian (del 1919), p. 54.
[9] F. Nietzsche, Sull'utilità e il danno della storia per la vita, in Considerazioni inattuali II, p. 83 e p. 87.
[10] F. Nietzsche, Sull'utilità e il danno della storia per la vita, in Considerazioni inattuali II, p. 99.
[11] T. Mann, Giuseppe e i suoi fratelli. La storia di Giacobbe, p. 213.
[12] T. Mann, Giuseppe e i suoi fratelli. La storia di Giacobbe, p. 385.
[13] T. S. Eliot, Che cos’è un classico? (del 1944) In T. S. Eliot, Opere, p. 965.
[14] Tradition and the Individual Talent (del 1919),
Nessun commento:
Posta un commento