Nel
bellissimo film La vita invisibile di
Euridice Gusmao, che consiglio caldamente di vedere, la sorella privata della sorella amatissima dal loro padre dispotico e
idiota, dice “famiglia non è parentela, è amore”
Lucrezio, seguendo Epicuro,
vuole cacciare la paura dell’Acheronte: “et metus
ille foras praeceps Acherontis
agendus,/funditus humanam qui vitam
turbat ab imo/ omnia suffundens mortis
nigrore neque ullam/esse voluptatem liquidam puramque relinquit” ( De
rerum natura, III, 38-39), deve essere cacciato lontano in fuga precipitosa
quell’infame paura di Acheronte che sconvolge dalle fomdamenta la vita umana,
tingendo tutto con il tetro colore della morte, e non lascia che sussista
alcuna gioia serena e pura
I miseri,
ignoranti superstiziosi, si scoprono adversis
rebus, nell’avversa fortuna, quando erompono dal cuore le vere voci et eripitur persona, manet res (58). Le
piaghe della vita come avidità e ambizione sono in gran parte nutrite dal
terrore della morte “mortis formidine aluntur” (64).
Infatti il disprezzo e la povertà vengono sentiti come l’anticamera
della morte. Allora per ammassare i beni
gli uomini fanno le guerre civili, le stragi e odiano e temono le mense dei
consanguinei et consanguineum mensas
odere timentque (73). Molti macerat
invidia (75) sempre per lo stesso timore. Un timor che induce a rompere i vincoli dell’amicizia e a sconvolgere
la pietà. Gli uomini temono la morte come i bambini temono il buio. Per
diradare queste tenebre è necessaria naturae
species ratioque (93), la visione razionale della natura
Sentiamo
dunque Epicuro: Massime Capitali XXVII:
Di tutti i beni che la sapienza procura
per la felicità della vita intera-eij" th;n tou' o[lou bivou makariovthta- di gran lunga il più grande è l’acquisto dell’amicizia-polu; mevgiston ejstin hJ th'" filiva"
kth'si".
Nell’Oreste[1] di Euripide, il figlio di Agamennone, in lode dell'amicizia di Pilade,
consiglia:"acquistate amici, non solo parenti:/poiché chiunque collimi nel
carattere, pur essendo un estraneo,/è un amico più caro ad aversi di diecimila
consanguinei (murivwn kreivsswn oJmaivmwn ajndri;
kekth`sqai fivlo~"
vv. 804-806).
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