Henri Klagmann, Medea |
Nel V episodio della Medea di Euripide troviamo il grande monologo di Medea (vv.1021 - 1080) tutto in
presenza dei figli tranne gli ultimi due versi. La donna alterna il desiderio
di vendicarsi a tutti i costi, compresa la vita delle sue creature, con
l’istinto e l’affetto materni che vorrebbero proteggerli. Ma il timore di
essere derisa la rende una belva. Nell’altalena dei sentimenti squilibrati
Medea cerca giustificazioni pseudorazionali: piuttosto che lasciarli
maltrattare e annientare dai nemici, li ucciderò io. Il contatto fisico con i
bambini sembra addolcire l’animo della madre la quale però teme, rifiuta e
respinge questo intenerimento, allontanando i figli. Rimasta sola, la furente conclude che non c’è nessun
ragionamento, o proposito, in grado di smontare una passione cattiva. E’ il
pessimismo pedagogico di Euripide.
Copio la
traduzione (mia) dei versi 1055 - 1080 della Medea di Euripide
Ah, ah.
No, davvero, cuore, tu non fare questo:
lasciali, sventurata, risparmia i figli;
vivendo là con noi ti allieteranno.
Per gli inferi dell'Ade vendicatori,
non accadrà mai questo che io lasci
i figli miei ai nemici perché li maltrattino.
Comunque è necessario che muoiano: e siccome deve
accadere
noi li uccideremo, noi che li abbiamo generati.
Comunque questa è cosa fatta e non ci sarà scampo.
E già la corona è sul capo e avvolta nel peplo
la sposa regale muore, lo so bene io.
Però in effetti ora mi avvio su una strada
sciaguratissima
e questi li spedirò su una via ancora più sciagurata.
Voglio salutare i figli: date, o figli,
date alla madre la mano destra perché la baci. 1070
O carissima mano, e bocca carissima a me
e figura e volto nobile dei figli,
siate tutti e due felici, ma laggiù; le cose di qua
il padre le ha tolte: o dolce abbraccio,
o morbida pelle e dolcissimo respiro dei figli. 1075
Andate, andate: non sono più capace
di guardarvi ma sono vinta dalle sventure.
E capisco quale abominio sto per osare,
ma più forte dei miei proponimenti è la passione
che è causa dei mali più grandi per i mortali
(1055 - 1080)
Kai; manqavnw me;n oi\\\a dra'n mevllw kakav, - qumo;" de; kreivsswn tw'n ejmw'n bouleumavtwn, - o{sper megivstwn
ai[tio" kakw'n brotoi'"" (1078 - 1080)
Ora un poco
di commento con l'aiuto di altri autori.
Un'eco
lontana di questa situazione si trova nelle Metamorfosi di
Ovidio dove Medea cerca di contrastare, senza successo, la passione per Giasone
" et luctata diu, postquam ratione furorem/ vincere non poterat,
"Frustra, Medea, repugnas." (VII, vv. 10 - 11), e dopo avere
combattuto a lungo, dacché non poteva vincere la follia amorosa con la ragione,
si disse "ti opponi invano, Medea".
Con qumov" sono composte le parole che
designano le due parti meno alte dell'anima nella Repubblica di
Platone: qumoeidev" (composto da qumov" +ei\do~ è l'elemento irascibile che deve
essere alleato con il logistikovn (cfr. logivzomai, "calcolo",
"penso") , la componente razionale, nel presiedere all' ejpiqumhtikovn
(cfr. ejpiqumevw, "bramo") l'elemento
appetitivo, la parte maggiore e la più insaziabile di ricchezze (440 sgg.).
"Eraclito
dovette contrapporre thymos e psyche :"
Contro la brama della passione (thymoi) è arduo combattere: qualsiasi
cosa voglia, difatti, essa è disposta a pagarla con l'anima"[1].
Sentiamo la parola del filosofo[2] di
Efeso:"qumw'/ mavcesqai calepovn: o{ ga;r a]n qevlh/,
yuch'" wjnei'tai" (fr.
91 Diano). Aggiungo la traduzione mia: “combattere con la parte emotiva è cosa
dura, quello che vuole lo compra a prezzo della vita. Il qumov" dunque è quasi ineluttabile e
dispone della yuchv.
Svevo è
esplicito nell'affermare la precedenza e la prevalenza del sentimento :"Nelle lunghe ore che egli
passò là, inerte, ragionò anche una volta sui motivi che l'avevano indotto a
lasciare Annetta, ma come sempre il suo ragionamento non era altro che il suo
sentimento travestito"[3].
La
discrepanza tra pavqo" e lovgo" , crea dolore in Alfonso
Nitti:" Ad onta di tutti i ragionamenti rimase triste. Una volta di più,
così raccontava a se stesso, quel fatto gli provava l'imbecillità della vita e
non pensava in questo fatto al torto di Annetta o di Macario ma al proprio, di
sentire in modo strano e irragionevole" (p. 284).
Secondo
H. Hesse i sentimenti
devono avere la precedenza:"Di nient'altro viviamo se non dei nostri
sentimenti, poveri o belli o splendidi che siano, e ognuno di essi a cui
facciamo torto è una stella che noi spengiamo"[4].
Nel
romanzo di Musil leggiamo:"Tutto
ciò che si pensa è simpatia o antipatia, si disse Ulrich"[5].
Luogo simile
si trova anche in La noia di Moravia:"Ma tutte le nostre riflessioni, anche le più
razionali, sono originate da un dato oscuro del sentimento"[6].
Infine un
ottimo scrittore ungherese: “ Sa che cosa ha fatto? Ha cercato di cancellare il
sentimento con la ragione. Come se qualcuno, con i più svariati artifici,
tentasse di convincere un pezzo di dinamite a non esplodere”[7].
Nessun commento:
Posta un commento