Brugel, Amore e Psiche |
L’amore viene spesso calunniato
perfino dalla madre sua
Nel romanzo di Apuleio, Psiche è adorata più di Venere la
quale si risente e convoca il figlio pinnatum et satis
temerarium. Costui ferisce,
corrompe et
nihil prorsus boni facit (Metamorfosi, 4,
30).
Ricordiamo altre calunnie.
Apollonio Rodio: daivmwn ajlginovei~ (IV, 64) il dio del dolore.
La Luna vide Medea correre verso Giasone, gioì con
malizia e disse tra sé: non solo io brucio per il bell’Endimione, io che ho
dovuto obbedire ai tuoi riti: ora
il daivmwn ajlginoveiς (64), il
dio del dolore ti ha dato il penoso Giasone per la tua angoscia. Vai a sopportare dolori infiniti.
Esecrazione dell’amore come nel finale dell’Ippolito di
Euripide dove Teseo maledice Afrodite dicendo: wJς polla;, Kuvpri, sw'n kakw'n memnhvsomai (1461), quante volte Cipride mi
ricorderò dei tuoi delitti.
Cfr. anche “nequiquam quoniam
medio de fonte leporum/ surgit amari aliquid quod in ipsis floribus angat” (De rerum natura,
IV, vv. 1131 - 1134).
Altra apostrofe contro Eros nelle Aronautiche: “ atroce
amore - scevtlie [ Erwς,
grande sventura, mevga ph'ma, grande abominio per gli uomini, mevga stuvgoς ajnqrwvpoisin ( IV, 445), da te nascono
travagli e dolori. Vieni armato sui figli dei miei nemici a gettare rovina come
hai fatto con Medea.
Virgilio, Eneide IV
412: improbe
amor, quid non mortalia pectora cogis!
Platone nella Repubblica fa
dire a Sofocle che è contento della vecchiaia, w{sper luttw`nta
tivna kai; a[grion despovthn ajpodrav~ come se fossi fuggito da un padrone furioso e e
selvaggio. Ab
domino agresti ac furioso profūgi (Cicerone, De senectute,
14).
Venere vuole che Psiche si innamori di un homo extremus (4,
31
Vediamo una riabilitazione
rispetto alle tante calunnie dei detrattori di Eros.
il discorso di Agatone
nel Simposio platonico (194e 4 - 197e 8). dove
c’è una rivalutazione del dio calunniato da molti poeti
Agatone parla dopo Fedro, Pausania, Erissimaco,
Aristofane. Dopo di lui Socrate poi Alcibiade.
Amore come concordia, pace, delicatezza felicità,
stenebramento, arte, virtù in tutte le sue forme (coraggio, temperanza,
giustizia)
Amore è il
più bello e nobile tra gli dèi. E' anche il più giovane: infatti fugge
di corsa la vecchiaia. Egli genera
concordia: e se ci fosse stato lui nei tempi primordiali non ci sarebbero state
amputazioni né incatenamenti :" ejktomai;
oujde; desmoiv"(195c).
Amore è delicato (aJpalov"), ma gli manca un poeta come Omero che rappresenti la sua
delicatezza. Egli si insedia nelle anime delicate, mentre si allontana dalle
anime dure. Inoltre è bello e
cerca bellezza: infatti tra amore e bruttezza c'è una guerra continua. Passa
la sua esistenza in mezzo ai fiori. La sua virtù sta nel fatto che il dio non fa e non riceve torti (ou[t j ajdikei' ou[t j ajdikei'tai). Oltre che di giustizia è dotato di somma temperanza (196c): infatti,
essendo più forte di tutti gli altri piaceri e istinti, li domina. Quanto a coraggio, neppure Ares resiste ad
amore.
Inoltre Eros rende poeta chi lo prova. Amore insegna
tutte le arti. Ciò che amore non
tocca rimane nella tenebra (Simposio, skoteinov" 197a). Dall'amore della bellezza ha preso origine ogni cosa
buona fra gli dèi e fra gli uomini. Egli ci vuota di ogni ostilità e ci riempie di ogni fratellanza e
"prepara tali incontri tra noi per metterci insieme e diventa nostra guida
nelle feste, nei cori, nei sacrifici" (197d), ispira mitezza, è
timoniere, compagno e salvatore supremo nella fatica, nella paura, nel
desiderio, nella parola (197e).
Sembra che Agatone sia in procinto di anticipare la
canzone di Cherubino (Le nozze di Figaro,
II, 3) “Voi che sapete/che cosa è amor/ donne, vedete/s’io l’ho nel cor”
Altre riabilitazioni
Shakespeare in Pene d’amore perduto, dice
che il sentimento d’amore è più lieve e sensibile delle tenere antenne di
chiocciole increspate (IV, 3).
Il mondo senza Eros e Venere è una colossale immondizia enormis eluvies
Nell’Asino d’oro di
Apuleio, Psiche punisce
le sorelle attirandole in una trappola e facendole morire. Ha perso la sua
santa semplicità. Poi va a cercare Amore e intanto avis peralba illa
gavia, va a parlare a Venere.
Il gabbiano dice che
nell’assenza delle due divinità dell’amore, il mondo sta precipitando nell’età
del ferro: non voluptas, non gratia,
non lepos, sed incompta et agrestia et horrida cuncta; non nuptiae coniugales,
non amicitiae sociales, non liberum caritates, sed enormis eluvies, una colossale inondazione di immondizia et squalentium
foederum insuāve fastidium (5, 28) e una sgradevole noia di rapporti
squallidi.
La verbosa et satis
curiosa avis borbottava queste parole .
Credo che l’immondizia che si
accumula in alcune nostre città sia simbolica proprio della mancanza di
concordia e simpatia tra gli esseri umani
La nutrice rinfaccia a Ippolito di essere uno truculentus et
silvester (Fedra, v. 462), truce e
selvatico, in quanto passa una gioventù senza Venere, una dea che colma i vuoti
della razza umana. Se la escludi, il mondo rimane senza vita: “Excedat… rebus
humanis Venus…vacuum sine ullis piscibus stabit mare/alesque caelo derit et
silvis fera (v. 469 ss.), mancherà l’uccello al cielo e la fiera ai
boschi.
Insomma: orbis iacebit
squalido turpis situ (471), il mondo giacerà brutto in uno schifoso
squallore.
Proinde vitae sequere naturam ducem (v. 481), segui dunque la guida
della natura.
Cfr. Il Pervigilium Veneris
Cras amet qui numquam amavit, quique
amavit cras amet,
Ver novum ver iam canorum; vere natus
orbis est,
Vere concordant amores vere nubunt alites,
Et nemus comam resolvit de maritis
imbribus. (1 - 4)
(…)
Iam loquaces ore rauco stagna cygni
perstrepunt,
adsonat Terei puella subter umbram
populi,
ut putes motus amoris ore dici musico
et neges queri sororem de marito
barbaro
Illa cantat, nos tacemus. Quando ver
venit meum?
Quando faciam uti chelidon, ut tacere
desinam? (85 - 90)
Sette trochei e mezzo: tetrametro trocaico catalettico in syllabam con
un anceps finale
Cfr. amor omnibus idem di Virgilio
"Omne adeo genus in terris hominumque ferarum - que/et
genus aequoreum, pecudes pictaeque volucres/ in furias ignemque ruunt: amor
omnibus idem "( Georgica III, vv. 243 - 244) così ogni specie
sulle terre di uomini e di animali, e la razza marina, il bestiame e gli
uccelli colorati si precipitano in ardori furiosi, amore è lo stesso per tutti.
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