Quello che abbiamo incontrato diventa parte di noi.
Del resto incontriamo profondamente solo quello che abbiamo già dentro.
Due poeti moderni che hanno scritto di Ulisse, hanno affermato questo.
Uno di questi poeti è l’inglese Alfred Tennyson (1809- 1862) che nel poema Ulysses ha scritto:
““I am a part of all that I have met” (v. 18), io sono una parte di tutto quello che ho incontrato.
L’Ulisse di Alfred Tennyson non vuole rimanere come re neghittoso (an idle king) con un’antica consorte a pesare leggi ineguali a gente che ammucchia, che dorme, che mangia, che non mi conosce
Lo stesso concetto si trova nel poeta neogreco Costantinos Kavafis (1863-1933):"In Ciclopi e Lestrigoni, no certo/né nell'irato Nettuno incapperai/se non li porti dentro/se l'anima non te li mette contro"[1] (Itaca , vv. 9-12).
Nel dialogo L'isola di Cesare Pavese, le ultime parole di Odisseo a Calipso sono:"Quello che cerco l'ho nel cuore, come te"Dialoghi con Leucò.
L’ho verificato vivendo.
Bologna 24 febbraio 2024 ore 9, 28 giovanni ghiselli.
p. s
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