NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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sabato 10 febbraio 2024

Alessandro Magno, Annibale, Nerone

Presentazione del corso
 2024-2025 sui personaggi storici 

Presenterò le azioni e i pensieri di tre personaggi della storia antica non usuali ma straordinari nel bene o nel male. Il potere che ereditarono, o raggiunsero, consentì loro di esplicare aspetti del carattere che da tanti uomini vengono tenuti celati per paura o ritegno.
 
Alessandro poi detto Magno nacque nel 356 come erede del piccolo regno di Macedonia che Filippo II  peraltro aveva cominciato a estendere. A 18 anni il giovane principe combatté  con suo padre contro i Greci coalizzati e li sconfissero a Cheronea.
Due anni più tardi - 336 - Filippo fu ucciso e Alessandro gli succedette.  
Quindi sconfisse il grande re di Persia Dario III e conquistò l’ intero impero persiano procedendo fino al fiume Indo. Morì a Babilonia nel 323. aveva 33 anni.
Presenterò le fonti greche e latine che raccontano la vita di questo giovane con la sua impresa grandiosa.
Le principali sono le Historiae Alexandri Magni di Curzio Rufo, la biografia di Plutarco e l’Anabasi di Arriano, ma la figura di questo grande condottiero che ha cambiato la storia compare in diversi altri autori: storiografi, poeti, filosofi con giudizi contrastanti.
Alessandro insomma è segno di contraddizione come altri personaggi  fortemente significativi della storia o del mito. 
 
Annibale (246-183) è stato può essere considerato il più nobile fallito dell’antichità.
Nobile perché mantenne fino all’ultimo giorno della sua vita la promessa fatto a nove anni al padre Amilcare: posate le mani sui sacri arredi giurò solennemente che appena possibile avrebbe fatto guerra al popolo romano (cfr. Tito Livio, XXI, 1)
Fallito perché morì suicida in esilio dopo avere sconfitto diverse volte i Romani in Italia ed essere stato vinto da Scipione Africano a Zama nel 202.
Polibio,  storiografo filoromano  scrive che se il grande condottiero cartaginese  ha fallito, merita comprensione ( Storie, XV, 16, 6) siccome la sorte lo ha colpito facendogli incontrare un altro più forte di lui.
Non pochi sono i testi che raccontano la vita e le imprese di questo nemico di Roma.
Virgilio nell’Eneide lo fa presagire  nell’immagine invocata  da Didone morente quale vendicatore che sorga dalle sue ossa (nostris ex ossibus ultor, Eneide, IV, 625) di donna spinta al suicidio dalla spietata pietas di Enea.
Polibio e Tito Livio dunque.
Gennaro Perrotta preferisce e raccomanda lo storiografo greco citando la Storia romana  del Momnsen  che ha scritto: "i  suoi libri, nella storia romana, sono come il sole: dove essi cominciano, cade il velo di nebbia che copre ancora le guerre sannitiche e la guerra di Pirro; dove essi finiscono, comincia una nuova oscurità, se è possibile, ancora più fastidiosa"[1].
Altri testi sono la Vita di Annibale e quella di Amilcare Barca di Cornelio Nepote
Poi le biografie di Plutarco:  Vite di Lucullo, di Tito Flaminino,  di Fabio Massimo,  di Marcello.
Quindi Appiano (II d. C.) il quale ha scritto una Storia Romana  che constava di 24 libri. Il VII vi è giunto ed è incentrato su Annibale.
Infine un romanzo di  Flaubert: Salambò (1862), dove Amilcare sottrae Annibale bambino al sacrificio umano per Moloch.  
Nel raccontare e commentare la storia di Annibale indicheremo la fonte di ogni informazione
  
Nerone
Questo dei tre che presenterò è il personaggio che ha subito la maggior damnatio memoriae sebbene non gli sia  mancata la simpatia popolare tra la plebe romana e tra i Greci.
Un segno di contraddizione dunque
Nerone nacque nel dicembre del 37 e si uccise nel giugno del 68. Fu imperatore dal 54. Divenne capo dell’impero a 17 anni e morì che non ne aveva ancora 31. Leggendo dei suoi numerosi eccessi dunque non scordiamoci che si tratta di un ragazzo.  Venne controllato e angosciato  dalla madre Agrippina che lo favorì nell’ascesa al potere sperando di poterlo esercitare lei stessa condizionandolo. Questa donna era reputata a Roma in quanto figlia dell’eroe  nazionale Germanico che nel 16 aveva vendicato la sconfitta inflitta a Varo dai Germani di Arminio nel 9 d. C.
Inoltre era riuscita a farsi sposare nel 48 da suo zio, l'imperatore Claudio che poi fece avvelenare. Una donna terribile dunque e talmente assatanata dal demone del potere che quando i Caldei le profetizzarono che suoi figlio sarebbe diventato imperatore ma l’avrebbe uccisa, rispose “occīdat, dum impĕret ” (Tacito, Annales, XIV, 9).
Il rapporto tra Agrippina e Nerone fu una tragedia sul tipo di quelle greche. Nerone la fece ammazzare nel 59 non potendone più sopportarne l’ingerenza. Il suo modello diventò Oreste: il matricida assolto nei drammi di tutti e tre i tragediografi greci.
Come educatore del ragazzo, Agrippina aveva scelto Seneca  facendolo rientrare dall’esilio in Corsica una volta divenuta imperatrice. Nerone per qualche anno diede retta al maestro che a sua volta scese a qualche compromesso con il ragazzo matricida. Nel 62 però il filosofo sentendo di non essere più gradito e capace di regolare il discepolo si allontanò da lui e nel 65 si uccise, probabilmente coinvolto nella congiura dei Pisoni.
Voglio ricordare due aspetti salienti della breve vita di Nerone: il suo filellenismo congiunto all’amore che aveva per l’arte e per il teatro. Andava a recitare le tragedie nell’Ellade dove veniva premiato ogni volta. L’imperatore ne fu talmente grato che nel novembre del 67 liberò i Greci dalla sottomissione a Roma:  soppresse la provincia di Acaia e fu salutato dai Greci come Zeu;~ jEleuqevrio~. Lo attesta l’iscrizione di   jAkraifivh in Beozia rinvenuta dall’epigrafista Maurice Holleaux: “Greci, vi faccio un dono tanto grande che voi stessi siete incapaci di chiederlo, ammesso che ci sia qualcosa che da un uomo magnanimo come me non si possa aspettare. A tutti voi, uomini dell’Achaia e del Peloponneso, accordo la libertà e l’esenzione dalle tasse”.  
Il greco, sacerdote delfico Plutarco, nel De sera numinis vindicta  (567 F), immagina che l'anima di Nerone, già condannata a vivere nel corpo di una vipera, passi alla vita di un cigno, poiché aveva fatto qualche cosa di buono liberando i Greci, la stirpe più insigne e cara agli dèi.
 
Nella politica interna il fatto notevole è la svalutazione dell’aureus la moneta d’oro rispetto al denarius  d’argento. In questo modo Nerone  avvantaggiò i possessori della moneta meno preziosa e rara, svantaggiando quelli della più rara e preziosa.
Questa fu una causa non secondaria della sua fine: i senatori detentori dell’oro lo dichiararono nemico pubblico. Certamente contribuirono alla  condanna che pose fine alla vita e alla damnatio memorie di Nerone i suoi deplorevoli vizi, ma di questi parleremo durante il corso.
E’ anche certo che la plebe romana e i Greci lo rimpiansero a lungo
 
Concludo menzionando le principali fonti antiche che verranno citate durante il corso
Seneca, Apokolokyntosis (54), De Clementia (55). Naturales Quaestiones.
Marziale, Epigrammi.
Tacito, Historiae, Annales.
Plutarco: De sera numinis vindicta; Vita di Galba, Vita di Otone.
Svetonio, Neronis Vita.
Giovenale, Satire,
Cassio Dione, Storia Romana.
 
Bologna 10 febbraio 2024 ore 17.
 
p. s.
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[1]Sono parole che cito da un vecchio Disegno storico della letteratura greca (p. 408) che diversamente dai recenti, spesso pletorici e noiosi, è fatto di poche pagine con non molte notizie, date però e scritta in maniera tale che restano nella memoria.

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