domenica 25 febbraio 2024

Umanesimo è anche curiosità, volontà di imparare e capacità di meravigliarsi.


 

Odisseo è l’uomo umano che rischia la vita per non perdere  la possibilità di imparare.

 

Cicerone  nel De finibus bonorum et malorum [1]  premette che  innato è in noi l’amore della conoscenza e del sapere, ed esso è tanto grande che la natura umana vi è trascinata pur senza l’attrattiva di alcun profitto.

Questo si vede dall’episodio delle sirene (Odissea, XII, 158-200) )  le quali attiravano i naviganti non per la dolcezza della voce o la novità dei canti “sed quia multa se scire profitebantur” (V, 18), ma poiché dichiaravano di sapere molte cose.

Quindi l’Arpinate traduce i vv. 184-191 con le parole delle sirene  e conclude: “Vidit Homerus probari fabulam non posse, si cantiunculis tantus irretitus vir teneretur, scientiam pollicentur, quam non erat mirum sapientiae cupǐdo patriā esse cariorem. Atque omnia quidem scire, cuiuscumque modi sint, cupere curiosorum”, Omero si accorse che il mito non poteva essere approvato se un uomo di quella levatura fosse stato  irretito da canzoncine; il sapere promettono, e non era strano che a uno bramoso di sapienza esso fosse più caro della patria. E certamente la brama di sapere tutto, di qualunque genere sia, è proprio delle persone curiose.

Le sirene che cantano cercano di indurre Odisseo a fermarsi da loro promettendogli che ripartirà pleivona eijdwv~ (Odissea, XII, 188), sapendo di più, conoscendo più cose.

Nel romanzo di Apuleio la sopravvivenza di Lucio diventato asino è dovuta alla sua innata curiosità che lo apparenta a Ulisse. Sentiamolo: “ Nec ullum uspiam cruciabilis vitae solacium aderat, nisi quod ingenita mihi curiositate recreabar (...) Nec immerito priscae poeticae divinus auctor apud Graios summae prudentiae virum monstrare cupiens multarum civitatium obitu et variorum populorum cognitu summas adeptum virtutes cecinit " (Metamorfosi, IX, 13), né vi era da qualche parte alcun conforto di quella vita tribolata se non il fatto che mi sollevavo con l’ innata curiosità (...) E non a torto quel divino creatore dell'antica poesia dei Greci volendo raffigurare un uomo di somma saggezza, narrò che egli raggiunse i sommi valori visitando molte città e conoscendo popoli diversi.

 

Leggiamo alcune parole di Omero tradotte rispettando il testo greco

“Di molti uomini vide le città e conobbe la mente

 e molti dolori soffrì egli sul mare nell'animo suo,

cercando di salvare la sua vita e il ritorno dei compagni”  (Odissea, I, 3-5)

 

 Platone deduce l’ attitudine alla filosofia di  Teeteto dal fatto che questo giovane si meraviglia ( Teeteto, 155d.)

Aristotele  sostiene che gli uomini hanno cominciato a fare filosofia, sia ora sia in origine, a causa della meraviglia: "dia; ga;r to; qaumavzein oiJ a[nqrwpoi kai; nu'n kai; to; prw'ton h[rxanto filosofei'n". Dallo qaumavzein  non nasce solo la filosofia ma anche la poesia e tutta la cultura. Aristotele precisa che il filovsofo~ è anche filovmuqo~ poiché il mito è composto da cose che suscitano meraviglia oJ ga;r mu'qo~ suvgkeitai ejk qaumasivwn (Metafisica, 982b).

 

Bologna 25 febbraio 2024 ore 19, 26 giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Del 45 a. C. E’ un dialogo in cinque libri, dedicato a Bruto, sul problema del sommo bene e del sommo male.

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