giovedì 15 febbraio 2024

La montagna incantata di Thomas Mann. Breve sintesi

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Sabato 17 febbraio alle ore 17 terrò una conferenza nella Gipsoteca di Cento su La montagna incantata di Thomas Mann.
 
Questo romanzo tratta di malattia, di amore, di morte, e  offre un quadro della cultura europea nelle discussioni di due pedagoghi che si contendono l’attenzione, l’affetto e l’anima di un ragazzo.
Questo è il protagonista Hans Castorp un giovane di  famiglia borghese che dopo la laurea in ingegneria si reca da Amburgo in un sanatorio di Davos, in alta montagna, per visitare un cugino tubercoloso, Joachim.
Hans pensa di fermarsi tre settimane invece vi rimane i sette anni che precedono la prima guerra mondiale,  trattenuto dal genius loci impersonato da una donna russa francesizzata Claudia Chauchat che con il taglio orientale degli occhi gli ricorda un compagno di scuola slavo-tedesco Hippe Przibislav, il cui aspetto un po’ esotico aveva destato un suo forte interesse in terza ginnasio.
Amare dunque spesso è associato al ricordare.
Non solo: Hans, corteggiando Claudia, ripeterà  i gesti e le frasi usate per attirare l’attenzione di Hippe. Atti e parole di una liturgia amorosa ripetuta a distanza di una decina d’anni.
Per quanto riguarda i pedagoghi, uno è l’italiano Settembrini che all’aspetto tipicamente italiano pare un suonatore di organetto, tuttavia le parole gli uscivano piene, rotonde, in espressioni colte, mordaci e leste e non inciampava mai nel suo caldo eloquio. Questo cercava di ammaestrare Hans propugnando l’illuminismo e l’uso della Ragione che ha scacciato le ombre stagnanti nelle anime obnubilate. Il sue eroe è “l’umanista” Prometeo ribelle al dispotismo e forza vindice della Ragione, come Satana di Carducci.
Suo contendente è Naphta un quasi gesuita, giunto solo al subdiaconato per ragione di salute, un uomo di una bruttezza caustica, quasi corrosiva tanto che lasciò stupefatti i due cugini.
Questo aio predicava invece  un cristianesimo arcaico venato di comunismo e demonizzava la ragione che rende gli uomini tellurici riducendo il loro orizzonte alla superficie del mondo, alla sua crosta.
Hans  ascolta  entrambi e contraccambia il loro affetto.
Alla fine i due si affronteranno a duello: Settembrini però sparerà in aria e Naphta si ucciderà con una pistolettata alla propria testa.
Un altro suicidio è quello di Mynheer Peeperkon l’amante fisso di Claudia. La donna, la notte dell’ultimo giorno di carnevale fa l’amore con Hans, quindi parte, e dopo anni, durante i quali Hans la aspetta, ritorna con l’uomo ricco e anziano che la mantiene e dà spettacolo nel sanatorio organizzando banchetti e simposi, ma  dopo qualche giorno si ammazza siccome malato che ha perso la voglia di amare e di vivere.
La pazzia aleggia su questo ricovero mezzo sanatorio mezzo manicomio.
E anche l’amore. Non solo quello a lungo mentale, e per un’ora da notte di Valpurga anche fisico di Hans e Claudia, ma pure  quelli di tanti ricoverati.
  Behrens,  il medico capo e consigliere aulico detto Radamanto, nota che più l’allegra brigata dei tisici si sfoga, più diventa lasciva: “la marmaglia dei tisici si trova quassù con la sua sventatezza, stupidità, dissolutezza  e assenza della buona volontà necessaria a guarire” (p. 665).
 
Dopo sette anni Hans sente un rimbombo come Edipo (Sofocle, Edipo a Colono, ktuvphse me;n  Zeu~ cqovnio~, 1606, ed ecco tuonò Zeus infero ) e come il protagonista del Tannhäuser di Wagner  relegato sulla montagna di Venere. Il giovane ingegnere  interpreta questo frastuono come il segno del cielo che gli ordina di andare via da quella specie di caverna platonica per affrontare il mondo. L’ultima pagina descrive una scena di guerra con Hans che si getta a terra per schivare la morte provocata da un abominoso ordigno “prodotto di una scienza abbrutita” p. 1068
Infine l’autore saluta questa sua creatura cui si è affezionato. “Addio, Hans Castorp, sincero e riottoso figlio della vita! La tua storia è finita (…) Addio che tu viva o soccomba, addio! Le prospettive che ti riguardano non sono buone; l’orribile danza in cui sei travolto andrà avanti ancora per qualche criminoso annetto, e noi non siamo disposti a scommettere che te la caverai (…) Forse che anche da questa sagra mondiale della morte, da questa voluttà smaniosa e maligna che incendia tutt’intorno il piovoso cielo della sera potrà un giorno innalzarsi l’amore?”
E’ quello che speriamo anche noi oggi.
 
FINIS OPERIS
  
Bologna 15 febbraio 2024 ore 11, 19 
giovanni ghiselli

p. s
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