Il personaggio Anselmo Paleari che affitta una stanza a Mattia Pascal in via Ripetta a Roma, sostiene che l’Oreste dell’Elettra di Sofocle diventa Amleto quando vede uno strappo nel cielo di carta del teatrino. Da quel buco “ogni sorta di mali influssi penerebbero nella scena e Oreste si sentirebbe calare le braccia. Tutta la differenza, signor Meis, fra ls tragedia antica e la moderna consiste in ciò, creda pure: in un buco nel cielo di carta” (Pirandello, Il fu Mattia Pascal, cap. XII)
Oreste dunque “rimarrebbe terribilmente sconcertato da quel buco nel cielo”
Quando ci cade addosso tale sconcerto per cui cominciamo a suonare male, a parlare con stento e imprecisione nel lavoro e nell’amore, le due cose belle?
Quando ci troviamo in un ambiente che non è il nostro, che non ci è congeniale, che non ci motiva a dare e fare il meglio di quanto possiamo.
Allora bisogna cambiare ambiente.
Avverto il lettore che il matricida protagonista eponimo dell’Oreste di Euripide è un malato di mente assistito dalla sorella Elettra fin dal prologo: allo zio Menelao che gli domanda “tiv~ s j ajpovllusin noso~ ;” quale malattia ti distrugge?, Oreste risponde “hJ suvnesi~, o{ti suvnoida deivn j eijrgasmevno~” (395-396), l’intelligenza poiché so di avere commesso azioni atroci.
Bologna 6 gennaio 2024 ore 10, 30
p. s
Oggi dalle 18 parlerò di Pirandello alla Primo Levi
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