La scienza come viene studiata e praticata ora quasi da tutti non arriva al massimo oggetto del sapere, anzi della sapienza, che è l’idea del bene: “ hj tou` ajgaqou` ijdeva mevgiston mavqhma (Platone, Repubblica, 505 a).
Se conoscessimo tutto quanto è materiale ma non l’idea del bene-dice Socrate personaggio del dialogo-questo sapere tutto il resto non ci gioverebbe a nulla ( 505b).
Ho studiato nel liceo classico di T. Mamiani di Pesaro, poi lettere antiche all’Università di Bologna e ho avuto la prima spinta a imparare che il sapere supremo quello che dà valore a tutti gli altri è appunto l’idea del Bene. Il Bene può essere chiamato umanesimo che è amore dell’umanità.
Senza umanesimo, quello dei classici antichi e moderni, può succedere che si approvi l’uccisione di esseri umani da parte delle automobili dalla velocità non limitata e impunita, capita delitti e massacri vengano spacciati come atti di giustizia. Dobbiamo rilanciare in alto lo studio del classici. Nei corsi che ancora tengo, riesco a farli amare siccome li amo come amo la vita.
Salviamo il liceo classico per amore della cultura e della vita.
Leggo che le iscrizioni al liceo classico qui a Bologna sono in calo e temo non solo a Bologna. Questa scuola non seleziona più la classe dirigente come ai miei tempi. Decaduta è infatti tale classe e di molto.
I docenti rimasti, se non vogliono che questa scuola sparisca, devono farsi un esame di coscienza. Il greco e il latino vanno insegnati al ginnasio come lingue, poi nel triennio anche come letterature opera di scrittori che sono i maestri di tutti i successivi autori della letteratura europea.
Dunque bisogna indicare nei testi greci soprattutto, e pure in quelli latini, le prefigurazioni di quanto scriveranno tutti i loro discepoli e successori. Dante, Machiavelli, Shakespeare, Goethe, Fsecolo, Leopardi, Joyce, Thomas Mann, Proust, per dirne solo alcuni, sono incomprensibili se non si conoscono Omero, i lirici, i tragici greci, Erodoto, Tucidide, Plutarco, Virgilio, Seneca, Petronio, Tacito, e ne menziono solo pochi.
Bologna 13 febbraio 2024 ore 21, 16
giovanni ghiselli
Desiderio di umanesimo acuito dalla visione di un film.
In greco il desiderio di una cosa che manca si dice oJ povqo~.
Nell’Odissea lo spettro di Anticlea, la madre di Odisseo, dice al figlio che non è stata la malattia a farla morire ajlla; so;~ povqo~ (XI, 202) ma la mancanza di te, il tormento dovuto alla tua assenza.
Oggi in molti soffriamo per la mancanza di umanesimo, di amore per l’umanità, di solidarietà tra gli umani.
Patisce questa mancanza soprattutto chi, vecchio oramai come chi scrive, ha vissuto in altri tempi e ha fruito e gioito di rapporti umani del tutto diversi da quelli attuali.
Sono stati gli ultimi anni Sessanta e i primi Settanta gli anni d’oro della solidarietà diffusa tra gli umani. Poi le stragi hanno cambiato l’atmosfera e un poco alla volta questa si è saturata di paura, diffidenza, ostilità. Ora è piena di guerre sterminatrici.
Faccio un esempio: nel luglio del 1972 ero in traghetto verso la Finlandia con un amico. Si avvicinarono alcuni giovani finlandesi e ci chiesero dove andassimo e dove avremmo dormito. Rispondemmo che avremmo cercato un albergo. Allora un ragazzo e una ragazza ci invitarono a passare la notte in casa loro: c’era posto e non dovevamo perdere tempo e denaro. Incredibile oggi. L’anno prima avevo chiesto a una ragazza che cosa volesse dire la parola amore per lei. “E’ un sentimento umanistico- rispose- è amore per l’umanità”. Era “di moda” allora, quando la moda non era sorella della morte e dell’odio, bensì era associata all’amicizia e all’amore.
Ieri sera ho visto un film che mi ha fatto ricordare quegli anni, belli non solo perché ero giovane. Green Border diretto da Agnieszka Holland racconta di profughi siriani, afgani, e altri ancora, tormentati atrocemente nel territorio di confine tra Bielorussia e Polonia dai poliziotti e dai cani a guardia di quella zona. Nuovi tormenti e nuovi tormentati rispetto a quelli cui siamo stati abituati e assuefatti qui in Italia.
Durante le due ore del film si assiste con orrore e compassione a scene terribili di antiumanità assoluta. Per fortuna non mancano nemmeno là, in quella terra fredda e desolata, alcuni casi di solidarietà e persone umane, donne in particolare, che cercano di aiutare i perseguitati.
I persecutori vengono aizzati da una propaganda menzognera che presenta come pericolosi terroristi o terribili untori quei disgraziati in fuga da paesi dove subivano altri mali. Molti di questi fuggiaschi vengono picchiati e non pochi perdono la vita.
Purtroppo questo odio reciproco, o per lo meno una vicendevole diffidenza, è diffusa oggi in diverse parti del mondo.
Appoggio quanto dico e cerco di universalizzare i casi personali raccontati sopra attraverso alcune citazioni.
Nell’Eneide di Virgilio Didone, la regina di Cartagine, rassicura i profughi troiani dicendo:" non ignara mali miseris succurrere disco ", Eneide, I, 630, non ignara del male imparo a soccorrere gli sventurati.
Sappiamo che il pio Enea spietatamente non contraccambierà l’aiuto ricevuto. Il personaggio Naphta del romanzo La montagna incantata di T. Mann critica pesantemente Virgilio definendolo “quel laureato di corte e leccapiedi della stirpe Giulia” ( Sesto capitolo, Da soldato a uomo, p. 769, traduzione Renata Colorni, Mondadori, 2010). Fa parte del mio metodo comparativo commentare Omero con Omero come suggerisce Aristarco di Samotracia[1] {Omhron ejx JJOmhvrou safhnivzein"[2] ma anche un classico antico con uno moderno
Quindi Seneca:" Vivit is qui multis usui est, vivit is qui se utitur " (Epist. ad Luc, 60, 4) vive chi si rende utile a molti, vive chi si adopera.
E ancora :" Natura nos cognatos edidit cum ex isdem et in eadem gigneret. Haec nobis amorem indidit mutuum et sociabiles fecit. Illa aequum iustumque composuit; ex illius constitutione miserius est nocere quam laedi ". (Epist.. 95, 52), la Natura ci ha messi al mondo come parenti, siccome ci ha fatti nascere con gli stessi elementi e per gli stessi fini. Questa ci ha ispirato un amore reciproco e ci ha fatti socievoli. Essa ha stabilito l’equità e la giustizia; secondo il suo ordinamento è cosa più triste offendere che essere offesi.
L’ultima affermazione è ricavata dal Gorgia di Platone dove Socrate dice a Callicle : “ Duo‹n oân Ôntoin toà ¢dike‹n te kaˆ ¢dike‹sqai me‹zon mšn famen kakÕn tÕ ¢dike‹n, œlatton d tÕ ¢dike‹sqai, essendo due i mali , il commettere ingiustizia e subirla, noi diciamo che è più grave il commetterla, meno il subirla.
Essere umani significa essere vivi davvero, adoperarsi per aiutare la vita, la propria e quella degli altri.
Seneca:" Vivit is qui multis usui est, vivit is qui se utitur " (Epist. ad Luc, 60, 4) vive chi si rende utile a molti, vive chi si adopera.
L’olivo e la vite sono piante più umani dell’alloro, meno pretenziose e più benefiche.
Leopold Bloom, l’Ulisse di Joyce cammina lungo Dorset street di Dublino e legge su Agendath Netaim: società di piantatori.
Legge o ricorda “Aranceti e immensi campi di meloni a nord di Giaffa” (Joyce, Ulisse, p. 83). La sua mente va verso ambienti mediterranei, israeliani in particolare. Vegetazione mediterranea: “gli ulivi costano meno: per gli aranci ci vuole l’irrigazione artificiale”, Olives cheaper: oranges need artificial irrigation 53.
Torna il tema della carenza d’acqua della sua preziosità
Un tema diffuso nel poema The Waste Land, la terra desolata di T. S. Eliot uscita nel 1922 come l’Ulisse di Joyce.
Bloom, figlio di un ebreo ungherese Virág, è attirato dal Mediterraneo forse nostalgicamente in maniera filogenetica.
“Spagna, Gibilterra, Mediterraneo, il Levante. Cassette in fila a Giaffa”
L’olivo è umile eppure prezioso come certe persone.
“incipriati olivi argentei”-Silvered powdered olive trees”.
Gli olivi cominciano a comparire anche a Bologna. Fino a pochi anni orsono qui non c’erano. Mi mancavano. La zia Giulia mi ha lasciato un piccolo oliveto di tre ettari a Montegridolfo. Uso quell’olio come regalo eletto per gli amici più cari e preziosi.
Ho sempre amato gli olivi “i fratelli olivi-che fan di santità pallidi i clivi-e sorridenti”[3].
Quando preparavo l’esame di maturità a Pesaro 61 anni or sono, mi colpì il giambo IV di Callimaco (III se, a. C.) con la contesa- nei`ko~ -tra l’olivo e l’alloro avvenuto sullo Tmolo, monte della Lidia
L’alloro spregia l’olivo la cui foglie hanno un lato bianco wJ~ u{drou gasthvr, come ventre di biscia (IV, 22) e uno arso dal sole (hJlioplhvx).
L’olivo viene chiamato oh stolto- ejlaive w[frwn-, mentre l’alloro si qualifica come ijrhv-, sacro e puro ajgnhv- , non pestato da uomini, non contaminato da funerali e becchini.
.
L’alloro (davfnh) rivendica la sua sacra presenza a Delfi, in quanto albero amato da Apollo. Una corona di alloro è premio per i giochi pitici.
Invero dal santuario di Delfi si vede un oliveto che si estende nella valle sottostante per diversi chilometri.
L’olivo che genera unguenti hj tekou`sa to; cri`ma rispose all’alloro dicendo la sua e citando una coppia chiacchierina di uccelli.
La gara di Olimpia intanto è più grande wJgw;n ouJn jOlumpivh/ mevzwn di quella di Delfi hJ jn toi`~ Delfoi`~. I vincitori olimpici ricevevano in premio una corona d’olivo
Pallade la figlia prediletta di Zeus ha trovato l’olivo quando gareggiava con Poseidone.
Qual è il frutto dell’alloro? Tiv th`~ davfnh~ oJ karpov~; A che mi serve? ej~ tiv crhvswmai; Non a mangiarlo né a berlo né ad ungermi.
Quello dell’olivo invece è un bel boccone popolare.
Insomma prevale la pianta utile su quella ornamentale.
Aggiungo che se l’alloro incoronava i vincitori di Delfi, l’olivo oltre incoronare i vincitori olimpici, offriva i suoi rami ai supplici. Un’altra testimonianza della vicinanza di questa pianta benefica agli afflitti
Nel prologo dell’ Edipo re di Sofocle leggiamo: vv.2-3. :"quali seggi mai sono questi dove state seduti/con i supplici rami incoronati?" (vv. 2-3)
Plutarco nella Vita di Teseo (18) racconta che l'eroe ateniese , dopo l’estrazione a sorte dei giovani da portare a Creta "andò al Delfinio dove offrì ad Apollo il simbolo dei supplici, consistente in un ramo dell'olivo sacro avvolto di lana bianca (h\n de; klavdo~ ajpo; th`~ ijera`~ ejlaiva~ ejrivw/ leukw`/ katestemmevno~), per impetrare l'aiuto del dio".
Il Giambo più noto dei 13 di Callimaco è questo quarto dove i due alberi si cimentano in una contesa che vede prevalere l'utilità e l'umiltà della pianta nutritiva su la pretenziosità di quella ornamentale che viene ridicolizzata dall'ironia del poeta.
Aggiungo Giacomo Zanella (1820-1888) che invece
Contrappone l’ Alloro alla Vite
Odio l’allor, che quando alla foresta
Le nuovissime fronde invola il verno,
avviluppato nell’intatta vesta
verdeggia eterno,
pompa de’ colli; ma la sua verzura
gioia non reca all’augellin digiuno;
ché la splendida bacca invan matura
non coglie alcuno.
Te, poverella vite, amo, che quando
Fiedon le nevi i prossimi arboscelli,
tenera l’altrui duol commiserando
sciogli i capelli.
Tu piangi, derelitta, a capo chino
Sulla ventosa balza. In chiuso loco
Gaio frattanto il vecchierel vicino
Si asside al foco,
Tien colmo il nappo: il tuo licor gli cade
Nell’ondeggiar del cubito sul mento;
poscia floridi paschi ed auree biade
sogna contento”.
In un altro campo della nonna Margherita partecipavo al lavoro della vendemmia imparando molto dai contadini.
Leggendo i classici allarghiamo, approfondiamo e rendiamo più chiara la coscienza di quanto vediamo, diciamo e facciamo.
I nostri auctores-accrescitori parlano di noi.
Bologna 29 2024 ore 20, 22 giovanni ghiselli
p. s.
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