lunedì 26 febbraio 2024

L’umanesimo dell’ebreo magiaro-irlandese Leopold Virág-Bloom.


 

Nel XII episodio dell’Ulisse di Joyce Il Ciclope- la taverna- (pagine 399-472  nella traduzione di Giulio De angelis, Mondadori 1970)  Bloom viene aggredito da nazionalisti gaelici razzisti antisemiti, in un crescendo di insulti.

Questo nuovo Ulisse sopporta siccome è “papà prudenza” (p. 407) the prudent member (p. 268 nell’edizione inglese Wordsworth classics  ) e oppone argomenti razionali all’irrazionalità dei razzisti, il cui corifeo è “il Cittadino” the cytizen scortato da un cane ringhioso.

Rinfacciano all’Ulisse ebreo la puzza semitica, le corna, e attribuiscono ogni male a chi non ha una nazione.

 

Che cosa è una nazione?. Un appello alla pace.

 

“Una nazione?”  dice Leopold Bloom- irlandese figlio di un ungherese suicida “Una nazione è la stessa gente che vive nello stesso posto (Dodicesimo episodio, Il ciclope-La taverna, p. 453 Mondadori)

A nation? Says Bloom. A nation is the same people living in the same place (p. 299 in Wodwsorth Classics ).

 

Ricordo pure  un canto  della mia epoca: “la mia patria è il mondo intero, la mia legge è la libertà”.

 

Qual è la sua nazione, se è lecito, domanda il cittadino razzista, what is your nation if I may ask, says the citizen.

-L’Irlanda”, risponde Bloom. “Sono nato qui. L’Irlanda”

Ireland, says Bloom, I was born here. Ireland.  

Il cittadino non disse nulla, si schiarì appena in gola, e, perdiana, fece volare una patacca di scaracchio fin nell’angolo.

“Io pure appartengo a una razza che è odiata e perseguitata, dice Bloom. Anche adesso. Proprio in questo momento. Poprio in questo istante.(p.  455) and I belong to a race too, says Bloom, that is hated and persecuted. This very moment. This very instant p. 300 in inglese).

Derubati, aggiunge, Spogliati- Insultati. Perseguitati. Ci viene tolto quello che ci appartiene di diritto, Robbed, says he. Insulted. Persecuted.  Taking what belongs to us by right.

 

Oggi questo maltrattamento tocca a tutti i poveri di qualunque “etnia” essi siano.

 

Sto parlando dell’ingiustizia dice ancora Bloom- I’m talking about injustice, says Bloom (p. 301, 455 in italiano)

 

Uno dei  presenti  nella taverna replica: ma allora opponetevi all’ingiustizia come veri uomini- Stand up to it then with force like men

Bloom risponde “But it’s no use, says he. Force, hatred, history, all that.  That’s not life for men and women, insult and hatred. And everybody knows that it’s the very opposite of that is really life”, no, non vale la pena. Forza, odio, storia, questo è tutto. Non è vita questa per uomini e donne, insulti e odio. Tutti sanno che è precisamente il contrario di quello che è veramente la vita.

Cosa? domanda uno

L’amore, dice Bloom. Voglio dire il contrario dell ’odio p. 455 - Love says Bloom. I mean the opposite of  hatred (p.301) ”.

 

Parole simili si leggono nel romanzo di T. Mann La montagna incantata: nel sesto capitolo –Neve- il protagonista Hans Castorp quando si perde in una tormenta e  sta per cedere alla morte per ipotermia, reagisce  pensando

“L’amore si oppone alla morte, lui solo, non la ragione è più forte della morte” (…) In nome ella bontà e dell’amore, l’uomo non deve concedere alla morte il dominio sui suoi pensieri” (pagine  733 e  734). Questa l’unica frase interamente in corsivo di tutto il romanzo.

Questo dovrebbero dire quanti tifano per l’una o l’altra parte nel corso delle guerre.

 

 

Questa è la lezione che dovrebbero assimilare quanti esaltano l’eroismo dei guerrieri che si ammazzano tra loro e uccidono civili inermi.

 

Quindi il nostro Ulisse viene definito “un ebreo rinnegato…venuto da qualche parte dell’Ungheria…si chiamava Virag. Il nome del padre, quello che si avvelenò. Se l’è fatto cambiare ufficialmente, il padre…Virag d’Ungheria. Io lo chiamo Assuero. Maledetto da Dio…San Patrizio dovrebbe sbarcare un’altra volta a Ballykinlar e riconvertirci , dice il cittadino razzista,  dopo che abbiamo permesso a tipi simili di contaminare i nostri lidi (p. 463)

Gli insulti agli Ebrei e a Bloom continuano, finché questo Ulisse reagisce: “Mendelssohn era ebreo e anche Carlo Marx e Mercadante e Spinoza. E il Redentore era ebreo e suo padre era ebreo. Il vostro Dio…Il vostro Dio era ebreo. Cristo era ebreo come me” (p, 468)

 

Quindi Bloom scappa via inseguito dal lancio di una scatola di biscotti e dal cagnaccio aizzato dal padrone, il razzista. L’episodio  Il ciclope-La taverna finisce con varie reminiscenze delle Sacre Scritture, soprattutto 2 Re 2, 11 dove si parla dell’ascesa al cielo di Elia

Bloom dunque mantiene una sua dignità, anche se non ha  l’intraprendenza di Odisseo né una Penelope fedele.

 La moglie Molly  lo tradisce, ma dopo tutto rimane con lui.

L’ultimo capitolo Il XVIII, Penelope- il letto si chiude  con una serie di “sì” che la donna dice alla vita, alla propria vita con il suo Ulisse, a tutta la vita: “and first I put my arms around him yes and drew him down to me so he could feel my breasts all perfume yes and his heart was going like mad and yes I said yes I will yes”, e per prima cosa gli misi le braccia intorno sì e me lo tirai addosso in modo che potesse sentire il mio petto tutto profumato e il suo cuore batteva come impazzito e sì dissi sì io voglio sì.

Sono le ultime parole del romanzo uscito nel 1922.

 

Bologna 26 febbraio 2024 ore 18, 25 giovanni ghiselli

 

p. s.

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