mercoledì 8 novembre 2023

Ifigenia LXV. Stanchezza di tutto. Regressione e pazzia

A. Feuerbach, Iphigenie (1862)
In febbraio il nostro rapporto risentì della stanchezza causata dall’inverno troppo lungo a Bologna. Il freddo impedisce la vita estrinseca e inceppandola immiserisce quella interiore. Durante la lunga relegazione in casa molti guardano i programmi televisivi, altri si danno alle bevute o ci provano con la servetta quando porta il bicchiere con il superalcolico,
 mentre la moglie è andata di corsa a casa del drudo scapolo, l’energica e brava massaia invece fa i lavori domestici per compiacere e lasciare in pace il marito che fissa la partita di calcio o guarda il cellulare.
A noi due dava noia l’inverno che superava il limite della decenza. Novembre, dicembre e gennaio si sopportano: il primo con la visione del grano rinascente e con il ricordo dell’estate che nei giorni iniziali del mese manda ancora qualche tiepido effluvio dovuto all’inerzia del clima; il secondo per la resurrezione del sole che smette di abbassarsi dietro la terra piegata dalla parte opposta rispetto alla posizione del dio che rallegra la vita, il terzo è sopportabile per la crescita evidente della luce che già annuncia la primavera.
 In febbraio le giornate sono di nuovo lunghe come quelle dolci di ottobre e il sole comincia a scaldare, ad abbronzare, e restituire la voglia di cantare agli uccelli, di ridere alle fanciulle contente. Durante le giornate rigide quando si allungano tutte la ombre, aspettiamo febbraio come il mese dall’aria mitigata che accarezza le viole scure e odorose come le cosce di una bella giovane donna mediterranea: spagnola o sarda o napoletana,  siciliana, greca egiziana, araba o ebrea. Ci metto anche le persiane honoris causa. Tutte queste femmine umane sono coreute di gioia, immagini del caldo e del sole.  Insomma aspettiamo febbraio come l’uscita da un tunnel gelato. Invece talvolta questo mese rappresenta l’ostinazione, la pervicacia cattiva, la depravazione estrema della cattiva stagione. Allora l’inverno che si prolunga nonostante la risalita del sole, è un vizio del cielo, è un morbo dell’aria, è regressione, è pazzia. Una pazzia che gli sciagurati riprendono e prolungano fino a ottobre con l’aria condizionata. Sicché il caldo che favorisce la vita, che ci spoglia e incentiva l’amore è bandito quasi del tutto.
Noi due entrambi mediterranei, amantissimi del caldo e della luce, eravamo chiusi in casa, avviliti sotto coperte grosse e pesanti come macigni. Non ci scaldavano punto.
Nel buio e nel freddo prolungato nemmeno l’amore fioriva.
Cercavamo di emozionarci con domande oziose e pure provocatorie
“Se tu mi lasciassi, signora, lo sai che cosa farei?”, domandavo
“Mi riconquisteresti subito”, rispondeva  sorridendo perché il nostro stare nel letto non diventasse putrido e desolato come le strade, i giadini e gli orti flagellati da intere giornate di pioggia mista a neve.
La risposta non mi era spiaciuta e la rincaravo: Sì, tesoro, per te non sarà facile sostituirmi con uno più adatto alla tua persona augusta e speciale.
Allora Ifigenia mi assecondava: “e’ vero, per me sarà impossibile trovarne un altro della tua levatura. Tu sei unico”
Quindi rilanciava: “tu piuttosto gianni quando mi lascerai?”
“Quando ne avrò trovata una che possa piacermi di più, cioè mai”.
 
Così ci si vezzeggiava e lusingava a vicenda , ma il gioco era triste perché non avevamo argomenti, e il fatto che parlavamo del nostro rapporto invece di viverlo era tragico. La stessa voluptas che ci aveva tanto amalgamati cominciava a guastarsi corrotta dalla noia e dal dolore.
Proprio così: corrupta dolore voluptas[1].
Pensavo alle finniche amate e ne deducevo che una relazione, anche la più bella non può prolungarsi se non si agisce insieme impegnati anche politicamente e concordi.
 
Bologna 8 novembre 2023 ore 19, 12  giovanni ghiselli
p. s
Statistiche del blog
Sempre1418596
Oggi196
Ieri292
Questo mese2042
Il mese scorso8695
 
 


[1] Cfr. Orazio, Satira I, 2 v. 39

Nessun commento:

Posta un commento

Ifigenia CLXXXI La fedeltà mal riposta. Il rimpianto della rosa bianca trascurata.

  Il sole aveva sbaragliato le nubi. Mi tolsi la maglietta per   l’abbronzatura che va ripassata, come le lezioni. Mi guardai il petto e i...