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“SIDERA
- Il Cielo oltre il Cielo, l’Universo oltre il Mito” si terrà a Milano
nel nostro Centro Studi, in Via Mayr 3 (angolo Viale Bianca Maria 45) in data 14 settembre 2019, ore 11.00–14.00.
Sidera
Il cielo oltre il cielo, l’Universo oltre il mito
Milano, 14 settembre 2019
Conferenze a cura di giovanni ghiselli
Significati del mito
Il mito contiene le origini delle civiltà e pure quelle
delle persone.
Studiare i miti significa prendere coscienza delle radici.
Il mito nell’epica e nella lirica
Nell’epica troviamo la fase eroica della civiltà occidentale
e la dimensione eroica dell’individuo. Achille è l’eroe della guerra, Odisseo -
Ulisse quello della conoscenza.
Il mito e il non mitico nella storia
Erodoto non esclude il mitico dai suoi racconti, mentre
Tucidide vuole rimuoverlo. Eppure non può eliminare l’irrazionale dalla sua
storia politica.
Il mito in Platone
Ricorderemo e analizzeremo i miti più conosciuti e più belli
presenti nell’opera di Platone: da quello della caverna, a quello di Er nella Repubblica,
a quello raccontato da Aristofane personaggio del Simposio.
Il mito
Il mito Nietzsche La
nascita della tragedia XXIII
C’è l’ascoltatore estetico e quello socratico - critico
incapace di comprendere il mito “immagine concentrata del mondo che come
abbreviazione dell’apparenza non può fare a meno del miracolo” (p. 151).
Senza mito ogni civiltà perde la sua sana e creativa forza
di natura: solo un orizzonte circoscritto da miti può raccogliere in unità
tutto un movimento di civiltà. Solo dal mito le forze della fantasia e del
sogno apollineo vengono salvate dal loro vagare senza direzione. Il mito
garantisce la sua connessione con la religione, il suo crescere da rappresentanze
mitiche. Le immagini del mito devono essere i demonici custodi, inosservati e
presenti, sotto la cui vigilanza cresce l’anima del giovane e neppure lo Stato
conosce leggi non scritte che siano più potenti del fondamento mitico.
Il socratismo tende alla distruzione del mito e a questo
annichilimento segue l’educazione astratta, il costume astratto, il diritto
astratto, il vagare senza regole della fantasia artistica non frenata da alcun
mito patrio, una cultura che non ha un fondamento ma è condannata a nutrirsi
affannosamente di tutte le culture. L’uomo senza miti, eternamente affamato,
cerca radici in mezzo a tutti i passati. L’enorme bisogno storico della cultura
moderna, l’affastellarsi di innumerevoli culture, l’insoddisfazione perenne
dipende dalla perdita del mito, della patria mitica, del mitico grembo materno
(Nietzsche, Nascita della tragedia, 23).
Il mito è connotato
dall’ambiguità. Questa è evidente in diversi personaggi che: "Saturno è
allo stesso tempo immagine archetipica del Vecchio Saggio…e anche del Vecchio
Re, l'orco castrato e castrante"[1].
Il mito può avere sottolineature
diverse ed essere usato con significati vari, come una parola del vocabolario.
Eracle
si presta a essere utilizzato nella poesia con funzioni differenti, a volta
addirittura opposte. È un'idea che viene precisata in un saggio in inglese di
G. B. Conte[2]. Ne riferisco
alcuni concetti, tradotti in italiano e con l’aggiunta di qualche nota. Il
professore della Normale di Pisa rileva che ogni mito (con le sue varianti)
possiede una pluralità di significati che si aggregano intorno a una funzione
tematica fondamentale. Ma quando un poeta utilizza un mito, o un carattere
mitico, egli opera attraverso una selezione, riorientando la storia nella
direzione del suo testo. Eracle è stato impiegato dai poeti come eroe
civilizzatore, come maschio esuberante nelle faccende sessuali (fino al punto
di diventare lo schiavo di Onfale[3]) ma è anche un un
insaziabile mangiatore[4] e un intemperante
bevitore di vino[5]; una figura
tragica che impazzisce poi ammazza i figli e la moglie[6]; il mitico
progenitore dei re spartani e così via. Lo studioso procede in quella che
chiama enumeratio chaotica, poi chiede: vi sareste aspettato che il
sofista Prodico (come Senofonte riferisce nei suoi Memorabili II. 1. 21
- 34) avrebbe un giorno inventato una favola[7] il cui
protagonista era Eracle, ma questa volta come esempio di saggezza e
autocontrollo, come paradigma di virtù morale?
Prodico
evidentemente ha fatto una scelta tra i vari aspetti di Eracle.
Aggiungo
qualche considerazione
Alessandro
Magno, che si considerava suo discendente[8], recitava tutte
queste parti dell’eroe dorico.
Nelle Argonautiche Eracle
non partecipa all’orgia bacchica e sessuale dell’isola di Lemno, e anzi
richiama i compagni al dovere dell’impresa (I, 855 sgg.), ma poco più tardi (I,
v. 1270 sgg) abbandona la spedizione per cercare il giovane Ila rapito da una
ninfa: “Nell’opera di Apollonio Eracle impersona il codice di comportamento
dell’epica arcaica: gli viene attribuito l’amore pederastico, tipico dell’etica
aristocratica, che lo esclude da questo matrimonio collettivo”[9].
Non manca un
Eracle perfino incestuoso e pedofilo. Nella Storia dell'India Arriano
racconta che l'eroe giunse in quel paese lontano e gli Indiani lo chiamano ghgeneva
(8, 4), figlio della terra. Megastene[10]
e gli stessi Indiani sostengono che il suo costume era simile a quello
dell’Eracle tebano. Quindi gli nacquero molti figli maschi, da molte donne, e
una sola figlia femmina: Pandea.
Eracle liberò
mari e terre da bestie malefiche e nel mare scoprì un nuovo tipo di ornamento
femminile ossia to;n
margarivthn dh; to;n qalavssion (8, 9), la perla marina. L'eroe la
raccolse dall’intero Oceano per adornare sua figlia. Le donne nel regno della
figlia di Eracle si sposano a sette anni. C’è una leggenda per spiegare questo:
Eracle, essendogli la figlia nata tardi, e non trovando un uomo degno di tanto
padre cui darla in sposa, si unì a lei che aveva sette anni ("aujto; n migh'nai
th'/ paidiv eJptaevtei ejouvsh/", 9, 3) lasciando una discendenza
di re indiani.
Possiamo notare pure che il
Dioniso infantile dell’Iliade (Diwvnuso" de; fobhqeiv", 6,
135), o quello ridicolo delle Rane di Aristofane[11], è spaventato e
tremante, mentre quello delle Baccanti di Euripide è sicuro di sé,
impositivo (v. 34), e feroce[12].
Già nell’Odissea del resto
Dioniso viene menzionato come il dio che con le sue accuse spinse Artemide a
uccidere Arianna in Dia, mentre Teseo la portava da Creta al sacro colle di
Atene (11, vv. 324 - 325). Qui anche la figlia di Minosse ha un ruolo diverso
rispetto alla ragazza abbandonata dal perfido seduttore Teseo, quali li
rappresenta Catullo nel carme 64.
Da questi due versi dell’Odissea
sembra che sia stata Arianna ad abbandonare l’amante, probabilmente Dioniso.
Personaggi che assumono ruoli
diversi nelle opere letterarie: Eteocle e Polinice in Eschilo (i Sette a
Tebe) e in Euripide (le Fenicie)
Arriano sostiene che c’è un
Dioniso diverso da quello tebano, figlio di Semele; l’altro, nato da Zeus e da
Core, è venerato dagli Ateniesi. L’inno bacchico dei misteri è cantato per
questo Dioniso ateniese, non per quello tebano: “kai; oJJ [Iakco~ oJ mustiko;~ touvtw/ tw`/
Dionuvsw/, oujci; tw`/ Qhbaivw/ ejpav/detai”[13].
Niente di più lontano del
prescrittivo, monoteistico, talora persino guerrafondaio: “Non avrai altro Dio
all’infuori di me”.
Ha detto bene Massimo Cacciari in
un intervento televisivo: la democrazia è strutturalmente politeistica.
[2] Aristaeus, Orpheus, and the Georgics: Once Again, in Poets And Critics Read Vergil, Yale University Press. , p. 50 ss.
[3] Storia ricordata
nelle Trachinie di Sofocle, dove Eracle è un donnaiolo e il marito
assenteista e infedele della povera Deianira. Nell’Hercules Oetaeus, di
dubbia attribuzione senecana, Deianira descrive il marito come un antico don
Giovanni: egli avrebbe compiuto i suoi agoni acerrimi per conquistare le
ragazze: "virginum thalamos petit" (v. 420), cerca i letti
delle vergini. A volte si accontenta delle mogli degli altri: "nuptas
ruinis quaerit" (v. 422), cerca le spose con i suoi macelli.
Comunque: “causa bellandi est amor” (v. 425), la causa della guerra è
l'amore. L'amore dopo tutto sarà la somma fatica di Ercole: "amorque
summus fiet Alcidae labor" (v. 475).
[4] Nella commedia Lino,
Alessi (380 - 270 a .
C., autore della commedia di mezzo, zio o maestro di Menandro) narra che il
mitico citarista dava lezioni a Eracle e voleva spingerlo a leggere i poeti, ma
lo scolaro, spinto dalla voracità prese dalla biblioteca L’arte di cucinare
di un certo Simo (fr. 140 K. –A.).
[8] Plutarco racconta che è una tradizione cui tutti
prestano fede quella secondo la quale Alessandro discendeva da Eracle
attraverso Carano e Filippo, e da Eaco attraverso Neottolemo e Olimpiade (Vita,
2).
[10] Ambasciatore inviato in India dal
re Seleuco I Nicatore (355 ca. 280
a . C.) presso il re Sandracotto, scrisse Indikà
in quattro libri dei quali ci sono giunti frammenti per via indiretta.
[11] Aristofane nelle Rane rappresenta Dioniso che,
terrorizzato da Empusa, fugge tra le braccia del suo sacerdote (v. 297). Più
avanti viene apostrofato dal servo Xantia in questo modo: w\
deilovtate qew'n su; kajnqrwvpwn (v.
486), oh tu, davvero il più vigliacco degli dèi e degli uomini! Il dio se l'era
voluta, cacandosi addosso dalla paura (v. 479).
[12] Consiglio a questo proposito il
commento di Fulvio Molinari: Euripide, Baccanti, Loffredo, 1998.
[13] Arriano, Anabasi di Alessandro,
2, 16, 3.
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