Van Gogh, Notte stellata con la luna |
La terapia della visione del cielo
Nelle Baccanti di Euripide, Cadmo come vede sua figlia
Agave la quale, fuori di sé, ha fatto a pezzi il proprio figlio Penteo e ne
brandisce la testa credendo di avere ucciso un leone, le suggerisce di guardare
il cielo per prima cosa (v. 1264).
“So Heracles
says on recovering his sanity (Her. 1089 - 1090) devdorc j a{per
me dei`, //aijqevra te kai; gh`n tovxa q j JHlivou tavde”[1],
così Eracle dice nel recuperare la sua sanità (Eracle 1089) vedo le
cose che devo, il cielo e la terra e questi dardi del Sole.
Guardare il
cielo apre gli occhi dell’anima a Bill, il figlio di Willy Loman, il commesso
viaggiatore di Arthur Miller. Il padre, infuriato in seguito a un aspro diverbio,
gli dice: “E allora impiccati! Fammi quest’ultimo dispetto! Impiccati!” e il
giovane risponde: “No, Willy, nessuno s’impicca! Oggi mi sono precipitato per
dodici piani con una penna in mano. E tutt’a un tratto mi sono fermato,
capisci? In mezzo alle scale mi sono fermato e ho visto il cielo. Ho visto le
cose che mi piace fare a questo mondo. Lavorare e mangiare e sdraiarmi, fumare
una sigaretta. E stavo lì con questa penna in mano e mi sono detto: ma che
Cristo l’ho rubata a fare?”[2].
La novella di Pirandello Ciàula scopre la luna [3]racconta
di un uomo miserrimo, trattato peggio di una bestia dai compagni di lavoro poco
meno miseri di lui, il quale, terrorizzato dal buio della notte, trae conforto
e trova la propria umanità sbucando dalla galleria di una miniera di zolfo e
scoprendo la luna: “Estatico, cadde a sedere sul suo carico, davanti alla buca.
Eccola, eccola là, eccola là, la Luna… C’era la Luna! La Luna! E Ciàula si mise
a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande
dolcezza che sentiva, nell’averla scoperta, là, mentr’ella saliva pel cielo, la
Luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei piani, delle valli che
rischiarava, ignara di lui, che pure per lei non aveva più paura, né si sentiva
più stanco, nella notte ora piena del suo stupore”.
Giocasta
nelle Fenicie di Euripide dice a Eteocle che anche gli uomini
politici devono seguire le indicazioni provenienti dall’ordine cosmico che ci
fa vedere l’uguaglianza: "kei'no kavllion, tevknon, - ijsovthta tima'n" (Fenicie, vv. 535 - 536),
quello è più bello, figlio, onorare l'uguaglianza. Infatti essa è legge
cosmica: "nukto;" t j ajfegge;" blevfaron hJlivou te
fw'" - i[son badivzei to;n ejniauvson kuvklon" ( vv. 543 - 544), l'oscura
palpebra della notte e la luce del sole percorrono uguale il ciclo annuo.
Ora se il
sole e la notte si assoggettano a queste misure[4],
domanda la madre, tu non tollererai di avere una parte uguale del palazzo (su; d j oujk
ajnevxh/ dwmavtwn e[cwn i[son, v. 547) e di attribuire l'altra a tuo fratello? E dov'è la giustizia?
Perché tu la tirannide, un'ingiustizia fortunata (tiv th;n
turannivd j, ajdikivan eujdaivmona, v. 549), la onori eccessivamente e pensi che sia un
gran che?
Pensi che
essere guardati sia segno di valore? E' cosa vuota (kenovn, v. 551) di fatto. O vuoi avere
molte pene con molte cose nella casa?
[1] Dodds, Bacchae, Commentary, pp. 229 - 230.
[2] A. Miller, Morte di un commesso viaggiatore, in A. Miller, Teatro,
p. 294.
[3] Ottavo gruppo (Dal naso al cielo) di Novelle per un anno (1925)
[4] Anche Seneca dà il consiglio di seguire la natura, osservando in
particolare l'alternarsi del dì e della notte, per prendere decisioni
equilibrate "cum rerum natura delibera: illa dicet tibi et diem fecisse
et noctem" (Ep. 3, 6), prendi decisioni osservando la natura:
quella ti dirà che ha fatto il giorno e la notte.
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