Il contadino marito dell'Elettra di
Euripide rimasta vergine lascia fare a Elettra la sua parte di fatica. Divide i
compiti: Elettra andrà a prendere l’acqua alle sorgenti non lontane da casa - kai; ga;r ouj provsw - phgai; melavqrwn (77
- 78), lui porterà i buoi sui campi e seminerà i solchi sperw' guva" (79 - guvh" - ou - oJ, , 79J).
Può essere
una forma di compensazione del fatto che non semina la moglie
A questo
proposito è interessante un excursus sulla assimilazione della donna alla terra.
Mircea Eliade nel suo Trattato di storia
delle religioni scrive:"L'assimilazione fra donna e solco arato,
atto generatore e lavoro agricolo, è intuizione arcaica e molto diffusa"
(p. 265). A sostegno di questa affermazione cita diversi testi, tra i quali l'Edipo
re ("pw'" poq j aiJ patrw'/aiv s&
ja[loke" fevrein, tavla", si'g j ejdunavqhsan ej" tosonde;", vv. 1211 - 1213, come mai i solchi paterni - ossia già seminati
dal padre - poterono, infelice, sopportarti fino a tanto silenzio?)
All'inizio
delle Trachinie di Sofocle, la moglie lasciata sola, a
Trachis, in Tessaglia, per quindici mesi lamenta l'assenteismo coniugale di
Eracle il quale, come eroe, è impegnatissimo, ma come marito si comporta alla
pari di un colono che, avendo preso un campo lontano (a[rouran e[ktopon
labwvn, v. 32) va
a vederlo solo un paio di volte all'anno, una quando semina e una quando miete:
"speivrwn movnon prosei'de kajxamw'n[1] a{pax" (v.33).
Per quanto riguarda l'identificazione più precisa della donna con il
solco, Eliade cita il Codice di Manu (IX,33) dove sta
scritto:"La donna può essere considerata come un campo; il maschio come il
seme"; inoltre un proverbio finlandese che fa:"Le ragazze hanno il
campo nel loro corpo". A queste testimonianze possono essere aggiunte
altre, antiche e moderne, per mostrare quanto tale idea sia davvero diffusa
nella mente umana, soprattutto in quella maschile.
Eschilo ne I
sette a Tebe (vv.751 e sgg.) dice, riferendosi a Laio, che egli fece
nascere il destino per sé, Edipo parricida, il quale a sua volta osò seminare
il sacro solco della madre dove fu generato (matro;"
aJgna;n - speivra" a[rouran, iJvn& ejtravfh), e la pazzia unì gli sposi dementi.
Tale assimilazione serve ad alcuni personaggi tragici per svalutare la
figura materna.
Euripide nelle Fenicie (del
410) riprende, fecendo delle varianti, l'argomento della tragedia di Eschilo e
ricorda, attraverso Giocasta, il responso di Febo che prescrisse a Laio:"mh;
spei're tevknwn a[loka daimovnwn biva/" (v. 18),
non seminare il solco dei figli a dispetto degli dèi, e nel suo Oreste
(del 408) il protagonista usa questo tovpo" per attenuare la colpa del
matricidio: dice al nonno materno che il padre lo generò, mentre la
madre non ha fatto che partorirlo: ella è stata solo il campo arato che ha
preso il seme da un altro:"to; sperm& a[roura paralabous&
a[llou pavra" (v. 553).
E' la stessa ragione addotta da Apollo nelle Eumenidi (del
458) di Eschilo per minimizzare il delitto del matricida:"La
cosiddetta madre non è la generatrice del
figlio (tevknou tokeuv")/
ma la nutrice del
feto appena seminato (trofo;" de;
kuvmato" neospovrou)/ il maschio che la monta genera; quella è come un
ospite con un ospite"(658 - 660).
La madre non è indispensabile continua Febo:"ne è qui testimone la
figlia di Zeus Olimpio/la quale non venne nutrita nelle tenebre di un utero,/ma
è come un virgulto che nessuna dea avrebbe potuto partorire"(Eumenidi,
664 - 666). E’ la fantasia contro natura di generare figli senza la donna
In questi tre versi si vede la paura dell'uomo per l'oscurità della donna
che è poi la zona oscura di se stesso, la propria parte femminile.
Tra gli autori latini Lucrezio (94
- 50ca a. C.), forse sotto la scorta di Euripide[2] interpreta la "deum
mater " (II, 659), come la divinizzazione della terra[3]. Questa parentela stretta tra la
femmina umana (o divina) e la terra, è messa in rilievo anche da non pochi
autori moderni. Kierkegaard nel Diario
del seduttore (1843) indica e sottolinea la vicinanza della ragazza alla
natura:" ella è come un fiore, piace dire ai poeti, e perfino erfino quel
che in lei c'è di spirituale ha alcunché di vegetativo"(p.138) .
Su questa linea si trova anche J.
J. Bachofen, l'autore di Das Mutterrecht [4] (1861), che vede nel
matriarcato il prevalere del diritto naturale, e nel patriarcato di quello
positivo, in quanto "la donna è la terra stessa. La donna è il principio
materiale, l'uomo è il principio spirituale...Platone nel Menesseno (238a) dice - non è la
terra a imitare la donna, ma la donna a imitare la terra - ".
Del resto non bisogna dimenticare che, se nel Menesseno Platone
(427 - 347 a. C.) scrive (precisamente): "ouj ga;r gh'
gunai'ka memivmhtai kuhvsei kai; gennhvsei (nella
gravidanza e nel parto), ajlla; gunh; gh'n",
nel Menone il filosofo ateniese afferma che tutta la natura è
imparentata con se stessa (th'" fuvsew" aJpavsh" suggenou'"
ou[sh", 81d) e, dunque, anche l'uomo è stretto parente della
grande madre e della natura in genere.
[2]Cfr. Baccanti, vv.275 - 276:" Dhmhvthr qeav -
gh' d'& ejstivn, o[noma d& oJpovteron bouvlh/ kavlei", la dea Demetra, è la terra, chiamala con il nome che vuoi, e
le Fenicie, vv.685 - 686:"Damavtar qeav, - pavntwn a[nassa,
pantwn de; Ga' trofov"", la dea Demetra, signora di
tutti, la Terra di tutti nutrice.
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