Nelle Nuvole Aristofane
suggerisce che Socrate è foriero di sovversione religiosa e ideologica.
Infatti
al contadino Strepsiade che gli domanda:
"ma Zeus, quello dell'Olimpo, per voi non è
dio?", il filosofo risponde:
"quale Zeus? non vaneggiare! Zeus non
esiste!"( - oujd j e[sti Zeuv" 367).
Il vecchio
però non è ancora così "illuminato", forse ha sentito cantare e ha
preso alla lettera le parole di Alceo :"Fa piovere Zeus[1]",
e domanda: "chi fa piovere allora?"(
- ajlla; tiv" u{ei; 369). Così
offre una facile risposta a Socrate che indicandole dice :"queste senza dubbio" - au|tai dhvpou - .
Infatti,
sillogizza, quando mai si è visto piovere senza le nuvole?
Se fosse
Zeus, farebbe piovere anche a cielo sereno.
A
questo punto Strepsiade crede di vedere la luce e ringrazia il maestro:
" e io che prima credevo davvero che fosse Zeus
a pisciare in un setaccio!"( dia; koskivnou
oujrei'n - 372).
Poi il
vecchio discepolo scopre che sono sempre le nuvole, muovendosi, a produrre i
tuoni rivoltandosi - kulindovmenai (374), come gli spiega Socrate. Cozzano l’una
con l’altra e fanno fracasso a causa della densità - fhmiv - ejmpivptousa"
eij" ajllhvla" patagei'n dia; th;n puknovthta 8383 - 384).
Non molto
diversa è la spiegazione di Lucrezio: Il
tuono tonitrus dipende da un cozzare di nubi - concurrunt
volantes aetheriae nubes (V, 97) spinte dai venti.
Fanno rumore
come un velario steso sui grandi teatri - carbăsus ut quondam magnis intenta
theatris - (109) quando è agitato dal vento.
A volte le
nubi rumoreggiano sfregandosi a vicenda.
A volte la
nuvola viene squarciata dai venti tum perterricrepo sonitu dat scissa
fragorem (129) - perterreo e crepo, strido,
allora squarciata esplode con terribile fragore
A Socrate
resta comunque la forza di fare l'obiezione di fondo dell'uomo religioso:
"
ma chi le costringe a muoversi, non è Zeus?"(379).
Socrate lo contraddice ancora e ricorre a
un'altra divinità che sembra suprema:" no, per niente ma è il vortice d'aria"(h[kist j, ajll
j aijqevrio" di'no" 379).
Qui c’è un
ricordo di Anassagora che considerava il cosmo come il prodotto di un vortice infinitamente forte, tanto da non essere intralciato
dall'infinito.
Platone nel Fedone (97c sgg.) fa dire a Socrate che abbandonò
Anassagora quando si accorse che di fatto era un
naturalista tutto intero: aveva sentito dire che secondo Anassagora è la mente
(nou'") la causa e l'ordinatrice di tutto; ma dovette
ricredersi : in realtà adduceva come causa l'aria, l'etere, l'acqua e molte
altre cose strane. Insomma secondo Socrate, Anassagora si occupava solo di cose
materiali
Il Socrate di Platone, al contrario di quello di Aristofane, dunque dice:
“credevo con gioia –a[smeno" - di avere
trovato un maestro - huJjrhkevnai didavskalon - della causa delle
cose che sono secondo le esigenze del mio intelletto e mi avrebbe chiarito se
la terra è piatta o tonda povteron hj gh' platei'av ejstin h] strogguvlh, poi mi
avrebbe spiegato la causa e la necessità di questo, dicendo perché è meglio per
essa essere così. Poi la causa della centralità della terra, della velocità dei
movimenti del sole e della luna. Doveva spiegarmi qual è il meglio per ciascun
elemento del cielo e quale il bene comune per tutti. Non potevo credere che
Anassagora favskonntav ge ujpo; nou' aujta; kekosmh'sqai, dal momento che diceva che queste
cose sono ordinate da una mente, potesse allegare una causa diversa da questa:
che il meglio per loro è essere così come sono o{ti bevltiston
aujta; ou{tw" e[cein ejsti;n w{sper e[cei (98 a)
Ma mi
allontanai come vidi che l’uomo non impiegava affatto la mente - oJrw' a[ndra tw'/ me;n nw/'
oujde;n crwvmenon e non
gli attribuiva le cause che invece attribuiva all’aria, all’etere, all’acqua e
ad altre cose strane, fuori luogo - ajevra" de; kai; aijqevra"
kai; u{data aijtiwvmenon kai; a[lla polla; kai; a[topa (98b).
La ricerca dello scopo oltre che dalle cause viene indicata come necessaria
anche da Plutarco il quale nella Vita di Pericle (6) racconta
che l’indovino Lampone vide un ariete con un solo corno portato dalle campagne
del capo politico e disse che quell’unico kevra"
ijscuro;n kai; stereovn solido e dritto significava che dei due
capipartito di Atene, Pericle e Tucidide di Melesia, il primo sarebbe rimasto
solo al potere. Allora Anassagora fece rompere il cranio dell’ariete e mostrò
la causa fisica di quella anomalia: il cervello a punta dell’animale.
Plutarco dunque disse che potevano avere ragione tanto lo scienziato quanto
l’indovino kai; to;n fusiko;n ejpitugcavnein kai; to;n mavntin - siccome uno lo scienziato aveva capito la causa - th;n aijtivan - (quella fisica, fisiologicamente), l’altro il fine, lo scopo to;
tevlo". Lo scopo era
dare un segno
Quelli i
quali sostengono che la scoperta della causa - th'"
aijtiva" th;n eu{resin - comporta l’eliminazione del segno
- ajnaivresin ei\nai tou' shmeivou - non si accorgono
che con i segni divini eliminano anche quelli artificiali, ossia fatti dagli
uomini - tra i segni a[ma toi'" qevioi" kai; ta; tecnhta; tw'n
sumbovlwn ajqetou'nte" ,come il suono dei timpani o
le ombre degli orologi solare, prodotti tutti da una causa e pure come segno di
qualche cosa.
Nelle Nuvole invece a Socrate l'eliminazione di una mente
dell'universo va bene; in fondo, se si elimina dio dal cielo:"tutte le
vecchie concezioni e specialmente la vecchia morale cadranno da sé...e nascerà
una vita nuova", come insegna Satana a Ivan Karamazov[2].
Le nuvole, prosegue Socrate, fanno rumore come il tuo ventre quando alle
Panatenee, rimpinzato di zuppa - zwmou' ejmplhsqeiv" (386 lo zwmov" mevla" degli Spartani
- lat ius), rimani sconvolto nelle viscere.
Strepsiade riconosce che la zuppa, il brodetto rimbomba come tuono - w[sper bronth;
to; zwmivdion patagei' (389) prima fa pappavx poi papapappax.
Pensa, gli
dice Socrate, quali scorregge fai - oi|a pevporda" - 392 - da uno stomachino, e non è verosimile
che l’aria infinita tuoni così in grande?
Strepsiade è
convinto, poi vuole sapere del fulmine oJ keraunov" (395) che splende di fuoco e incenerisce,
oppure scotta chi prende.
Il vecchio
ignorante crede sia chiaro che è Zeus a scagliarlo contro gli spergiuri - : “tou'ton ga;r
dh; fanerw'" oJ Zeu;" i{hs j ejpi; tou;" ejpiovrkou" (397)
Socrate gli
dà dello scemo “w\ mw're , antiquato e grullo.
E nomina tre
famigerati spergiuri che non sono mai stati colpiti dal fulmine. Invece i
fulmini colpiscono i templi, anche quello di Zeus, e il Souvnion a[kron
jAqhnevwn,
promontorio di Atene e le grandi querce - kai; ta;" dru'" ta;"
megavla" che pure non
spergiurano.
Strepsiade
gli dà ragione.
Quindi il
contadino domanda che cosa è allora il fulmine. Socrate spiega che il vento
secco - a[nemo" xhrov" (404) entra nelle nuvole e le gonfia come una vescica - w{sper kuvstin
fusa'/ , poi
ne esce impetuoso schiantandole e si incendia da solo - eJauto;n
katakaivwn - 407
rumorosamente
Strepsiade
trova che questo assomigli a quanto gli accadde una volta ojptw'n gastevra - 409
- arrostendo
una trippa che aveva dimenticato di bucare: anche questa si gonfiò e scoppiò
schizzandogli merda negli occhi e scottandogli la faccia.
Il coro
delle Nuvole proclama eujdaivmwn Strepside purché abbia memoria e riflessione e sia
resistente alle fatiche, al freddo, alla fame e consideri bene supremo nika'n pravttwn
kai; bouleuvwn kai; th'/ glwvtth/ polemivzwn (419) vincere, agendo e dando
consigli e con la lingua polemizzando.
Strepsiade
risponde che l’allenamento a una vita dura e parca non gli manca.
Quindi Socrate gli ordina di non credere più ad alcun dio tranne "tranne i
nostri: il Caos e le Nuvole e la lingua. Solo questa trinità"(424).
Nessun commento:
Posta un commento