Il 10
settembre alle 21 presenterò il libro Sezione Bordiga in
piazza Verdi a Bologna con l’autore Chili e Otello Ciavatti.
Pubblico la
mia presentazione per chi fosse interessato ma non potesse venire a sentirci.
E. T.
Chili. Sezione Bordiga [1] ,
Pendragon 2019
Due voci
narranti: uno è il barista del Circolo ottobre in San Donato a Bologna. Un uomo
di 56 anni, Atos Campagnoli, che all’inizio è stato convocato dal commissario
del posto di polizia del Pratello.
Bologna con
i suoi quartieri e le sue strade è uno dei personaggi non secondari del
romanzo, magari la tritagonista.
Il
circolo si trova in via Giacinta Pezzana, laterale di via del Lavoro.
Il
poliziotto inquisisce il barista che prima faceva il fresatore. specializzato.
Gli chiede cosa sa di Bruno Wolf, detto Giando, un ragazzo alto e magro, un po’
imbranato. Il poliziotto qualifica Campagnoli come rompicoglioni e comunista come
tutti quelli del circolo. Chiede del ragazzo. Era andato al circolo cercando
del dottor Degli Esposti.
Campagnoli
rilancia ironicamente l’epiteto comunista: venga a sentirci quando cantiamo
l’internazionale. Il venerdì anzi mangiamo anche un bambino. Di venerdì siccome
siamo anticlericali.
Poi il
questore chiama commissario che se ne va.
Campagnoli
percorre via del Pratello, quindi via Ugo Bassi, poi gira a destra verso piazza
Maggiore. E’ già buio. I fancazzisti sono al bar da Zanarini, gli intellettuali
all’osteria del Sole, e le
mignotte mangiano presto, prima del servizio, come i camerieri.
La
piazza è bella, vuota e maestosa. Anche uno di Molinella come me può apprezzare
un silenzio tanto bello. San Petronio è lì, incompiuta e mai goduta, come tutti
noi.
Poi via
Mascarella con tutte quelle osterie piene di studenti
Gli corre
incontro Skiamazzo impaurito e gli dice che anche al circolo è andata la
polizia. Arrivano sul ponte di Stalingrado. Rumore di treni.
Scendono per
la scaletta che porta in via Zago.
Skiamazzo,
un giovane tifoso del Bologna racconta che i poliziotti hanno fatto una
perquisizione senza trovare niente del resto.
I poliziotti
tornano al circolo.
Sequestrano
a Rocco Marocco un biglietto scritto in arabo con la lista della spesa. Bonaga
spiega che è marocchino e un buon ragazzo, anche se un po’ busone. Omicron,
eroe partigiano, medaglia d’oro della Resistenza per la battaglia a porta Lame,
si incazza e i poliziotti si calmano.
Quelli del
circolo danno risposte confuse per disorientare i celerini.
Confondere complicare
e imbrogliare
Nei Cavalieri
(424 a. C) di Aristofane Cleone - Paflagone viene chiamato con
l’epiteto cpmico “borborotavraxi” (v.
307), il mescola - fango; egli si
comporta come i pescatori di anguille, i quali le acchiappano, solo se mettono
sottosopra il fango: “kai; su; lambavnei", h]n th;n povlin
taravtth/" (v. 867),
anche tu arraffi, se scompigli la città, gli fa il salsicciaio.
Nelle Anime morte di Gogol’ (1842) un farabutto
suggerisce di confondere le idee per rendere impossibile il compito di fare
giustizia: “Confondere, confondere: e nient’altro…introdurre nel caso nuovi
elementi estranei, che coinvolgano altri, complicare e nient’altro. E che si
raccapezzi pure il funzionario pietroburghese incaricato. Che si raccapezzi (…)
Mi creda, appena la situazione diventa critica, la prima cosa è confondere. Si
può confondere, aggrovigliare tutto così bene che nessuno ci capirà nulla” (p.
375).
I poliziotti rinunciano e se ne vanno dando dei pazzi agli inquisiti.
Il professore “era contento come una Pasqua: anche Amleto, ha detto, si era
finto pazzo per non essere arrestato” p. 17.
Amleto come Bruto Maggiore è il finto sciocco, l’ossimoro vivente.
Il circolo non è una sezione del partito e neppure una Casa del popolo ma
quello che rimane della sezione bordighista del Trebbo di Reno, a metà tra
l’ultima trincea degli irriducibili e un dopolavoro.
Comincia il corsivo 5 luglio (1880). E’ il diario del
ragazzo.
Mi chiamo Giando e non me ne frega un cazzo quasi di
niente.
Vorrebbe sapere del padre Arno che non vede da sei
mesi.
Suo padre abitava a Bologna in una bella villa fuori
San Mamolo.
Era ricco e non faceva politica. I suoi amici non
piacevano alla nonna. Dovevano essere comunisti. Il ragazzo d’estate vive a
Bologna con la mamma. Gli piace il rumore dei treni poiché gli ricordano i
suoni della DDR che sono sempre forti e severi e ti richiamano a essere un
uomo. Poi va al Perla, il cinema dei preti che fa prezzi popolari. Nella DDR
non gliene frega niente a nessuno del cinema.
A Bologna invece hanno la passione e riempiono la
piazza.
La zona dell’Università, oltre il ponte San Donato,
d’estate è deserta, ma fino a due settimane fa era piena di ragazzi e ragazze
“belli, colorati e simpatici” (variopinti).
Fra un paio di anni ci sarò anche io a fare un
cazzo dalla mattina alla sera. Arrivo al teatro Comunale, poi giro a sinistra
in via Petroni dove i bar fanno ottimi capuccini. Giando ha una lettera che il
padre gli ha dato da portare a Degli Esposti. Deve essere segreta. Il padre da
quasi sei mesi non si fa vivo. Non sono molto prepccupato per lui che è un
pezzo grosso del partito e nessuno può fargli del male. Forse è in mezzo a una
missione segreta. Degli Esposti ha sempre intorno qualche donna che vorrebbe
fidanzarsi con lui. Gli pare un gran figo e vorrebbe essere come lui. Va a
cercarlo in via Bellacosta, all’inizio della collina. Degli Esposti è bello e
pure ricco o meglio benestante. Ha una tipografia. Mobili belli e antichi.
Chiede della nonna che arriva in una sedia a rotelle. Se la prende con la nuora
e con la serva ma vuole bene al ragazzo. Non prende la lettera perché teme la
trovino quelle due.
La serva si offre di prenderla e consegnarla lei ma il
ragazzo non gliela dà. Non la dà nemmeno a sua madre anzi, pensa dove
nasconderla bene 27.
7 luglio, lunedì, 37
Giando corteggia una ragazza, Martina. Vanno a San Michele in Bosco. Lei ricorda il marzo del ’77. L’università
occupata, manifestazioni, cortei. Anche un morto ucciso dalla
polizia 42). Anche radio libere. Studenti che protestavano contro la riforma
universitaria. E per la mensa universitaria dove non si mangiava gratis anche
se non si mangiava male poiché a Bologna è impossibile mangiare male. Siamo
giovani e la vita ce la inventiamo tutti i giorni. “Il mondo non è solo vostro
“maledetti barbogi del partito comunista e del sindacato” (43).
Io ricordo “Scemi, scemi!”.
Il partito mandò in piazza gli operai del gas coi tubi
di ferro per far stare buoni gli studenti, e il governo mandò in piazza i carri armati”
Allora comunque si viveva. E io a casa, dice ancora
Martina ricordando tre anni dopo. Siamo nel 1980
dunque.
Giando dice che sta a Dresda DDR dove è peggio
Tornano verso casa e Martina ricorda il riflusso: la creatività battuta da culo
di pietra 3 a zero. Finito lo stare insieme, lottare per le stesse cose. Poi è
entrata in circolazione la droga: c’è chi si è fumato il cervello e anche la
dote della sorella. Ognuno perso a modo suo. Soggettivamente.
Il ragazzo dice che deve consegnare una lettera
a degli Esposti, poi però si morde la lingua.
I due sono seguiti: uno alto e grosso, l’altro biondo.
Riescono a schivarli nascondendosi in un treno. Giando pensa che un movimento come quello del ’77 non sarebbe stato
possibile nella DDR “Anche noi vogliamo tutti la stessa cosa, il
socialismo. Forse siamo meno contenti poiché ce l’abbiamo già. Loro invece lo
sognavano e a sognarle le cose sembrano migliori. Fare casino tutti insieme, cantare
forte sotto questi portici sarà stato bello però. Nelle nostre strade larghe 24
metri si gira meglio ma non sarebbe stata la stessa cosa. Poi si scopava, ha
detto Martina. Quando sono contente, quando hanno un pensiero grande da vivere
insieme, le ragazze la danno via più volentieri. Non fanno tante distinzioni. E
ci mettono più entusiasmo (p. 55)
Non corsivo
Bonaga non è
il vero Bonaga: quello è un filosofo famoso, che scrive dei libri, va sul
giornale e con le donne non lo ferma nessuno.
Questo pseudo Bonaga è Adelmo Massironi di Granarolo e ha preso il diploma al Pacinotti.
Però poi non ha fatto il geometra ma si è laureato con Matteuzzi. Ora insegna
filosofia a scienze politiche. Un mare di gnocca dice lui. E’ quello che ha più
in comune con il vero Bonaga: per la passione e per i risultati. E anche per il dono della parola che quando
vuole diventa storia e magia (57).
Massironi fa
il bagno anche in un altro acquario. Quello dove nuota un pezzo di Bologna,
anzi due pezzi: gli intellettuali con la pipa e la giacca di tweed, e quelli
della Bologna che conta: Saragozza, D’Azeglio, Castiglione, Santo Stefano. O
forse, più che altro, le loro signore.
Arno Wolf,
il padre di Giando, ha fatto carriera nella Stasi.
Il
compromesso storico non era piaciuto oltre cortina. Nella DDR poi dove sono tedeschi e non hanno un cazzo di fantasia,
quando c’è da esagerare esagerano meglio di tutti (58).
La Montagna incantata di T. Mann
Claudia Chauchat: “Parlo di suo cugino, ma è vero voi tedeschi siete un
poco borghesi. Amate l’ordine più
della libertà, lo sa tutta l’Europa”
Hans: “Cosa significa amare? La
libertà, come la chiama l’Europa, è più pedante e borghese del nostro ordine.”
Cfr. i Germani di Tacito e il loro dissennato mantenere la parola
data: Tacito segnala
la perversione della fides tra i Germani i quali, dopo avere
perso tutto ai dadi (alea), con un ultimo lancio mettono in gioco la
libertà personale, quindi, se perdono, mantengono la parola data e subiscono la
schiavitù. Ebbene in questo caso ciò che loro chiamano fides è una forma di ostinazione in un vizio riprovevole: “ea est in re prava pervicacia” (Germania, 24).
Nel ’47 dopo
l’amnistia di Togliatti, i partigiani non erano più ufficialmente in pericolo
ma ogni tanto qualcuno spariva. Togliatti aveva dovuto passare a Tito una lista
di compagni che erano andati là.
Arno, forse
con quella lista, finì nella DDR e non si mosse più. 63
Corsivo
Alla mamma
piacciono gli intellettuali. Andava pazza per Umberto Eco con il quale e con
altri 20 o 30 aveva pure mangiato una pizza da Garganelli.
Arno aveva
finito il Galvani una settimana prima di andare in montagna.
Al figlio
diceva che nelle riunioni politiche si parla per ore quando si potrebbe
decidere in dieci minuti. “Se fossero stati in montagna coi tedeschi dietro al
culo avrebbero imparato l’arte della sintesi” (78).
Cettina - quella
della libreria di piazza Aldrovandi - dice che la rivoluzione la fanno quelli
che si sporcano le mani mettendole nella merda “quella dei democristiani e di
quei figli di puttana dei socialisti”
“Per fortuna
nella DDR la rivoluzione c’è già stata”, replica Giando
E Cettina:
Voi lassù, ci siete dentro la merda”. Poi confessa di essere iscritta al
partito. Arno vuole bene a Degli Esposti non proprio come al padre ma più o
meno come alla mamma.
Non corsivo
A Roma di
Zangheri quell’intellettuale un po’ fighetto, si fidavano fino a un certo
punto. A metà luglio a Bologna non si respira.
Arriva un
russo che vuole parlare con il compagno segretario. Uno dell’associazione
Italia URSS, compagnoni sempre mezzi sbronzi, scemi come capre. Il Pcus mandava
i più pirla o i raccomandati a farsi qualche anno di bella vita a Bologna.
Voronin
incontra il segretario
Il
professore che ha insegnato filosofia al Minghetti non sopporta i Russi. E’ un
vecchio bordighista che dovrebbe avere fiducia negli ultimi paladini della
rivoluzione bolscevica. Invece no. Gli stanno sui maroni come i revisionisti
del PCI, anzi forse di più. Ha insegnato filosofia per 40 anni e ha imbonito 8
generazioni. E’ l’ultimo dei bordighisti e gli vogliamo bene tutti, ce lo
teniamo come il pezzo raro di una collezione (87)
Negli anni Quaranta Stalin era di moda, il Piccolo Padre che l’aveva
messo nel culo ai nazi e avrebbe portato la rivoluzione socialista nel mondo
Invece nel ’56 col XX congresso del Pcus Stalin passò di moda.
Nei tempi
recenti Berlinguer non ne perdonava più una ai Russi. I Russi comunque
credevano di tenerci in vita e quindi di poterci chiedere qualsiasi cosa: dal
numero di scarpe del prefetto alle
fidanzate dell’onorevole Marabini che del resto era un marito e padre esemplare,
ai libri che Dossetti leggeva a Monte Sole (91)
Segue una
rissa con degli energumeni russi e vari ferimenti 100
CO NTINUA
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[1] Amadeo Bordiga (Ercolano, 13 giugno 1889 – Formia, 23 luglio 1970) è stato un politico, giornalista e rivoluzionario italiano,
famoso soprattutto per i suoi contributi alle posizioni ideologiche della Sinistra comunista. Portatore di una visione
del comunismo di
trazione marxista pura
da contaminazioni totalitarie di stampo stalinista e
critico verso molte posizioni bolsceviche,
ebbe anche da ridire sulla filosofia del materialismo dialettico. Bordiga fu a capo
della principale corrente (quella degli astensionisti del PSI) che portò alla fondazione del Partito Comunista
d'Italia dopo la scissione avvenuta al Congresso di Livorno del
PSI nel 1921.
Da militante rivoluzionario, lottò apertamente contro l'egemonia stalinista nella Terza
Internazionale e "contro le degenerazioni del movimento
rivoluzionario mondiale".
[2] La Torre. Nel 1972 venne eletto deputato alla
Camera nel collegio Sicilia occidentale, e subito in Parlamento si
occupò di agricoltura. Propose una legge che introduceva
il reato di associazione mafiosa (Art. 416 Bis
C.P., cosiddetta Legge Rognoni - La Torre) e una norma che
prevedeva la confisca dei beni ai mafiosi. Rieletto alla Camera nel 1976, fu
componente della Commissione Parlamentare Antimafia fino
alla conclusione dei suoi lavori nel 1976; nello stesso anno fu
tra i redattori della relazione di minoranza della Commissione antimafia, che
accusava duramente Giovanni Gioia, Vito
Ciancimino, Salvo Lima e altri uomini politici di
avere rapporti con la mafia. Riconfermato alla Camera nel 1979, fu componente
della commissione Difesa. Nel 1981 chiese ai vertici del PCI di riassumere la carica di
segretario regionale del partito in Sicilia. Svolse la sua maggiore battaglia
contro la costruzione della base missilistica NATO a Comiso che,
secondo La Torre, rappresentava una minaccia per la pace nel Mar
Mediterraneo e per la stessa Sicilia; per questo raccolse un
milione di firme in calce ad una petizione al Governo.
Ma le sue iniziative erano rivolte anche alla lotta contro la speculazione edilizia. L'assassinio. Alle 9:20 del 30
aprile 1982,
con una Fiat 131 guidata
da Rosario Di Salvo, Pio La Torre stava
raggiungendo la sede del partito. Quando la macchina si trovava in una
strada stretta, una moto di grossa cilindrata obbligò Di Salvo, che guidava, ad
uno stop, immediatamente seguito da raffiche di proiettili. Da un'auto scesero
altri killer a completare il duplice omicidio. Pio La Torre morì
all'istante mentre Di Salvo ebbe il tempo per estrarre una pistola e sparare
alcuni colpi, prima di soccombere. Al funerale presero parte centomila persone
tra cui Enrico Berlinguer, il quale fece un discorso. È
stato sepolto nel Cimitero dei Cappuccini di
Palermo. Poco dopo, l'omicidio fu rivendicato dai Gruppi proletari
organizzati. Il delitto venne però indicato dai pentiti Tommaso
Buscetta, Francesco Marino Mannoia, Gaspare
Mutolo e Pino Marchese come
delitto di mafia: La Torre venne ucciso perché aveva proposto il disegno di
legge che prevedeva per la prima volta il reato di "associazione mafiosa" e la confisca
dei patrimoni mafiosi. Furono condannati all'ergastolo come esecutori dei due
omicidi Giuseppe Lucchese, Nino Madonia,
Salvatore Cucuzza e Giuseppe Greco. Dopo nove anni di
indagini, nel 1995 vennero
condannati all'ergastolo i mandanti dell'omicidio La Torre: i boss mafiosi Salvatore
Riina, Michele Greco, Bernardo
Brusca, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Francesco
Madonia e Nenè Geraci.
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