NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

LE NUOVE DATE! Protagonisti della Storia Antica | Biblioteche Bologna   -  Tutte le date link per partecipare da casa:    meet.google.com/yj...

giovedì 5 settembre 2019

Presentazione del libro "Sezione Bordiga" di E. T. Chili. PRIMA PARTE


PER VISUALIZZARE IL GRECO SCARICA IL FONT HELLENIKA QUI GREEK QUI

Il 10 settembre alle 21 presenterò il libro Sezione Bordiga in piazza Verdi a Bologna con l’autore Chili e Otello Ciavatti.

Pubblico la mia presentazione per chi fosse interessato ma non potesse venire a sentirci.  

E. T. Chili. Sezione Bordiga [1] , Pendragon 2019

Due voci narranti: uno è il barista del Circolo ottobre in San Donato a Bologna. Un uomo di 56 anni, Atos Campagnoli, che all’inizio è stato convocato dal commissario del posto di polizia del Pratello.
Bologna con i suoi quartieri e le sue strade è uno dei personaggi non secondari del romanzo, magari la tritagonista.
 Il circolo si trova in via Giacinta Pezzana, laterale di via del Lavoro.
Il poliziotto inquisisce il barista che prima faceva il fresatore. specializzato. Gli chiede cosa sa di Bruno Wolf, detto Giando, un ragazzo alto e magro, un po’ imbranato. Il poliziotto qualifica Campagnoli come rompicoglioni e comunista come tutti quelli del circolo. Chiede del ragazzo. Era andato al circolo cercando del dottor Degli Esposti.
Campagnoli rilancia ironicamente l’epiteto comunista: venga a sentirci quando cantiamo l’internazionale. Il venerdì anzi mangiamo anche un bambino. Di venerdì siccome siamo anticlericali.
Poi il questore chiama commissario che se ne va.
Campagnoli percorre via del Pratello, quindi via Ugo Bassi, poi gira a destra verso piazza Maggiore. E’ già buio. I fancazzisti sono al bar da Zanarini, gli intellettuali all’osteria del Sole, e le mignotte mangiano presto, prima del servizio, come i camerieri.
 La piazza è bella, vuota e maestosa. Anche uno di Molinella come me può apprezzare un silenzio tanto bello. San Petronio è lì, incompiuta e mai goduta, come tutti noi.
Poi via Mascarella con tutte quelle osterie piene di studenti
Gli corre incontro Skiamazzo impaurito e gli dice che anche al circolo è andata la polizia. Arrivano sul ponte di Stalingrado. Rumore di treni.
Scendono per la scaletta che porta in via Zago.
Skiamazzo, un giovane tifoso del Bologna racconta che i poliziotti hanno fatto una perquisizione senza trovare niente del resto.
I poliziotti tornano al circolo.
Sequestrano a Rocco Marocco un biglietto scritto in arabo con la lista della spesa. Bonaga spiega che è marocchino e un buon ragazzo, anche se un po’ busone. Omicron, eroe partigiano, medaglia d’oro della Resistenza per la battaglia a porta Lame, si incazza e i poliziotti si calmano.
Quelli del circolo danno risposte confuse per disorientare i celerini.

Confondere complicare e imbrogliare
Nei Cavalieri (424 a. C) di Aristofane Cleone - Paflagone viene chiamato con l’epiteto cpmico “borborotavraxi” (v. 307), il mescola - fango; egli si comporta come i pescatori di anguille, i quali le acchiappano, solo se mettono sottosopra il fango: “kai; su; lambavnei", h]n th;n povlin taravtth/" (v. 867), anche tu arraffi, se scompigli la città, gli fa il salsicciaio.

 Nelle Anime morte di Gogol’ (1842) un farabutto suggerisce di confondere le idee per rendere impossibile il compito di fare giustizia: “Confondere, confondere: e nient’altro…introdurre nel caso nuovi elementi estranei, che coinvolgano altri, complicare e nient’altro. E che si raccapezzi pure il funzionario pietroburghese incaricato. Che si raccapezzi (…) Mi creda, appena la situazione diventa critica, la prima cosa è confondere. Si può confondere, aggrovigliare tutto così bene che nessuno ci capirà nulla” (p. 375).

I poliziotti rinunciano e se ne vanno dando dei pazzi agli inquisiti.
Il professore “era contento come una Pasqua: anche Amleto, ha detto, si era finto pazzo per non essere arrestato” p. 17.

Amleto come Bruto Maggiore è il finto sciocco, l’ossimoro vivente.

Il circolo non è una sezione del partito e neppure una Casa del popolo ma quello che rimane della sezione bordighista del Trebbo di Reno, a metà tra l’ultima trincea degli irriducibili e un dopolavoro.

Comincia il corsivo 5 luglio (1880). E’ il diario del ragazzo.
Mi chiamo Giando e non me ne frega un cazzo quasi di niente.
Vorrebbe sapere del padre Arno che non vede da sei mesi.
Suo padre abitava a Bologna in una bella villa fuori San Mamolo.
Era ricco e non faceva politica. I suoi amici non piacevano alla nonna. Dovevano essere comunisti. Il ragazzo d’estate vive a Bologna con la mamma. Gli piace il rumore dei treni poiché gli ricordano i suoni della DDR che sono sempre forti e severi e ti richiamano a essere un uomo. Poi va al Perla, il cinema dei preti che fa prezzi popolari. Nella DDR non gliene frega niente a nessuno del cinema.
A Bologna invece hanno la passione e riempiono la piazza.
La zona dell’Università, oltre il ponte San Donato, d’estate è deserta, ma fino a due settimane fa era piena di ragazzi e ragazze “belli, colorati e simpatici” (variopinti).
 Fra un paio di anni ci sarò anche io a fare un cazzo dalla mattina alla sera. Arrivo al teatro Comunale, poi giro a sinistra in via Petroni dove i bar fanno ottimi capuccini. Giando ha una lettera che il padre gli ha dato da portare a Degli Esposti. Deve essere segreta. Il padre da quasi sei mesi non si fa vivo. Non sono molto prepccupato per lui che è un pezzo grosso del partito e nessuno può fargli del male. Forse è in mezzo a una missione segreta. Degli Esposti ha sempre intorno qualche donna che vorrebbe fidanzarsi con lui. Gli pare un gran figo e vorrebbe essere come lui. Va a cercarlo in via Bellacosta, all’inizio della collina. Degli Esposti è bello e pure ricco o meglio benestante. Ha una tipografia. Mobili belli e antichi. Chiede della nonna che arriva in una sedia a rotelle. Se la prende con la nuora e con la serva ma vuole bene al ragazzo. Non prende la lettera perché teme la trovino quelle due.
La serva si offre di prenderla e consegnarla lei ma il ragazzo non gliela dà. Non la dà nemmeno a sua madre anzi, pensa dove nasconderla bene 27.

7 luglio, lunedì, 37
Giando corteggia una ragazza, Martina. Vanno a San Michele in Bosco. Lei ricorda il marzo del ’77. L’università occupata, manifestazioni, cortei. Anche un morto ucciso dalla polizia 42). Anche radio libere. Studenti che protestavano contro la riforma universitaria. E per la mensa universitaria dove non si mangiava gratis anche se non si mangiava male poiché a Bologna è impossibile mangiare male. Siamo giovani e la vita ce la inventiamo tutti i giorni. “Il mondo non è solo vostro “maledetti barbogi del partito comunista e del sindacato” (43).
Io ricordo “Scemi, scemi!”.
Il partito mandò in piazza gli operai del gas coi tubi di ferro per far stare buoni gli studenti, e il governo mandò in piazza i carri armati
Allora comunque si viveva. E io a casa, dice ancora Martina ricordando tre anni dopo. Siamo nel 1980 dunque.
Giando dice che sta a Dresda DDR dove è peggio
Tornano verso casa e Martina ricorda il riflusso: la creatività battuta da culo di pietra 3 a zero. Finito lo stare insieme, lottare per le stesse cose. Poi è entrata in circolazione la droga: c’è chi si è fumato il cervello e anche la dote della sorella. Ognuno perso a modo suo. Soggettivamente.
 Il ragazzo dice che deve consegnare una lettera a degli Esposti, poi però si morde la lingua.
I due sono seguiti: uno alto e grosso, l’altro biondo. Riescono a schivarli nascondendosi in un treno. Giando pensa che un movimento come quello del ’77 non sarebbe stato possibile nella DDR “Anche noi vogliamo tutti la stessa cosa, il socialismo. Forse siamo meno contenti poiché ce l’abbiamo già. Loro invece lo sognavano e a sognarle le cose sembrano migliori. Fare casino tutti insieme, cantare forte sotto questi portici sarà stato bello però. Nelle nostre strade larghe 24 metri si gira meglio ma non sarebbe stata la stessa cosa. Poi si scopava, ha detto Martina. Quando sono contente, quando hanno un pensiero grande da vivere insieme, le ragazze la danno via più volentieri. Non fanno tante distinzioni. E ci mettono più entusiasmo (p. 55)

Non corsivo
Bonaga non è il vero Bonaga: quello è un filosofo famoso, che scrive dei libri, va sul giornale e con le donne non lo ferma nessuno.
Questo pseudo Bonaga è Adelmo Massironi di Granarolo e ha preso il diploma al Pacinotti. Però poi non ha fatto il geometra ma si è laureato con Matteuzzi. Ora insegna filosofia a scienze politiche. Un mare di gnocca dice lui. E’ quello che ha più in comune con il vero Bonaga: per la passione e per i risultati. E anche per il dono della parola che quando vuole diventa storia e magia (57).
Massironi fa il bagno anche in un altro acquario. Quello dove nuota un pezzo di Bologna, anzi due pezzi: gli intellettuali con la pipa e la giacca di tweed, e quelli della Bologna che conta: Saragozza, D’Azeglio, Castiglione, Santo Stefano. O forse, più che altro, le loro signore.
Arno Wolf, il padre di Giando, ha fatto carriera nella Stasi.
Il compromesso storico non era piaciuto oltre cortina. Nella DDR poi dove sono tedeschi e non hanno un cazzo di fantasia, quando c’è da esagerare esagerano meglio di tutti (58).

La Montagna incantata di T. Mann
Claudia Chauchat: “Parlo di suo cugino, ma è vero voi tedeschi siete un poco borghesi. Amate l’ordine più della libertà, lo sa tutta l’Europa”
Hans: “Cosa significa amare? La libertà, come la chiama l’Europa, è più pedante e borghese del nostro ordine.”
Cfr. i Germani di Tacito e il loro dissennato mantenere la parola data: Tacito segnala la perversione della fides tra i Germani i quali, dopo avere perso tutto ai dadi (alea), con un ultimo lancio mettono in gioco la libertà personale, quindi, se perdono, mantengono la parola data e subiscono la schiavitù. Ebbene in questo caso ciò che loro chiamano fides è una forma di ostinazione in un vizio riprovevole: “ea est in re prava pervicacia” (Germania, 24).

Nel ’47 dopo l’amnistia di Togliatti, i partigiani non erano più ufficialmente in pericolo ma ogni tanto qualcuno spariva. Togliatti aveva dovuto passare a Tito una lista di compagni che erano andati là.
Arno, forse con quella lista, finì nella DDR e non si mosse più. 63

Corsivo
Alla mamma piacciono gli intellettuali. Andava pazza per Umberto Eco con il quale e con altri 20 o 30 aveva pure mangiato una pizza da Garganelli.
Arno aveva finito il Galvani una settimana prima di andare in montagna.
Al figlio diceva che nelle riunioni politiche si parla per ore quando si potrebbe decidere in dieci minuti. “Se fossero stati in montagna coi tedeschi dietro al culo avrebbero imparato l’arte della sintesi” (78).
Cettina - quella della libreria di piazza Aldrovandi - dice che la rivoluzione la fanno quelli che si sporcano le mani mettendole nella merda “quella dei democristiani e di quei figli di puttana dei socialisti”
“Per fortuna nella DDR la rivoluzione c’è già stata”, replica Giando
E Cettina: Voi lassù, ci siete dentro la merda”. Poi confessa di essere iscritta al partito. Arno vuole bene a Degli Esposti non proprio come al padre ma più o meno come alla mamma.

Non corsivo
A Roma di Zangheri quell’intellettuale un po’ fighetto, si fidavano fino a un certo punto. A metà luglio a Bologna non si respira.
Arriva un russo che vuole parlare con il compagno segretario. Uno dell’associazione Italia URSS, compagnoni sempre mezzi sbronzi, scemi come capre. Il Pcus mandava i più pirla o i raccomandati a farsi qualche anno di bella vita a Bologna.
Voronin incontra il segretario
Il professore che ha insegnato filosofia al Minghetti non sopporta i Russi. E’ un vecchio bordighista che dovrebbe avere fiducia negli ultimi paladini della rivoluzione bolscevica. Invece no. Gli stanno sui maroni come i revisionisti del PCI, anzi forse di più. Ha insegnato filosofia per 40 anni e ha imbonito 8 generazioni. E’ l’ultimo dei bordighisti e gli vogliamo bene tutti, ce lo teniamo come il pezzo raro di una collezione (87)
Negli anni Quaranta Stalin era di moda, il Piccolo Padre che l’aveva messo nel culo ai nazi e avrebbe portato la rivoluzione socialista nel mondo
Invece nel ’56 col XX congresso del Pcus Stalin passò di moda.
Nei tempi recenti Berlinguer non ne perdonava più una ai Russi. I Russi comunque credevano di tenerci in vita e quindi di poterci chiedere qualsiasi cosa: dal numero di scarpe del prefetto alle fidanzate dell’onorevole Marabini che del resto era un marito e padre esemplare, ai libri che Dossetti leggeva a Monte Sole (91)
Segue una rissa con degli energumeni russi e vari ferimenti 100


CO NTINUA

------------------------
[1] Amadeo Bordiga (Ercolano13 giugno 1889 – Formia23 luglio 1970) è stato un politicogiornalista e rivoluzionario italiano, famoso soprattutto per i suoi contributi alle posizioni ideologiche della Sinistra comunista. Portatore di una visione del comunismo di trazione marxista pura da contaminazioni totalitarie di stampo stalinista e critico verso molte posizioni bolsceviche, ebbe anche da ridire sulla filosofia del materialismo dialettico. Bordiga fu a capo della principale corrente (quella degli astensionisti del PSI) che portò alla fondazione del Partito Comunista d'Italia dopo la scissione avvenuta al Congresso di Livorno del PSI nel 1921. Da militante rivoluzionario, lottò apertamente contro l'egemonia stalinista nella Terza Internazionale e "contro le degenerazioni del movimento rivoluzionario mondiale".
[2] La Torre. Nel 1972 venne eletto deputato alla Camera nel collegio Sicilia occidentale, e subito in Parlamento si occupò di agricoltura. Propose una legge che introduceva il reato di associazione mafiosa (Art. 416 Bis C.P., cosiddetta Legge Rognoni - La Torre) e una norma che prevedeva la confisca dei beni ai mafiosi. Rieletto alla Camera nel 1976, fu componente della Commissione Parlamentare Antimafia fino alla conclusione dei suoi lavori nel 1976; nello stesso anno fu tra i redattori della relazione di minoranza della Commissione antimafia, che accusava duramente Giovanni GioiaVito CianciminoSalvo Lima e altri uomini politici di avere rapporti con la mafia. Riconfermato alla Camera nel 1979, fu componente della commissione Difesa. Nel 1981 chiese ai vertici del PCI di riassumere la carica di segretario regionale del partito in Sicilia. Svolse la sua maggiore battaglia contro la costruzione della base missilistica NATO a Comiso che, secondo La Torre, rappresentava una minaccia per la pace nel Mar Mediterraneo e per la stessa Sicilia; per questo raccolse un milione di firme in calce ad una petizione al Governo. Ma le sue iniziative erano rivolte anche alla lotta contro la speculazione edilizia. L'assassinio. Alle 9:20 del 30 aprile 1982, con una Fiat 131 guidata da Rosario Di Salvo, Pio La Torre stava raggiungendo la sede del partito. Quando la macchina si trovava in una strada stretta, una moto di grossa cilindrata obbligò Di Salvo, che guidava, ad uno stop, immediatamente seguito da raffiche di proiettili. Da un'auto scesero altri killer a completare il duplice omicidio. Pio La Torre morì all'istante mentre Di Salvo ebbe il tempo per estrarre una pistola e sparare alcuni colpi, prima di soccombere. Al funerale presero parte centomila persone tra cui Enrico Berlinguer, il quale fece un discorso. È stato sepolto nel Cimitero dei Cappuccini di Palermo. Poco dopo, l'omicidio fu rivendicato dai Gruppi proletari organizzati. Il delitto venne però indicato dai pentiti Tommaso BuscettaFrancesco Marino MannoiaGaspare Mutolo e Pino Marchese come delitto di mafia: La Torre venne ucciso perché aveva proposto il disegno di legge che prevedeva per la prima volta il reato di "associazione mafiosa" e la confisca dei patrimoni mafiosi. Furono condannati all'ergastolo come esecutori dei due omicidi Giuseppe LuccheseNino Madonia, Salvatore Cucuzza e Giuseppe Greco. Dopo nove anni di indagini, nel 1995 vennero condannati all'ergastolo i mandanti dell'omicidio La Torre: i boss mafiosi Salvatore RiinaMichele GrecoBernardo BruscaBernardo ProvenzanoGiuseppe CalòFrancesco Madonia e Nenè Geraci.

Nessun commento:

Posta un commento