Cadmo |
Cadmo
nelle Baccanti di Euripide e in altri testi
(Le
traduzioni sono mie)
Partiamo dai
primi versi della tragedia con i quali si presenta Dioniso, figlio di Semele,
figlia di Cadmo
Dioniso
“Sono
giunto, figlio di Zeus, a questa terra dei Tebani,
Dioniso, che
un giorno la figlia di Cadmo mette al mondo,
Semele,
fatta partorire dal fuoco folgorante”; ( Euripide, Baccanti 1
- 3)
Dioniso è
giunto a Tebe con le seguaci della Lidia per imporre il proprio culto e
rivendicare di essere nato da Zeus che incinse Semele figlia Cadmo e di
Armonia, figlia a sua volta di Ares e di Afrodite. Le altre figlie erano Agave,
la madre di Penteo il nipote cui Cadmo ha ceduto il regno di Tebe, Autonoe che
generò Atteone il quale morirà trasformato in cervo e sbranato dai suoi cani Ino
la quale allevò Dioniso, quindi, resa pazza dalla gelosia di Era, si gettò in
mare con il figlio Melicerte. Poi venne trasformata in una Nereide dal nome di
Leucotea (cfr. Odissea, V, 333 - 335) mentre il bambino divenne il
piccolo dio Palemone.
Si possono
notare dei collegamenti con Odisseo e con Edipo
Leucotea è la “dea bianca” che salva Odisseo dal naufragio della zattera
donandogli il suo magico velo nel V canto dell’Odissea.
Armonia e
Cadmo, figlio del re fenicio Agenore, ebbero anche un figlio maschio, Polidoro[1] che
generò Labdaco, dal quale nacque Laio[2],
padre e vittima di Edipo che con la propria madre Giocasta mise al mondo
Antigone, Ismene, Eteocle e Polinice.
Euripide
nelle Baccanti dunque non attribuisce a Cadmo alcun figlio
maschio.
Per accrescere la desolazione di Cadmo nell’esodo della tragedia e per
necessità di efficacia drammatica, Euripide ignora la versione più diffusa del
mito (ricordata invece nelle Fenicie (v. 8) oltre che in
Esiodo, Erodoto e Pindaro) che attribuiva a Cadmo un figlio, Polidoro.
“Da Cadmo e
Armonia dunque nacquero quattro figlie e un figlio: Semele incenerita dal
fulmine di Zeus; Agave che, presa da tremenda pazzia, dilania il corpo del
proprio figlio Penteo; Autonoe la quale deve raccogliere un giorno le ossa di
suo figlio Atteone, e Ino destinata a gettarsi in mare col figlio Palemone.
All’unico figlio Polidoro, “dai molti doni”, rimase la signoria su Tebe, e la
continuazione della dinastia con la fatale successione di Labdaco, Laio e
Edipo”[3].
-
Ho elencato
i personaggi della maggior parte delle tragedie greche e di quelle di Seneca. I
rimanenti appartengono quasi tutti alla stirpe dei Pelopidi. I luoghi tragici,
inameni, sono Tebe e Micene, non per caso località che facevano parte della
lega nemica degli Ateniesi durante la guerra del Peloponneso contemporanea alle
tragedie di Euripide.
Nella letteratura europea la povli" di Dioniso, di Cadmo, di Edipo, è la città malata per antonomasia:
Dante chiama Pisa "vituperio delle genti"[4] e
"novella Tebe"[5] per
la crudeltà della pena inflitta ai figli innocenti del conte Ugolino.
“C’è da domandarsi se tutto il resto del mondo possegga una sola città che
abbia una preistoria così ricca e fatale come quella di Tebe”[6].
-
Vediamo altri versi di questo dramma di Euripide rappresentato dolo la
morte del poeta
Baccanti, vv. 43 - 48
Cadmo dunque
gli onori e il potere
li dà a
Penteo nato dalla figlia,
il quale
combatte il divino nella mia persona e mi caccia fuori
dalle
libagioni, e nelle preghiere in nessun modo mi ricorda.
Per queste
cose a lui mostrerò che sono un dio
e a tutti i
Tebani.
E’ ancora
Dioniso che parla esponendo l’antefatto.
Kavdmo~ (v. 43):
“ La stirpe di Cadmo è tutta e sempre marcata dal tratto della lotta fra
consanguinei. Tebe ha inizio con la lotta degli Sparti fra loro, continua con
il figlio che ammazza il padre e causa il suicidio della madre, e termina con
l'uccisione reciproca di due fratelli"[7].
“Gli Sparti (“uomini seminati”) furono i primi abitanti di Tebe, nati dalla
terra e dai denti del drago che custodiva una fonte sacra ad Ares e che Cadmo
uccise per disperderne i denti nei solchi da lui stesso tracciati: da questa
seminagione era nata una prole di uomini armati che si erano uccisi
reciprocamente: solo sei, i più forti, erano sopravvissuti e da loro era
discesa tutta la gente tebana, ved. P. es. Ferecide, FgrHist 3 F 22 a;
Apollodoro, III, 4, 1; Ovidio, Met. III 55 - 223 ecc.”[8].
Secondo Apollonio Rodio i denti vennero strappati al drago da Atena che ne
diede una parte a Cadmo e un’altra a Eeta il quale li diede a Giasone sperando
che non superasse la prova (Argonautiche III, 1182 sgg.). “La
divisione dei denti del drago tra Cadmo ed Eeta è con tutta evidenza un
tentativo di razionalizzare il parallelismo che corre tra le due saghe”[9].
Nel secondo stasimo delle Baccanti le menadi spaventate cantano
Quale quale
ira
rivela la
razza
tellurica
nata dal drago
una volta,
Penteo che Echione
tellurico
generò,
mostro dallo
sguardo feroce, non
uomo umano,
ma sanguinario
come un
gigante che si oppone agli dèi;
lui che nei
lacci presto
stringerà
me, la compagna di Bromio,
mentre tiene
già dentro il palazzo
il principe
del mio tiaso
nascosto in
un carcere tenebroso (vv. 537 - 549)
Cadmo, il fondatore di Tebe, partì dalla Fenicia
per ordine del re suo padre, Agenore, che lo mandò a cercare la
sorella Europa rapita da Zeus. “Poiché la ricerca non dava frutti, Cadmo si
stabilì in Tracia insieme con la sorella Telefassa; morta quest’ultima, si recò
all’oracolo di Delfi per interrogarlo sul suo futuro. L’oracolo gli disse di
cercare una mucca con una macchia a forma di luna su uno dei fianchi e di
fondare una città laddove l’animale si fosse fermato e disteso a terra
stremato; fondò così la città di Tebe (già definita “la città di Cadmo” al v.
61)”[10].
Secondo il mitografo Apollodoro Telefassa era la madre, non la sorella di
Cadmo.
Cadmo,
figlio di Agenore, re di Sidone, il quale, “pronipote di Io e, secondo il suo
nome, “condottiero degli uomini regnava sulla Fenicia. I suoi figli si
chiamavano Cadmo, Fenice, Cilice, la figlia Europa”[11].
La madre di Cadmo si chiamava Telefassa[12].
Il padre di Cadmo Agenore dunque era figlio di Libia e di Poseidone. Libia era
figlia di Epafo re d’Egitto e di Menfi. Epafo era nato dall’amore di Zeus con Io
figlia di Inaco re di Argo. Come si vede gli intrecci tra i migranti sono
parecchi.
Baccanti 170 - 172
Tiresia
Chi è alla
porta? Chiama Cadmo fuori dalla reggia, 1
il figlio di
Agenore, che avendo lasciato la città
di Sidone,
cinse di torri questa rocca dei Tebani.
Euripide
nelle Fenicie afferma che Cadmo veniva da Tiro: “Kavdmo"
e[[mole tavnde ga'n - Tuvrio"” (vv. 638 - 639), Cadmo di Tiro
giunse in questa terra.
Baccanti 226 - 230
Penteo
Ora quante
ne ho prese, le custodiscono i servi
con le mani
legate nelle pubbliche carceri;
quante
invece sono lontane, le stanerò dal monte
Ino e Agave
che mi generava a Echione,
e la madre
di Atteone, Autonoe dico.
Penteo, il
giovane re di Tebe nipote di Cadmo non vuole riconoscere la divinità del cugino
Dioniso.
jEcivwn (v. 229 ): cfr. e[[ci~, “vipera”. “(‘Snake - man’) was one of the Spartoiv (‘sown men’) who sprang from the
dragon’s teeth which Cadmus sowed (…) The Chorus, however, draw here and at the
995 the simpler conclusion that like the earthborn giants who fought against
the gods he comes of a monstrous, inhuman stock and is therefore the natural
enemy of what is divine.[13]”,
(‘uomo - serpente’) era uno degli Spartoiv (‘’uomini seminati’ ) che nacquero dai
denti del drago seminati da Cadmo (….) Il Coro, tuttavia, tratteggia qui e
al v. 995 la più semplice conclusione che, come I giganti nati dalla terra che
combatterono contro glidèi, egli deriva da una razza mostruosa, inumana e
perciò è il nemico naturale di ciò che è divino.
“Come
Penteo, anche i Giganti sono di origine ctonia, essendo nati da Gaia
(Esiodo, Teogonia 18). Eccessivi e mostruosi pure
nell’aspetto, essi erano tradizionalmente indicati come paradigma di una
violenza ampia e barbarica, che osa sfidare l’ordine stabilito dagli dei”[14]. –
Echione è uno dei 5 Sparti sopravvissuti al massacro reciproco che
prefigura quello di Eteocle e Polinice. Gli altri quattro furono Udeo, Ctonio,
Iperenore e Peloro[15].
Echione Sposò Agave dalla quale ebbe Penteo.
Anche Lucano ricorda la semina dei denti del drago da parte di Cadmo e la
conseguenze non buona di tale atto: le guerre civili e più che civili[16],
ossia parenticide come quella tra Cesare e Pompeo, o addirittura fratricide,
come quella tra Eteocle e Polinice: “Sic semine Cadmi - emicuit Dircaea
cohors ceciditque suorum/vulneribus, dirum Thebanis fratribus omen ” (Pharsalia,
4, 549 - 551), così dal seme di Cadmo scaturì la coorte dircea[17] e
cadde per le ferite dei suoi, augurio terribile per i fratelli tebani. Quindi
Lucano menziona anche i denti dello stesso drago che, dati in parte a Eeta,
vennero poi seminati da Giasone con le medesime conseguenze. L’aiuto dato a
Giasone fu la prima nefandezza di Medea che attuò con erbe non ancora provate,
e lei stessa ne ebbe paura: “ipsaque inexpertis quod primum fecerat herbis -
expavit Medea nefas” (4, 555 - 556).
“Con la sua furia, con il suo accanimento nei confronti di Dioniso,
Penteo dimostrerebbe in pieno la sua origine dalla “stirpe del serpente”, la
sua nascita dallo “ctonio” Echione”[18].
Atteone fa
parte degli orrori di Tebe, la città maledetta. Abbiamo già ricordato il drago,
e i guerrieri (oiJ Spartoiv) che, nati dalla terra seminata con i denti del
mostro, si uccidono a vicenda, prefigurando tante sciagure della stirpe. Penteo
( Baccanti, v. 230) menziona Atteone, un altro nipote di Cadmo, che
venne sbranato dai suoi cani per punizione della sua vanteria di essere
cacciatore più bravo di Artemide, o per avere visto nuda la vergine immortale
"nimium saevi diva pudoris " la biasima Seneca (Oedipus,
v. 763), dea dal pudore troppo feroce, echeggiando la critica euripidea alla
crudeltà degli dèi che spesso sono peggiori degli uomini.
Il beffardo
Luciano invece ridicolizza la tragedia facendo dire a Era in polemica con
Latona che Artemide era brutta e scatenò i suoi cani contro il malcapitato che
l’aveva vista nuda “ fobhqei`sa mh; oJ neanivsko~ ejxagoreuvsh/ to; ai\sco~
aujth`~ “( Dialoghi
degli Dei , Era e Latona), temendo che il giovane rendesse
nota la sua deformità.
“Tre volte
nelle Baccanti Euripide evoca la storia di Atteone. “I cani
infuriati”, scrive G. S. Kirk nel suo commento, “vengono definiti carnivori
o mangiatori di cibo crudo, richiamando alla mente la fame di carne viva”[19];
Atteone era figlio di Autonoe, sorella di Semele e di Agave e quindi cugino
primo di Dioniso e di Penteo. Tutto continua ad accadere nella stessa famiglia:
sono tutti e tre nipoti di Cadmo, e Atteone è re come Penteo. Il suo massacro
avviene nello stesso luogo, sul Citerone. E’ anche lui, come Penteo, un capro
espiatorio. Anche in questo sparagmós la vittima rituale è un
giovane e il suo corpo viene dilaniato da una donna[20].
Sentiamo come Edipo
menziona Cadmo nell’Edipo re di Sofocle:
" in vece loro, io queste battaglie, come per mio padre/combatterò e
dappertutto arriverò/cercando di prendere l'autore manuale della strage/per il
figlio di Labdaco, di Polidoro e anche/ di Cadmo che li precedeva e dell'antico
Agenore" (vv. 264 - 268) E’ un’espressione di ironia tragica tipicamente
sofoclea.
Cadmo, il fondatore di Tebe, partì dalla Fenicia per ordine del re suo
padre, Agenore, che lo mandò a cercare la sorella Europa rapita da Zeus.
Nell’ Edipo re Agenore conclude la genealogia ascendente: c’è
un risalire nella ricerca del dio o dell'eroe capostipite. Anche Erodoto (V,
59) genealogizza i re di Tebe risalendo la corrente acherontea del sangue da
Laio a Cadmo. Euripide invece, nelle Fenicie (vv.5 - 10) parte
dall'antico Cadmo e scende verso Laio e Giocasta con un moto diretto all'uomo e
alla donna più recenti, gli uomini che mette sulla scena al posto degli eroi.
Aristofane negli Acarnesi (vv.47 - 50) fa una parodia delle
genealogie con le quali Euripide dà inizio a diverse tragedie.
Mazzarino
in Il pensiero storico classico (I, p. 182) parla di una
"cultura aristocratica fondata sulle genealogie".
continua
[7] M. Bettini, L'arcobaleno, l'incesto e l'enigma a proposito
dell'Oedipus di Seneca, "Dioniso", 1983, p. 139.
., p. 144
[19] Geoffrey S. Kirk, The Bacchae, Englewood Cliffs, Prentice
Hall, 1970, p. 54, commento al v. 340.
[20] Graves, I miti greci, p. 105 sgg.. L’autore paragona
l’Artemide di questo mito alla “signora della selvaggina” di Creta, il cui
culto era di tipo orgiastico.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaQuello che trovo più che strano è che oggi tutti parlano di libertà ma poi sono prontissimi a insistere che ognuno rimanga a casa sua... commento pre-pandemico... oggi le ragioni del nostro estraniamento sono diverse.
RispondiEliminaCome faremo quando non vi saranno più studiosi come Giovanni Ghiselli e tanti altri?