A. Feuerbach, Iphigenie (1862) |
Noi due abbiamo tratto del gusto dalla trasgressione delle norme seguite dai più, e il fidanzamento è la più ridicola e assurda di tutte le consuetudini, ancora più innaturale del matrimonio per me”.
Intanto la pioggia cresceva fino a diventare un diluvio. Per attraversare la strada ed entrare nel cinema mi bagnai come un pesce. Il film era noioso, insignificante.
Continuavo a pensare: Ifigenia aveva sì avuto la forza di trascinare i miei sensi dentro una zona, una fascia piacevole, talvolta perfino gioiosa, ma non era riuscita a inserirvi tutta l’anima mia squilibrata, a liberarla dagli oppressivi terrori: questi non avevano mai smesso di assediare la cittadella della vita allegra, tuttavia mai emancipata del tutto dalle pene sedimentate nella mente e nel cuore dalla prima infanzia in avanti.
La mia natura era stata lieta talora, però mai sicura dall’antico dolore perché il destino me l’aveva sempre negato. Solo una donna dall’anima bella, serena e non disgustosa avrebbe potuto aiutarmi a debellare i sensi di colpa, di inferiorità che, generati dalle esperienze infantili, avevano spesso mortificato e annullato i progressi sulla via della liberazione.
Avevo incontrato una giovane che giocava con i miei sentimenti come se fossero dadi o birilli o palline. La più forte, bella e sincera delle mie donne, Elena, mi aveva approvato, apprezzato e rivalutato dicendo che ero diverso dagli altri perché non giocavo con il cuore delle persone, e mi aveva incoraggiato a sviluppare la parte migliore di me. Ma questa era pregnante, già incinta di un altro ed era tornata da lui senza nascondermi niente né prima, né durante, né dopo.
Ifigenia invece mi faceva regredire verso i rapporti impostati come un gioco d’azzardo o una roulette russa.
Dovevo allontanarmi da lei il più presto possibile.
Venerdì 13 aprile partìi per Moena.
Bologna 2 dicembre 2023 ore 9, 56 giovanni ghiselli
p. s.
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