Il console suggerisce al suocero di fare buon viso davanti alla “commedia indegna” e di prendere tempo. Non c’è altro da fare
Il vecchio però vuole andarsene e chiede la carrozza: “Non ho nessuna voglia di farmi menare per il naso! Voglio la mia carrozza!”
Il genero teme che tanta agitazione faccia male al suocero e gli promette che parlerà con la gente. Kröger cercò di fermarlo: “Rimanga qui! Non si comprometta!” ma Buddenbrook si mosse verso l’uscita.
Anche Gosch voleva parlare ai rivoltosi, ma Buddenbrook gli disse: “No, Gosch, lasci fare a me. Probabilmente io ho più conoscenti di lei fra questa gente”.
Le conoscenze possono sempre tornare utili: anche quelle tra persone di parti avverse. Poi qui le parti avverse hanno forze diverse: la “razza padrona” finché rimane tale fa quello che vuole della razza sua serva
Gosch però vuole recitare la parte dell’eroe: “E sia! Ma io l’accompagnerò, io starò al suo fianco, console Buddenbrook! Anche se l’ira degli schiavi scatenati dovesse dilaniarmi”.
Parole che vogliono significare coraggio ma sono comiche perché il rischio non è reale. Le parole dissociate dai fatti sono sempre prive di realtà.
Questi due escono dunque e si fermano insieme sul primo dei tre gradini sopra il marciapiede. Tra la folla non mancavano i dipendenti della ditta Buddenbrook
Era già quasi buio e le lampade non erano accese, una inaudita frazione dell’ordine che fece inviperire il console il quale disse: “Gente mia, che razza di sciocchezze sono quelle che state combinando?”
Il console tiene a bada la vipera che ha dentro e usa un tono paternalistico trattando questi uomini in rivolta come se fossero dei bambini.
Tale scelta funziona: “alcuni lavoratori del porto che erano al servizio del console si tolsero il berretto”.
Machiavelli suggerisce al il principe di farsi temere piuttosto che amare, farsi temere senza farsi odiare.
La presenza della buffa sagoma di Gosch di fianco alla figura composta e dignitosa del console valorizza Buddenbrook.
Questi si rivolge personalmente a uno tra i più sprovveduti di forza e di parola, chiamandolo per nome e cognome: “Carl Smolt!”.
Smolt un giovanotto dalle gambe curve con la bocca piena di pane, interpellato, disse: “Ora facciamo la rivoluzione”. Il console lo smonta subito e domanda: “Che scempiaggine è questa?”
Il giovane invece di rispondere “la rivoluzione non è una scempiaggine” , dice: “vogliamo un ordine nuovo”
Il console ripete la parola ordine biasimando il disordine delle lampade spente.
All’ordine attribuito comunemente da diversi europei ai tedeschi questi oppongono la libertà: ebbene Hans il protagonista della Montagna incantata ribatte: “ La libertà come la chiama l’Europa è più pedante e borghese del nostro ordine” (Capitolo V, Notte di Valpurga). Molto bella e profonda questa osservazione.
Il console stronca le richieste di Smolt squalificandole come sciocchezze
Il ragazzo replica dicendo che “c’è la rivoluzione dappertutto. C’è a Berlino, a Parigi. Quella del 1968 la vidi e la vissi a Bologna, a Roma, a Praga.
Smolt chiede la repubblica. E il console gli fa: “Stupidone che sei, la repubblica l’avete già”
“Sì signor console ma ne vogliamo un’altra ancora” è la controreplica
Se questo ragazzo avesse fatto il liceo classico avrebbe obiettato che la res publica è res populi[1] mentre tra loro comandavano gli affari e gli affaristi
Ma il latino non è cibo per i denti dei poveri: hanno tolto anche quel poco che si poteva imparare in chiesa. Ora nemmeno i preti lo conoscono più.
Quindi la “rivoluzione” assume un aspetto comico: alcuni dei presenti si misero a sghignazzare, poi l’allegria si propagò e il console suggerì a questa “brava gente” di tornare a casa.
Smolt lo salutò con il rispetto che lui invece non aveva ricevuto quando era la sua volta. infine il console ordinò a Smolt di andare di corsa a dire al cocchiere “che venga qua. Il suo padrone vuole tornare a casa”.
“Subito, signor console!” e scese la strada di corsa.
Classe padrona e classe serva
Bologna 9 dicembre 2023 ore 13, 08
giovanni ghiselli
p. s.
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[1] Cfr. Ciceone De Republica I, 25
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