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Agathe la vera consanguinea di Ulrich
Agathe
viveva in un totale rilassamento e in una grata lontananza della volontà:
condizione che era come una vetta da dove si vedeva soltanto il cielo azzurro. p. 825
Il mio
migliore amico Fulvio una mattina non venne a lezione nell’Università di
Debrecen. Finite le ore di lezione, lo trovai steso su una panchina del prato.
Gli chiesi che cosa avesse fatto. “Ho guardato il cielo”, rispose.
“E basta?”
replicai
“Certamente:
tu non sai quanto è bello non pensare a niente, non cercare niente, non volere
niente”.
Ora lo so,
Fulvio, l’ho imparato da te amico celeste.
Ma
torniamo alla bella sorella di Ulrich.
Tutti i
giorni per suo piacere andava un po’ a zonzo in città; quand’era in casa leggeva;
sbrigava le sue faccende: godeva con lieta riconoscenza di quella dolce
insignificante attività di vivere.
Già il
fatto di vivere significando è un’attività.
Agathe non
voleva impossessarsi di nulla siccome tale volontà mette in fuga la gioia che è
nelle cose.
Donne siffatte sono rare e
sono amabilissime: Elena, Elena, Elena
ancora
La buona
sorella ricordava i colloqui con il fratello senza deformarne il significato
con i proponimenti o i pregiudizi che uccidono le parole vive. Queste le
rinascevano intorno. Il suo ricordo era pieno di tranquilla tenerezza e il
tempo passato restava aderente al calore del corpo.
I notai e
gli avvocati che doveva consultare volevano sempre accontentare l’affascinante,
giovane donna raccomandata sempre dal nome paterno.
Certamente Agathe e Ulrich avevano le spalle coperte e
potevano oziare. Era del resto un otium
cum dignitate. Leggevano e avevano stile. Non aveva bisogno né intenzione
di preparare inganni.
Teognide sostiene a ragione che le trame ingannevoli sono
caratteristiche della plebe trappolona: Si ingannano a vicenda, deridendosi a
vicenda, senza criterio del bene e del male:"ajllhvlou" d&j ajpatw'sin
ejp j ajllhvloisi gelw'nte"-ou[te
kakw'n gnwvma" eijdovte" ou[t
j ajgaqw'n"(vv.59-60
del corpus elegiaco). Non hanno il criterio del bene e
del male in quanto non possiedono la tradizione.
Agathe osservava il proprio
aspetto non senza compiacimento. Osservava il suo viso allo specchio. Quindi fu
presa senza vanità dal paesaggio del proprio io che le si stendeva davanti.
Era l’io corporeo ma questo
dice molto anche di quello mentale.
I capelli erano come velluto
chiaro. Quindi osservava tutto il proprio corpo.
“Tutto era
ancora come il giorno radioso che si avvicina allo zenit, ascendente, puro,
preciso e ancora impegnato in quel divenire
che è come un mattino avanzante verso il mezzogiorno o come una palla
che ancora non è giunta al punto più alto ma appena poco al di sotto
“Forse lo
sta toccando proprio in questo momento”, pensò Agathe.
Quel
pensiero la atterriva. Tuttavia il meriggio poteva essere ancora lontano; ella
aveva soltanto ventisette anni. Il suo corpo non forzato da maestri di
ginnastica e massaggiatori e neppure da maternità e allattamenti non era stato plasmato che dal suo proprio
sviluppo”.
Credo che
la ginnastica sia la cosmesi migliore, l’unica non ingannevole come dice
Socrate personaggio del Gorgia platonico,
e che ciascuno dovrebbe fare quella
confacente alla sua struttura, alle sue predisposizioni e ai suoi gusti. Il
maestro di ginnastica dà regole stereopitate che non vanno bene per tutti.
Inoltre lo
sport va fatto sotto il cielo non in uno stanzone tra grida e rumori, polvere e
sudore
“Se si fosse potuto esporre quel corpo ignudo in
uno di quei paesaggi grandiosi e solitari, come sarebbe il lato rivolto al
cielo di un’alta catena alpina, il vasto e sterile ondeggiamento di quelle cime
l’avrebbe portato come una dea pagana”
Le
montagne sarebbero diventate un santuario con una serie di altari per questa
dea.
“Allora il
mezzogiorno sembra elevarsi ancora sopra il suo punto culminante, poi ripassare
impercettibilmente nella declinante aerea bellezza del pomeriggio”
Il lungo
avverbio impercettibilmente riflette la speranza di tutti noi umani che la
decadenza dell’età sia lenta e non si veda per tanto tempo.
Chi scrive
ce la mette tutta: bicicletta, corsa, nuoto, sacrifici alimentari, abbronzatura,
però la percezione della decadenza è
sicura e quando mi dicono: “non sei cambiato per niente”, so bene che no è vero
e che il complimento è suggerito dalla benevolenza o dalla pietà-
Lo
specchio dove Agathe osservava se stessa rifletteva l’impressione un po’ inquietante
dell’ora indefinibile” p 826.
Nel film Il Gattopardo di Visconti il principe
Fabrizio interpretato molto bene da Burt Lancaster piange guardandosi in uno
specchio. Che cosa piange? La propria decadenza nell’indefinibile ora
crepuscolare confrontata con il mattino antimeridiano, pieno di luce dei due
giovani Angelica e Tancredu.
Bologna23
dicembre 2023 giovanni ghiselli ore 18, 30.
Sono
entrato già da un mese e nove giorni nell’ottantesimo anno.
Non ne
piango: meglio vecchio che morto.
Anche oggi
ho fatto i miei trenta chilometri di bicicletta. Più tardi farò altro: voglia
di fare, voglia di fare.
Voglio dire che ciascuno di noi deve rimanere
il più possibile cedere nescius.
Credo di
avere raggiunto il mio meriggio, per quanto riguarda i rapporti lieti, molto
lieti, intorno ai 51 anni nell’autunno del 1995. Ero in un convegno sulla
scuola a Trieste. Ero così contento che un pomeriggio andai a comprare delle
mutande. Quando le vedo dove le ho riposte cantichio ancora: “le mutande, le
mutande di Trieste cantan tutte, cantan tutte con ardore!” Nel mare si svolgeva
la barcolana ma dovevo rientrare nel salone delle conferenze.
All’epoca
ancora io non le facevo. Mi limitavo ad ascoltare e osservare attentamente.
In seguito
è iniziato il pomeriggio. Ora sono al crepuscolo quanto maiores cadunt umbrae, ma ripeto a me stesso quanto disse Achille
Pelide rispondendo al cavallo fatato che gli aveva suggerito di non rischiare: ouj lhvxw, non cederò. Del resto ora il sole
sta riprendendo forza e le ombre un poco alla volta si accorciano: minores
cadunt.
Voglio
associarmi al sole.
p. s.
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Già docente di latino e greco nei Licei Rambaldi di Imola, Minghetti e Galvani di Bologna, docente a contratto nelle università di Bologna, Bolzano-Bressanone e Urbino. Collaboratore di vari quotidiani tra cui "la Repubblica" e "il Fatto quotidiano", autore di traduzioni e commenti di classici (Edipo re, Antigone di Sofocle; Medea, Baccanti di Euripide; Omero, Storiografi greci, Satyricon) per diversi editori (Loffredo, Cappelli, Canova)
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