Siamo arrivati al gennaio del 1850. I signori Grünlich fanno colazione “seduti sulle seggiole che erano costate 25 marchi l’una”.
Segue una dettagliata e minuziosa descrizione della sala da pranzo. La salto perché non colpisce la mia sfera emotiva né mi suggerisce dei nessi con altri libri di mio gusto. Anche questo lo è in gran parte: soprattutto dove si parla di rapporti umani. Le descrizioni della natura mi piacciono pure, ma dei mobili non mi sono mai curato abbastanza, non li ho mai considerati granché, perciò non mi soffermo a riferirne un elenco.
Un poco di metodologia
Credo che si debbano leggere e studiare e che si possano imparare solo gli autori che ci piacciono molto, e pure nelle opere di questi preferiti, Thomas Mann per me lo è, si possano scorrere in fretta parti meno profonde e ben fatte.
Non mi sdegno con questo autore quando “sonnecchia” come fa Orazio con Omero “ indignor quandōque bonus dormītat Homerus/verum operi longo fas est obrepere somnum/.Ut pictura poēsis” (Ars poetica, 359-361), mi sdegno alloché sonnecchia il bravo Omero ma è lecito che il sonno si accosti di soppiatto a un’opera lunga. La poesia è come la pittura.
Se è come la pittura la poesia deve presentare immagini che ci tocchino la mente e il cuore. E anche la prosa.
Grünlich dunque prendeva la colazione calda con i favoriti ben curati e un viso dal colore particolarmente roseo. Mangiava una braciola appena scottata. L’autore vuole presentare un’immagine negativa di quest’uomo. E’ la persona senza esigenze spirituali, quindi una nullità dal punto di vista umano ed è pure incapace negli affari. Una nullità assoluta.
La moglie cominciava a capirlo. Già le sembrava ripugnante l’usanza della bistecca la mattina che lei non aveva sostituito a pane e uova, però sapeva che veniva considerata una colazione signorile. Forse perché costosa.
Tony invece aveva la passione delle vestaglie.
Ognuno di noi ha le proprie abitudini e manie. Dobbiamo sopportare quelle degli altri oppure vivere soli. Una scelta non facile tra due difficoltà.
Finisce che ognuno sceglie la meno difficile per sé.
Tony riesce ancora a sopportare il marito ma non durerà a lungo. Era sempre bella eppure sapeva di essere al culmine della propria bellezza anche se conservava un’espressione infantile. A conti fatti doveva avere non più di 25 anni, anche un paio di meno. Accanto a lei stava la figlia Erika, una bambina ben nutrita, dai riccioli corti e biondi. La madre la affidò a una cameriera perché la portasse fuori a passeggio, per non più di mezz’ora, dato il nevischio e la nebbia.
Appena uscita la piccola, i due sposati male riprendono un discorso interrotto.
Tony dice subito al marito. “Diventi ridicolo”. Invero colui è diventato quello che è sempre stato e come Tony lo aveva individuato quando da adolescente lo rifiutava. Già allora lo trovava ridicolo e anche un tantino ripugante. Ma piaceva al babbo.
“Diventa quello che sei” suggerisce Pindaro: : “gevnoio oi|o~ ejssiv” (Pitica II, v. 72). Non è possibile altrimenti: ognuno può diventare solo quello che è. Questo marito un uomo ridicolo.
Tony vorrebbe una bambinaia per Erika. Dice di non potersi dedicare tutta alla figlia
“A te non piacciono i bambini, Antoine” le fa il marito
Segue una schermaglia tra i due.
Tony insiste per avere una terza collaboratrice e comincia ad aprirsi una crepa nell’immagine di se stesso presentata da Grünlich ai Buddenbrook: si era fatto credere un educato e facoltoso borghese, un commerciante e un affarista capace.
Aveva falsificato dei documenti mostrati al padre di Tony.
Il marito dunque dice che le loro condizioni non consentono di pagare anche una bambinaia.
Tony gli dà di nuovo dell’uomo ridicolo e gli rinfaccia gli 80 mila marchi che lei gli ha portato in dote.
La donna dotata anche qui, come nell’antica Roma, rispetto alla indotata ha più argomenti e mezzi per opporsi al marito, addirittura per imporsi su di lui. Per questo Megadoro il vecchio dell’Aulularia chiede a Euclione, l’avaro della commedia platina, la mano della figlia senza dote. Sostiene che la ragazza che si sposa portando una ricca dote poi spadroneggia.
Tony rinfaccia al marito non solo la dote ma anche il fatto che lui l’ha sposata proprio per quella. Aggiunge che hanno bisogno pure di una carrozza per andare in centro e frequentare decorosamente la buona società.
Nessuno dei due si era sposato per amore, bensì per i soldi lui, per il decoro lei.
Quindi la moglie fa una domanda retorica al marito: “Sentiamo, mi ami forse ancora?”. Poi si risponde da sola constatando di non essere mai stata amata né considerata: “Fin dal primo giorno ti sei seduto la sera accanto a me, ma soltanto per leggere il giornale. Tu mi trascuri”.
Credo che quando questi sono i fatti le parole siano inutili.
Grünlich ribatte: “E tu? Tu mi rovini”
“Io? Ti rovino?”
“Sicuro. Tu mi rovini con la tua inerzia, con la tua smania di spendere e farti servire”.
Oramai tra questi due è tutto finito ma Tony prova a ribattere: “Ecco, rinfacciami ora la mia buona educazione! In casa dei miei genitori non avevo bisogno di muovere un dito. Il babbo è ricco; non poteva immaginare che un giorno mi sarebbe mancato il personale”.
Il cacciatore di eredità cerca di prendere al balzo la ricchezza del suocero dicendo: “allora, prima di assumere la terza domestica, aspetta che quella ricchezza ci possa servire!”
Tony gli fa notare che così egli augura la morte del babbo suo e che lei non si è sposata a mani vuote.
E’ facile che le relazioni matrimoniali diventino rapporti di potere o di denaro. Il matrimonio in fondo è un contratto di cui l’amore non ha alcun bisogno.
Poi Tony capisce altro ancora, capisce qual è la sostanza del diverbio e domanda a Grünlich se abbia fatto cattivi affari.
L’affare pessimo l’ha fatto proprio Tony sposando quell’uomo e suo padre, il console Buddenbrook che glielo ha fatto sposare.
Bologna 11 dicembre 2023 ore 18, 54.
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