ll problema del calo demografico, adesso di nuovo attuale, era stato posto già nel II secolo a. C., per il mondo ellenico, da Ocello lucano e da Polibio il quale viceversa notava la virtù delle matrone romane.
Polibio (200-118)
Nel libro XXXVI delle Storie lo storiografo ricorda la crisi demografica della Grecia, una carenza di bambini e un generale calo di popolazione ("ajpaidiva kai; sullhvbdhn ojliganqrwpiva", XXXVI 17, 5) che hanno rese deserte le città, senza guerre né epidemie. In questo caso non si tratta di interrogare o di supplicare gli dèi poiché la causa del male è evidente: gli uomini si sono volti all'arroganza, all'avidità, all’indifferenza, a non volersi sposare,-tw'n ga;r ajnqrwvpwn eij" ajlazoneivan kai; filocrhmosuvnhn, e[ti de; rJa/qumivan ejktetrammevnwn, kai; mh; boulomevnwn gamei'n- o se si sposavano, a non allevare i figli, tranne uno o due per poterli lasciare nel lusso. Basta poco dunque perché le case restino deserte, e, come succede per uno sciame di api, così anche le città si indeboliscano. Il rimedio è evidente: cambiare l'oggetto dei nostri desideri o fare leggi che costringano a crescere i figli generati. Non occorrono veggenti né operatori di magie!
“Polibio adattò questi concetti a quel disfacimento del mondo greco, ch'egli trattava come storico "pragmatico". Innanzi a lui si svolgeva la vita quotidiana di Roma con le sue matrone virtuose; Polibio ne esaltava la sobrietà e l'amore per i figli" (Santo Mazzarino Il Pensiero Storico Classico [1])
Nell’età di Cesare e di Catullo e ancoa più in quella di Ovidio le matrone romande divennero meno virtuose
Augusto cercò di reprimere l’adulterio già dilagante e “di moda” , con diverse leggi. La volontà augustèa di incoraggiare il matrimonio venne codificata, invano, dalla lex Iulia de adulteriis coercendis, dalla lex Iulia de maritandis ordinibus ( entrambe del 18 a. C.) e dalla lex Papia Poppaea ( del 9 d. C. ) che, tra l’altro, concedeva agevolazioni fiscali e legali a chi avesse almeno tre figli (ius trium liberorum). Tacito ci fa sapere che Augusto già piuttosto vecchio (senior) l’aveva ratificata incitandis caelibum poenis et augendo aerario (Annales 3, 25), per aggravare le pene contro i celibi e per impinguare l’erario
Sulle leggi contrarie al celibato prevaleva il costume di non sposarsi nella classe alta e questa legge non resero più frequenti i matrimoni e le nascite dei figli tanto si era affermato il costume di non avere famiglia: “Nec ideo coniugia et educationes liberum frequentabantur praevalida orbitate” (III, 25)
Dunque: “Corruptissima re publica plurimae leges" ( Annales, III, 27), quanto più è corrotto uno Stato, tanto più numerose sono le leggi.
Cassio Dione (155 Nicea, in Bitinia- 235) afferma che Augusto nel 18 a. C. sottopose a punizioni fiscali le categorie dei celibi e delle nubili, mentre pose dei premi (a\qla e[qhken) per il matrimonio e la procreazione (Storia romana, 54, 16). E siccome nella nobiltà c’erano più maschi che femmine, consentì a chi lo desiderava, tranne che ai senatori, di sposare delle liberte con nozze legittime.
Questo storiografo attribuisce ad Augusto due discorsi che l’imperatore avrebbe tenuto nel 9 d. C. prima agli uomini sposati poi ai non sposati.
Nel primo discorso elogiò i mariti e li ringraziò per il fatto che dipendeva da loro l’accrescimento della popolazione. Le generazioni si succedono come fiaccole durante una gara (56, 2, 3), disse. Dio ha creato maschi e femmine per rendere immortale ciò che è mortale. Persino gli dèi d’altra parte generano i figli. La cosa migliore non è forse una donna temperante, casalinga, buona amministratrice e curatrice dei figli ? (a[riston gunh; swvfrwn oijkouro;ς oijkonovmoς paidotrovfo~ , 56, 3, 3).
Tale moglie ti allieta quando stai bene e ti cura quando stai male, ti sta vicino nella buona sorte e ti incoraggia nella cattiva. Poi ci sono i vantaggi pubblici e politici di una popolazione numerosa. Dunque solo i padri continueranno a vivere dopo la morte , solo loro hanno il diritto di essere chiamati uomini (56, 4, 8) e avranno premi da Agusto in vita.
Poi l’imperatore parlò ai celibi.
Iniziò dicendo che non sapeva se chiamarli uomini, poiché non avevano fatto nulla di ciò che gli uomini fanno. Cittadini nemmeno, perché mandavano in rovina la città. Romani neppure perché stavano tentando di cancellare il nome di Roma. Constatò che erano molti, più numerosi degli sposati. Voi desiderate distruggere tutta la stirpe dei Romani ed estinguerla (56, 4, 4). La vostra ingiustizia rende irrilevanti i peggiori atti di ingiustizia.
Infatti, non generando discendenti, commettete omicidi miaifonei`te (56, 5, 1). Contribuite alla decimazione della stirpe e radete al suolo la nostra città poiché sono gli uomini che fanno la città, non le case, i portici e neppure le piazze vuote di uomini (a[nqrwpoi ga;r pou povli~ ejstivn, ajll j oujk oijkivai oujde; stoai; oujd j agorai; ajndrw`n kenaiv” (56, 5, 3).
Cfr. Sofocle, Edipo re vv.56-57 "infatti nulla vale, né una torre né una nave/vuota di uomini che non abitano dentro".
Parole simili attribuisce Tucidide (VII,77) a Nicia stratego in Sicilia :"a[ndre" ga;r povli", kai; ouj teivch oujde; nh'e" ajndrw'n kenaiv, infatti la città è costituita dagli uomini, non da mura e navi vuote di uomini.
Ma torniamo all’Augusto di Cassio Dione: “i vostri antenati rapirono le Sabine e generarono figli da donne nemiche, voi non volete averne da donne della vostra razza e pure vostre concittadine.
Se volete imitare le sacerdotesse di Vesta che vivono senza uomini, sarete puniti come loro se trasgredirete. Le mie leggi penalizzano i celibi e premiamo le coppie feconde. A voi questo non basta. Dite che il vostrio stile di vita senza mogli né figli è disimpacciato (eu[zwnon-ben cinto, per cui uno può muoversi senza impedimento) e libero, ma in realtà non siete diversi dai briganti e dalle bestie più selvatiche. Volete dedicarvi a una vita di eccessi e trasgressioni, Vi ho concesso di fidanzarvi con fanciulle ancora tenere (aJpala;~ e[ti kovra~) e non ancora mature per il matrimonio (56, 7). Le pomesse spose potevano avere 10 anni e dovevano essere sposate a 12 (cfr, 54, 16, 7).
Inoltre ho permesso ai senatori di sposare delle liberte. Ma non ho ottenuto alcun risultato. Voi siete molto più numerosi degli sposati e non potete certo pensare che gli uomini nasceranno dalla terra. Non è cosa santa né bella che la nostra stirpe si estingua e che la nostra città finisca nelle mani di greci o di barbari (56, 7, 5). Stiamo liberando gli schiavi per farne dei cittadini e stiamo cooptando nel governo gli alleati, Smettete dunque di essere pazzi (pauvsasqe ou\n mainovmenoi, 56, 8) e riproducetevi.
So che nel matrimonio e nel procreare figli ci sono aspetti sgradevoli (8, 2). Per conseguire dei risultati bisogna faticare prima durante e dopo il conseguimento proponei`n kai; sumponei`n kai; ejpiponei`n crhv (56, 8, 3), Nel matrimonio ci sono aspetti sgradevoli e pure vantaggi, anzi questi sono più numerosi e più necessari. Poi ci sono i premi promossi dalla legge (ta; para; tw`n novmwn a\qla)”..
Successivamente venne redatta la lex Papia Poppea da due consoli senza figli e non sposati[2].
Bologna 28 dicembre 2023 giovanni ghiselli ore 11, 47
p. s.
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[1]II volume, I tomo, 127-129
[2] Lo stesso Augusto, sofferente per il comportamento scandaloso delle due Giulie, figlia e nipote, che fece relegare a Ventotene poiché si erano contaminate di ogni vergogna sessuale ("omnibus probris contaminatas " in Svetonio, Vita di Augusto , 65), e scontento anche del nipote Agrippa dall'indole torbida e selvaggia soleva esclamare sospirando, in greco: "fossi rimasto celibe (a[gamo") e morto senza figli! (a[gono")!".
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