Il console Buddenbrook si reca al consiglio comunale a piedi. Per strada incontra il mediatore Siegmund Gosch un personaggio buffo: “un mattacchione originale, un che di mezzo tra Mefistofele e Napoleone”. Aveva recitato la parte di Domingo, il confessore del re nel Don Carlos di Schiller: quello era stato il culmine della sua vita.
Io credo del resto che molti di noi recitano sempre. L’importante è recitare la parte che ci siamo scelta, non quella che altri vogliono attribuirci.
Gosch faceva gesti e battute per stupire e farsi notare: “L’uomo non educato dal dolore rimane sempre un bambino” diceva per esempio. Non gli mancavano buone letture. Chi recita cerca di ampliare il repertorio leggendo.
Probabilmente non ignorava il tw`/ pavqei mavqo~ di Eschilo né l’ a[rti manqavnw di Euripide.
“Certo era che era un uomo strano ed erudito”
I due uomini diretti al consiglio comunale commentano “i tempi movimentati” che potrebbero minacciare i benestanti, gli optimates di Lubecca.
Gosch aggiunge: “sono stato in giro tutto il giorno e ho osservato la plebe. C’erano fra quella gente giovanotti stupendi con gli occhi fiammeggianti di odio e di entusiasmo”.
Un ossimoro politico e una larvata confessione di omosessualità.
Il console si mette a ridere e minimizza: “sono ragazzate, nient’altro. Un branco di giovani maleducati che approfittano dell’occasione per fare un po’ di chiasso”. Alla fine di questo lungo capitolo Buddenbrook saprà ridicolizzare quelll’uragano.
Gosch invece mette in rilievo il lato drammatico da Sturm und Drang. Dice. “Finalmente qualcosa di diverso, capisce? Cose che non avvengono tutti i giorni. La violenza, l’uragano selvaggio…il temporale. Oh so bene: il popolo è ignorante. Ma il mio cuore, questo mio cuore è con lui”.
La routine quotidiana annoia e mortifica talmente tanto la gente che essa può essere indotta a fare la guerra-soprattutto gli uomini- o più facilmente all’adulterio-uomini e donne-
Segue una descrizione molto particolareggiata e noiosa della sede del consiglio comunale, una sala modesta tra il granaio e la birreria in contrasto con il lusso del palazzo dei Buddenbrook.
All’interno i consiglieri sono confusi, impauriti e arrabbiati.
Irato e e sprezzante è Lebrecht Kröger l’ottantenne suocero del console: “Canaglie” disse. La figura alta e distinta dell’ex cavaliere á la mode incominciava a curvarsi sotto il peso degli anni.
Il suffragio universale era già stato concesso dicevano altri. “Che cosa voleva ancora il popolo? Prendere per il collo i ricchi, ecco tutto” Questa era la paura di molti. Il frastuono aumentò sotto le finestre della sala.
“D’un colpo le varie discussioni cessarono. Con le mani incrociate sul ventre, muti di spavento, tutti si guardarono in faccia, o volsero lo sguardo alle finestre dalle quali si vedevano i pugni alzati, mentre un urlio insensato e assordante empiva l’aria”
Quel muti di spavento probabilmente deriva dal muta metu attribuito da Lucrezio a Ifigenia condannata dall’empia religio a essere sgozzata: “muta metu terram genibus summissa petebat” ( De rerum natura, I, 92)
Il chiasso di fuori cessò e in sala si ripeteva: “Canaglie!”, “un’infamia inaudita!” e altre esecrazioni oziose di questo tipo.
Buddenbrook memore della raccomandazione della moglie confortava il suocero: “spero, babbo, che questa piccola sventura non lo rattristi”. Il “babbo” detto al suocero doveva essere un’abitudine di questa borghesia. Del resto lo fa pure la popolana romana interpretata dalla Cortellesi nel film “C’è anche domani”.
Il vecchio Kröger del resto non è avvilito e risponde: “Scempiaggini, Buddenbrook, sono annoiato, ecco tutto”. Poi soggiunse con ira: “Bisognerebbe insegnare l’educazione a questi infami sudicioni a suon di polvere e piombo…Marmaglia miserabile!” p. 121
Bologna 9 dicembre 2023 ore 10, 52.
giovanni ghiselli
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