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venerdì 1 dicembre 2023

Il Patriarcato.


 

Il patriarcato va studiato e criticato non solo gridato ingrossando i cortei.

 

Si parla tanto di patriarcato che subordina le figlie, le sorelle, le madri e le nonne, insomma tutte le donne a tutti gli uomini.

Dietro questa ingiusta e innaturale sottomissione c’è una lunga storia. Bisognerebbe conoscerla almeno in alcune parti.

Ho ricordato già diverse volte il processo nell’Areopago di Atene raccontato da Eschilo nelle Eumenidi (458 a. C.)

I giudici di questo tribunale  assolsero il matricida Oreste difeso dal dio Apollo il quale sostiene che la madre non è la generatrice dei figli ma solo il contenitore del seme del maschio che l’ha fecondata. La dea vergine Atena che presiede il tribunale si schiera con tale tesi assurda e con i maschi perché lei è nata dalla testa del padre senza alcun contributo di donna. Del resto non vuole degli amanti

 

Ricordo che la ministra Marta Cartabia ha visto in questa tragedia la nascita del diritto. Di fatto è la codificazione del patriarcato di cui non c’è traccia nell’Odissea, anzi nell’isola dei Feaci il re è sottoposto alla regina secondo quanto dice Nausicaa a Odisseo.

 

 

Proseguo citando

alcuni classici dell'antifemminismo.

 Esiodo, Semonide, Euripide, Paolo, Leopardi, Schopenhauer, Weininger.

 

 Esiodo dal quale parte la considerazione malevola delle donne, come abbiamo visto, riconosce che l'uomo ha bisogno di questa creatura complementare e che, se non sbaglia la scelta della compagna, può evitare i dolori infiniti.

Nella Teogonia  dopo avere definito la donna "bel malanno" (v. 585) e "inganno scosceso" (v. 589) afferma che comunque chi evita le nozze e le opere tremende delle donne ("mevrmera e[rga gunaikw'n, v. 603) arriva alla funesta vecchiaia con la carenza di uno che si prenda cura di lui, e, quando muore, la sua ricchezza se la dividono i lontani parenti. Del resto chi sceglie una buona moglie, saggia e premurosa, compensa il male con il bene (v. 609), chi invece si imbatte in una donna di stirpe funesta, vive con un'angoscia costante nel petto, nell'animo e nel cuore e il suo male è senza rimedio (vv. 610-612).

Nelle poema agricolo Opere e giorni l'autore torna sull'argomento e aggiunge che l'uomo non può fare migliore acquisto di una moglie buona, come non c'è nulla di più raccapricciante di una sposa cattiva (Opere , vv. 702-703).

 

Su questa linea si trova Semonide di Amorgo autore (nei primi anni del VI secolo) di un Giambo sulle donne (fr. 7 D), una tra le più famose espressioni dell'antifemminismo greco. Questo autore fa derivare le femmine umane di vario carattere da altrettante bestie:

il primo tipo discende dal porco irsuto: sta non lavata in vesti sporche a ingrassare in mezzo al luridume (vv. 5-6).

Il secondo deriva dalla volpe[1] maliziosa, esperta di tutto, non le sfugge niente, sovverte le categorie morali ed è varia d'umore.

La terza femmina proviene dalla cagna che latra in continuazione e non basta lapidarla per farla tacere.

La quarta, figlia della terra, è tellurica:  pigra e pesante.

La quinta deriva dal mare ed è mutevole e capricciosa poiché il pelago è cangiante: a volte è calma, come l'acqua marina quando d'estate  è una grande gioia per i marinai, a volte invece si infuria ed è agitata da onde di cupo fragore. Insomma una bufera di femmina.

 La sesta deriva dall'asina,  scostumata, sessualmente vorace;

la settima dalla donnola, sciagurata, disgustosa e ladra;

l'ottava proviene dalla cavalla, morbida e adorna di una folta criniera. Non sopporta i lavori domestici e si fa amico l'uomo solo per necessità. Questa è  la donna narcisista e parassitaria che passa il tempo a pettinarsi, truccarsi, profumarsi. Una creatura del genere è uno spettacolo bello a vedersi per gli altri, ma per chi se la tiene in casa è un male, a meno che sia un despota o uno scettrato che di tali vezzi si gloria nell'animo. Tale è dunque la donna adatta ai tiranni che nella cultura greco-latina sono paradigmi negativi[2].

Costoro del resto hanno fama di violentare le donne come abbiamo visto nella descrizione che Otane fa del mouvnarco"  nel dibattito sulla migliore costituzione ( Erodoto, III, 79-84).

La nona che deriva dalla scimmia è brutta e ripugnante.

Ultimo tipo, e unico raccomandabile, è quello della decima che deriva dall'ape ( "ejk melivssh" ", v. 83). Questa ha tutte le caratteristiche della buona sposa e chi se la prende è fortunato. A lei sola infatti non siede accanto il biasimo (mw'mo"), grazie a lei fiorisce la prosperità, invecchia cara con lo sposo che l'ama[3] dopo aver generato una bella prole, diviene distinta tra tutte le donne, la circonda grazia divina (qeivh...cavri", v. 89) e non si compiace di star seduta tra le donne quando parlano di sesso.

Leopardi traduce questi versi (90-91) così :" né con l'altre è solita/goder di novellari osceni e fetidi".

 

Del resto A Silvia  la natura negò le conversazioni gentili e delicate con altre ragazze :"né teco le compagne ai dì festivi/ragionavan d'amore" (vv. 47-48).

 

 Dunque una possibilità di non essere cattiva per la donna c'è secondo Esiodo e Semonide

Molto più radicale nella negatività e nella certezza di non poter trovare una buona moglie è il personaggio  Ippolito  di Euripide il quale vorrebbe che i figli si potessero generare in altro modo che passando attraverso le donne: "O Zeus perché ponesti nella luce del sole le donne, un male ingannatore per gli uomini? Se infatti volevi seminare la stirpe umana, non era necessario ottenere questo dalle donne , ma bastava che i mortali mettendo in cambio nei tuoi templi oro e ferro o un peso di bronzo, comprassero discendenza di figli, ciascuno del valore del dono offerto, e vivessero in case libere, senza le femmine. Ora invece quando dapprima stiamo per portare in casa quel malanno, sperperiamo la prosperità della casa" (Ippolito, vv. 616-626).

Sentiamo l’apostolo Paolo nella Prima lettera ai Corinzi : “Mulieres in ecclesiis taceant, non enim permittitur eis loqui, sed subditae sint, sicut et lex dicit. Si quid autem volunt discere, domi viros suos nterrogent; turpe est enim mulieri loqui in ecclesiaajscro;n ga;r ejstin gunaiki; lalei`n ejn ejkklhsiva/ (14, 34-35)

 

Tra i classici dell'antifemminismo assoluto possiamo aggiungere qualche parola di Schopenhauer :" Le donne sono adatte a curarci e a educarci nell'infanzia, appunto perché esse stesse sono puerili, sciocche e miopi, in una parola tutto il tempo della loro vita rimangono grandi bambini: esse occupano un gradino intermedio fra il bambino e l'uomo, che è il vero essere umano...le donne rimangono bambini per tutta la vita, vedono sempre soltanto ciò che è vicino, rimangono attaccate al presente, scambiano l'apparenza delle cose con la loro sostanza, e preferiscono inezie alle questioni più importanti...le donne, in quanto sesso più debole, sono costrette dalla natura a far ricorso non già alla forza ma all'astuzia: di qui deriva la loro istintiva scaltrezza e la loro indistruttibile tendenza alla menzogna...per la donna una sola cosa è decisiva, vale a dire a quale uomo essa sia piaciuta...Il sesso femminile, di statura bassa, di spalle strette, di fianchi larghi e di gambe corte, poteva essere chiamato il bel sesso soltanto dall'intelletto maschile obnubilato dall'istinto sessuale: in quell'istinto cioè risiede tutta la bellezza femminile. Con molta più ragione, si potrebbe chiamare il sesso non estetico ...Nel nostro continente monogamico, sposare significa dividere a metà i propri diritti e raddoppiare i doveri...Nessun continente è così sessualmente corrotto come l'Europa a causa del matrimonio monogamico contro natura"[4].

 

In questa stessa linea il Leopardi di Aspasia  , frustrato da Fanny Targioni-Tozzetti sui sentimenti della quale precedentemente si era illuso al punto che gli sembrava di errare "sott'altra luce che l'usata"[5].

Dopo la morte del poeta, Ranieri disse a Fanny che quella donna era lei ma ella protestò dichiarando di non aver mai dato "la menoma lusinga a quel povero uomo" e anzi precisò, ogni volta che il Leopardi accennava a cose d'amore, "io m'inquietavo, e non volevo, né anco credevo vere certe cose, come non le credo ancora, ed il bene che io gli volevo glielo voglio ancora tal quale, abbenché ei più non esista"[6].

Vediamo dunque la vendetta dell'innamorato deluso. Rispetto al solito: diventerai vecchia e brutta, qui la variante è: sei scema come tutte, quasi tutte le donne. Riporto alcuni versi di Aspasia :"Raggio divino al mio pensiero apparve,/donna, la tua beltà[7].... Vagheggia/il piagato[8] mortal quindi la figlia/della sua mente, l'amorosa idea/che gran parte d'Olimpo in se racchiude, /tutta al volto ai costumi alla favella/pari alla donna che il rapito amante/vagheggiare ed amar confuso estima./Or questa egli non già, ma quella, ancora/nei corporali amplessi, inchina ed ama./ Alfin l'errore e gli scambiati oggetti/conoscendo, s'adira; e spesso incolpa/la donna a torto. A quella eccelsa imago/sorge di rado il femminile ingegno;/e ciò che inspira ai generosi amanti/la sua stessa beltà, donna non pensa,/né comprender potria. Non cape in quelle/anguste fronti ugual concetto. E male/al vivo sfolgorar di quegli sguardi/spera l'uomo ingannato, e mal richiede/sensi profondi, sconoscuti, e molto/più che virili, in chi dell'uomo al tutto/da natura è minor. Che se più molli/e più tenui le membra, essa la mente/men capace e men forte anco riceve" (vv. 33 e ss.). Quel "di rado" invero lascia qualche speranza.

 

Un altro libro antifemminista è Sesso e carattere  di O. Weininger, morto suicida nel 1903, a 23 anni. Ne abbiamo già riferito qualche cosa. Egli nel suo libro sostiene che la femmina umana ha sempre bisogno della guida del maschio:" la donna s'aspetta sempre dall'uomo la delucidazione delle proprie rappresentazioni oscure...la donna riceve la propria coscienza dall'uomo: la funzione sessuale per l'uomo-tipo di fronte alla donna-tipo è appunto quella di rendere cosciente l'inconscio della donna che è per lui il completamento ideale"[9]. Più avanti l'autore sostiene che "la donna non possiede alcuna logica" (p. 163) Ella  "non possiede dunque il principium identitatis  né il principium contradictionis  o exclusi tertii ". Allora "un essere che non comprende come A e non-A s'escludano a vicenda, non trova nessun impedimento alla menzogna, anzi per lui non esiste un concetto di menzogna, dato che il suo contrario, la verità, gli rimane completamente ignota come termine di confronto" (p. 164). La donna si realizza nell'attività sessuale e dunque ella "non pretende dall'uomo bellezza ma pieno desiderio sessuale. Su di essa non fa mai impressione l'elemento apollineo nell'uomo ( e perciò neppure quello dionisiaco), ma quello faunesco nella sua massima estensione; mai l'uomo ma sempre il maschio; e in primo luogo-non lo si può tacere in un libro sulla donna-la sua sessualità nel senso più stretto, il phallus " (p. 258). La paura che l'uomo ha della donna sarebbe orrore del vuoto:"Il senso della donna è dunque quello di essere non-senso. Essa rappresenta il nulla, il polo contrario alla divinità, l'altra possibilità nell'essere umano..E così si spiega anche quella profonda paura dell'uomo: la paura della donna, cioè la paura di fronte alla mancanza di senso: la paura dinanzi all'abisso allettante del nulla...la donna non è nulla, è un vaso cavo imbellettato e dipinto per un pò di tempo" (p. 299)...Soltanto col diventare sessuale dell'uomo la donna riceve esistenza e importanza: la sua esistenza dipende dal phallus  e questo è perciò il suo supremo signore e dominatore assoluto. L'uomo divenuto sesso è il Fatum  della donna; don Giovanni è l'unico uomo dinanzi a cui tremi fin nel midollo delle ossa" (p. 300).

 

Non è nuovo del resto quanto afferma Weininger: nelle Nuvole di Aristofane il discorso ingiusto (Lovgo" a[diko" ) sostiene che Tetide lasciò Peleo perché non era impetuoso (uJbristhv" , v. 1067)  e non era piacevole passare la notte con lui, mentre la donna gode a essere sbattuta. Si noti il capovolgimento dell' u{bri" , la violenza, che applicata alla libidine della donna diviene un valore.

Altrettanto in Machiavelli:"Io iudico bene questo, che sia meglio essere impetuoso che respettivo, perché la fortuna è donna; et è necessario, volendola tenere sotto, batterla et urtarla" (Il Principe, XXV, 9).

 

Echi del misogino austriaco si trovano nel rimuginare di Zeno  osserva e ascolta il rivale Guido provando la tentazione di ucciderlo, una voglia repressa perché non ne scapiti il sonno:"Faceva parte della sua teoria (o di quella del Weininger) che la donna non può essere geniale perché non sa ricordare"[10].

 

Nell'ultimo capitolo del libro di Weininger (La donna e l'umanità ) troviamo uno spiraglio, l'accenno a un remedium  rispetto all'impossibilità di amare. Il rimedio giusto è sempre la moralizzazione. "Nel coito sta il massimo abbassamento, nell'amore la massima elevazione della donna. Che la donna pretenda il coito e non l'amore significa che vuol essere avvilita, non innalzata. La maggior nemica dell'emancipazione della donna è la donna stessa (p. 334)...come deve l'uomo trattare la donna? Come vuole essere trattata essa stessa, o come esige l'idea morale? Se la deve trattare come essa vuole, deve accoppiarsi a lei, ché essa vuol venir posseduta; la deve picchiare, ché vuol esser percossa; ipnotizzare, ché vuol venire ipnotizzata; deve dimostrarle con la galanteria quanto poco ne stimi il vero valore, ché essa vuol sentirsi complimentare, ma non venir stimata per ciò che è. Se invece vuole comportarsi di fronte alla donna come esige l'idea morale, dovrà cercare di vedere in lei la creatura umana che è, cercar di stimarla come tale (p. 335)...l'uomo non è in grado di risolvere il problema etico per la propria persona se continua a negare l'idea dell'umanità nella donna, nel momento che ne usa come d'un mezzo di godimento" (p. 339).

Una resipiscenza del genere viene in mente all'uxoricida del romanzo breve di Tolstoj Sonata a Kreutzer : " Guardai i miei figlioli, il suo volto livido e disfatto, e per la prima volta dimenticai me stesso, i miei diritti, l'orgoglio, e per la prima volta vidi in lei un essere umano". Sembra l' a[rti manqavnw , "ora comprendo", di Admeto nell'Alcesti di Euripide (v. 942).

 

A me è successo questo e pure il contrario: mi è accaduto di aver pensato di credere buone alcune donne ciniche e voraci come squali. Altre volte invece non ho prestato la dovuta attenzione a delle amiche e amanti buone, generose, sincere: ricche di umanità. Me ne sono pentito e ho capito. Dico che bisogna distinguere le persone opponendoci agli stereotipi che mettono tutti i buoni da una parte e tutti i cattivi dall’altra.

 

Bologna 1 dicembre 2023 ore 18 giovanni ghiselli.

 

p. s

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[1]Si ricorderà "son volpi vezzose" de Le nozze di figaro .

[2]Cfr. G. Ghiselli, Sofocle, Antigone , pp. 121-130.

[3]G. Leopardi traduce"In carità reciproca...ambo i consorti dolcemente invecchiano".

[4]Parerga e paralipomena  Tomo II, p. 832 e ss.

[5]G. Leopardi, Il pensiero dominante , v. 104.

[6] Citazione tratta da Giacomo Leopardi, Canti , p. 231.

[7]Nota il platonismo.

[8]Nota il tovpo" della ferita amorosa.  

[9]Sesso e carattere , p. 124.

[10] I. Svevo, La coscienza di Zeno, p. 170.

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