giovedì 27 febbraio 2025

L’apprendistato XXIV parte. Il casinetto mio.


 

 

Contiguo allo stadio c’è quella casetta o casinetto1 che tornerà in primo piano nella storia di Helena, particolarmente nell’episodio di una notte simile a quella di Valpurga con la  tentazione che mi provenne dalla pulzella di Strasburgo Josane, quando mi comportai come santo Antonio evitando umiliazione e dolore  alla ragazza madre amante amata.

Eravamo nel 1971. Nemmeno allora dovevo sfuggire alle prove2. Neanche adesso,

E’ una casa non grande, a due piani3, con due terrazze, una per piano, come quella di Eufileto, l’eterno marito becco e vendicativo, stolto omicida difeso da Lisia.

Nel 1966 sedetti sulla terrazza più bassa per trangugiare un caffè e ingozzare dei pasticcini, indifferente a quel luogo che sarebbe diventato uno dei più significativi della mia vita mortale. 

Al secondo piano il custode abitava; al primo teneva un bar con seggiole e tavolini, sia nell’interno sia nella terrazza, dove ci sarebbero state alcune feste intermedie tra quella della conoscenza e quella dell’addio dove Afrodite riuniva ragazze e ragazzi perché si conoscessero nella prima, e si salutassero per sempre, con gratitudine eterna, nell’ultima. In queste più o meno settimanali si sarebbero consolidate oppure avrebbero vissuto ore di crisi i miei rapidi amori  pellegrini; là donne straniere e pure italiane, come vedremo, mi avrebbero approvato o redarguito, esortato o confutato insegnandomi buona parte di quello che ora so.

A scuola non ho imparato di più né di meglio.

 

Su uno di quei tavolini piansi lacrime catartiche alla fine della storia di Päivi  che forse conosci, lettore. Quella sera di agosto nel rosso del cielo mi apparve un girotondo di amici ancora vivi e uno-Bruno-  morto già allora, cinquanta anni fa..

 

Nel luglio del ’66 però, imbestiato com’ero, in quel casinetto vidi soltanto un bar dove sedermi  per bere un caffè assai zuccherato e perdere altri dieci minuti di questa rapida vita mortale oziosamente, ossia senza agire, né osservare, né meditare in modo costruttivo, ma solo cercando di tenere a bada l’angoscia e assecondare l’ingordigia animalesca  del ventre. Trangugiato il lungo caffè pieno di zucchero non senza delle paste  dolci  e nauseabonde che avevo aspettato con impazienza frenetica, si era fatto il tocco, come si dicevano nella bella parlata toscana di  casa mia, cioè l’una, insomma l’ora di desinare. Un pranzo del tutto immeritato da parte mia. Mi avrebbe fatto meglio una bastonatura da bestia quale ero quando ogni mensa erano la degna tana della mia vita non umana.

 

Note

1 Cfr.  Mozart-Da Ponte, Don Giovanni, I, 9: “Quel casinetto è mio: soli saremo, e là gioiello mio, ci sposeremo. Là ci darem la mano, là mi dirai di sì”.

2 Cfr. Odissea, I, 18.

3 Cfr. l’orazione giudiziaria di Lisia Per l’uccisione di Eratostene: “oijkivdiovn ejsti diplou`n, i[sa e[con ta; anw toi`" kavtw” ,   E’ una casetta a due piani che ha gli ambienti di sopra simmetrici a quelli di sotto.

 

Bologna 27 febbraio 2025- ore 19, 05

giovanni ghiselli

p. s

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