Il principale carattere espressivo di Sofocle è l'uso etimologico della lingua. Facendo affiorare l'etimo, il significato vero e profondo accanto a quello usuale della chiacchiera, il poeta evoca quella ambiguità della parola drammatica che costituisce uno degli aspetti della sua densità e significazione particolare. Non solo: Sofocle fa un uso radicale della parola per arrestare quel logoramento della lingua greca che corrisponde alla degradazione dello spirito religioso e alla degenerazione della morale.
Come l’affabulazione del signore di cui c’è l’oracolo a Delfi quella di Sofocle "non dice e non nasconde ma significa". Il poeta di grande valore deve essere denso, significare molto con poche parole pregnanti come ci insegna il termine tedesco Dichter poeta: dicht significa fitto, folto.
Tale densità non equivale a difficoltà o astruseria, se è vero che il nostro drammaturgo fu il beniamino del popolo, e che la sua carriera teatrale agli esordi fu propiziata da un personaggio come Cimone (Plutarco, Vita , 8) che al pari di altri Ateniesi "amava il bello con semplicità e la cultura senza mollezza"(Tucidide II,40).
I Cori presentano le maggiori difficoltà siccome concentrano in sintesi ricche di significati, però mai oscure, contenuti di fede, elementi di storia, echi di fatti recenti e di tradizioni antichissime, e per giunta la visione del poeta, se è vero che nel dramma la parte corale costituisce quel famoso "cantuccio" da dove l'autore, ha facoltà di esprimere il proprio pensiero senza "introdursi nell'azione".
Come tutti i grandi che hanno molto da dire, Sofocle non è privo di pecche, le quali, dal punto di vista dell'Anonimo Sul sublime (33) consistono in uno spengimento e in una caduta dell'ardente impeto poetico. Un difetto che, secondo il critico antico, lo accomuna a Pindaro.
Privo di scorie invece lo giudica F. Nietzsche, in Umano, troppo umano (II vol. Opinioni e sentenze diverse, 162)) quando scrive:" Shakespeare paragonato con Sofocle, è come una miniera piena di un'immensità di oro, piombo e ciottoli, mentre quello non è soltanto oro, ma oro anche lavorato nel modo più nobile, tale da far quasi dimenticare il suo valore come metallo. Ma la quantità, nei suoi massimi potenziamenti, agisce come qualità: ciò torna a vantaggio di Shakespeare".
Noi possiamo notare una noncuranza nei confronti delle ripetizioni di termini; esse sono presenti in tutto il dramma. "Una nobile povertà, ma anche una magistrale libertà entro il poco appariscente possedimento, distingue gli artisti greci della parola (…) non si finisce mai di ammirare e si ha buon occhio per il loro leggero e delicato modo di trattare ciò che è ordinario, e ciò che è apparentemente consunto da gran tempo, in parole ed espressioni"(Nietzsche, Umano, troppo umano II vol. Il viandante e la sua ombra , 127).
Abbiamo cercato di rendere in italiano lo spessore semantico del greco, rispettando in ogni caso le scelte dell'autore, anche quelle difettose o presunte tali, pure a costo di sacrificare qualche cosa di quella logica che è tipica, caso mai, della prosa, e probabilmente avrebbe sacrificato non pochi degli intendimenti di Sofocle e mortificato l’insieme.
D'altra parte, là dove il senso italiano è offuscato dalla condensazione o addirittura dalla sovrapposizione di significati diversi, questi vengono spiegati dalle note che a volte non sono brevi poiché ogni parola dell'autore dà numerose risonanze e il minimo dei segni sofoclei realizza il massimo degli echi e dell'energia semantica.
Bologna 21 febbraio 2025 ore 17, 56 giovanni ghiselli
p. s.
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