giovedì 13 febbraio 2025

Contro l’usura il lenocinio e la spietatezza. Catone conto le donne che manifestano.


 

Leopardi dice che Cicerone con le Filippiche voleva "persuadere i Romani a operare illusamente", ma "Cicerone predicava indarno, non c'erano più le illusioni d'una volta, era venuta la ragione, non importava un fico la patria...eran fatti egoisti, pesavano il proprio utile...E la ragione facendo naturalmente amici dell'utile proprio, togliendo le illusioni che ci legano gli uni agli altri, scioglie assolutamente la società, e inferocisce le persone"[1].

Oggi la dittatura della tecnologia a partire dai cellulari spoliticizza le persone rendendo ognuno di noi una monade feroce,

Oggi la violenza di moda che inferocisce le persone non è data dalla ragione ma dal pessimo esempio delle guerre.

Parlare male senza lasciarsi capire, altra violenza di moda, dipende dall’imitazione dei rumori della guerra e fa parte della guerra alla parola. Senza questa l’uomo non è animale linguistico bensì animale soltanto. Abbiamo una sottosegretaria governativa che abbaia invece di parlare.

 

Dopo la guerra contro Annibale che devastò l’agricoltura e la cultura italica, 

 i proprietari dei grandi fondi si salvarono con il bestiame o mutando la coltivazione. La pianura padana riforniva mezza Italia di maiali e prosciutto. La cultura della vite richiedeva molta mano d’opera e se la poteva permettere solo chi avesse avuto schiavi e capitale, anche perché per un paio di anni la vite non rende. I padroni latifondisti assenteisti lasciavano il latifondo a pascolo e molti terreni arativi non venivano più coltivati. Quelli che sfruttavano l’agro pubblico, incerti sulla durata dell’occupazione, erano restii a investire capitali in piantagioni di viti e di olivi e lo lasciavano a pascolo.

I grandi ricchi sono l’argentarius, il banchiere, e il fenerator, l’usuraio. Questi prendevano in appalto la riscossione delle imposte, le forniture. E le costruzioni o ricostruzioni come ora vuole fare Trump.

 Alcuni schiavi ereditavano il patrimonio del padrone, per il valore o per i vizi, ne prendevano il posto e snaturavano la cultura italica. Al’aristocrazia politica segue quella della borsa rappresentata dal’ordine equestre e la lotta tra i due ceti –cavalieri- senatori- riempie il secolo successivo. La roccaforte dell’economia nazionale era il traffico del denaro. Già allora.

Catone il Vecchio scrive che l’usuraio anticamente subiva pene doppie rispetto a quelle del ladro e Plauto nel Curculio fa dire al protagonista un parasitus  che gli usurai (f(a)eneratōres) sono della stessa stoffa dei lenoni (lenones).

 Curculio parla a un banchiere Lyco trapezīta ( trapezivth~ -travpeza =banca)   parissimi estis hibus, v. 506  siete uguali ai lenoni): anzi sono peggiori: Hi questi, i lenoni,  saltem in occultis locis prostant (fanno sudici affari), vos in foro ipso (v. 507), vos – voi usurai faenori- con l’interesse-  hi questi, i lenoni- male suadendo et lustris lacerant homines (508), lustrum qui significa postribolo.

Quanto agli argentarii: habent hunc morem plerique argentarii,/ut alius alium poscant, reddant nemini,/pugnis rem solvant, siquis poscat clarius” (377-379), hanno questo costume i banchieri:  chiedono a questo e a quello, non rendono a nessuno, e se qualcuno chiede troppo apertamente, risolvono la cosa a pugni.

Secondo Catone il Vecchio l’agricoltore invece è esente dai cattivi pensieri e le sue ricchezze derivavano dal lavoro e dalla frugalità. La guerra annibalica aveva rovinato l’Italia meridionale, particolarmente Capua e Taranto: più che Annibale però furono i capitalisti di Roma a trasformare in peggio, cioè a indebolire, la popolazione italica. Anche la religione cambia con l’introduzione dei culti della Magna Mater (204 a. C.) e di Dioniso (186 a. C.).

Cambiava il costume: le donne dissolute e gli schiavi favoriti distoglievano dal matrimonio. Catone lamenta l’emancipazione della donna e il lusso che si diffondeva negli abiti e nelle mense.

 

Dopo Canne nel 215 fu promulgata la lex Oppia, una legge suntuaria che vietava lo sfoggio del lusso alle donne ricche. Queste scesero in piazza nel 195 chiedendo l’abolizione di tale divieto.

Questa legge imponeva un limite al lusso delle matrone: vietava alle donne di possedere  più di una mezza oncia di oro,  di indossare vesti multicolori o di girare per Roma su un cocchio a doppio traino di cavalli.

 

Catone il Vecchio tuonò in Senato contro tale novità affermando che le donne devono essere tenute sempre sotto controllo.

  Parlò da console  pro lege quae abrogabatur (Tito Livio, 34, 1, 7) in favore della legge che si voleva abrogare e contro la libertà femminile da lui equiparata alla licenza. Nel 184 sarebbe diventato Censore.

 

La paura della donna suggerisce  alcune parole  sulla  necessaria sottomissione della femina  al fine di tenere sotto controllo una natura altrimenti intemperante.

: Maiores nostri nullam, ne privatam quidem rem agere feminas sine tutore auctore voluerunt, in manu esse parentium, fratrum, virorum...date frenos impotenti naturae et indomito animali et sperate ipsas modum licentiae facturas...omnium rerum libertatem, immo licentiam , si vere dicere volumus, desiderant " (XXXIV, 2, 11-14) i nostri antenati non vollero che le donne trattassero alcun affare, nemmeno privato senza un tutore, e che stessero sotto il controllo dei padri, dei fratelli, dei mariti...allentate il freno a una natura così intemperante, a una creatura riottosa e sperate pure che si daranno da sole un limite alla licenza...desiderano la libertà, anzi, se vogliamo chiamarla  con il giusto nome la licenza in tutti i campi.

In conclusione:

:"Extemplo simul pares esse coeperint, superiores erunt " ( XXXIV, 3, 2.)  appena cominceranno a esserci pari, saranno superiori.  

 

Bologna 13 febbraio 2025 ore 12, 54 giovanni ghiselli

 

p. s.

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[1]Zibaldone , 22-23.

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