giovedì 13 febbraio 2025

Viaggio in Grecia. Quarta parte. Su e giù per il Taigeto fino a Sparta. La piazza con le bambine e i bambini.


 

Mi alzai dunque la mattina seguente con la speranza di farcela. Un ottimismo ansioso del resto: lo stato della mia forma non era ottimo e quello della salute imperfetto. Tuttavia non volevo cedere a meno di un brutto malore. In questo caso sarei salito direttamente nel cielo. “Il prode- mi dissi- uomo  di cedere inesperto”, dunque: ouj lhvxw.

Ce la feci dignitosamente ma non senza grande fatica. Ricordavo quando fino a due anni or sono sulle rampe di qualsiasi salita staccavo tutti i comites. Questa volta invece rimanevo indietro al comes superstite che ogni due chilometri mi aspettava trepido temendo di non vedermi arrivare mai più e dovere tornare indietro per darmi una sepoltura non priva di onore. Gli avevo chiesto di seppellirmi dove fossi caduto ucciso dalla fatica, nel caso, lui stesso con le sue mani. Avrei avuto gioia della sepoltura nella terra, senza urna.

Ogni volta che mi vedeva arrivare, Alessando tirava un sospiro di sollievo, quasi incredulo. Mi ricordò, umanamente, che due anni prima, andando a Sansepolcro da Pesaro in bicicletta attraverso Bocca Trabaria, lo avevo preceduto di otto minuti sul passo appenninico alto un migliaio di metri.

“Lo so, lo so-risposi- una volta corteggiavo tutte le donne attraenti e diverse mi rispondevano, e sognavo perfino di vincere il Tour, ma ogni cosa a suo tempo”.

Ero felice di avercela fatta e di non essere morto. Alcuni dei nostri compagni di viaggio di un tempo avevano già compiuto l’ultimo giro-defuncta vita-.

Conclusa miracolosamente la salita, c’era da affrontare una discesa cupa e precipitosa di altri trenta chilometri fino a Sparta. Si sentivano cani o lupi affamati ululare nell’ombra.

facilis descensus Averno” , pensai tremando dal freddo e dalla paura. Poi mi rincuorai: “Tu ne cede malis sed contra audentior ito

Poi giù per la lunga, tortuosa eppure ripida via all’ingiù, rabbrividendo.

Arrivati a Sparta trovammo un ostello, povero sì, però a me molto caro. Cenammo affamati su una piazza rallegrata da bambine e bambini che correvano e giocavano con lieto rumore.

Le bambine erano più intraprendenti. Pensai all’educazione delle antiche , robuste ragazze spartane: “solo noi-dicevano- mettiamo al mondo dei veri uomini”.

Ringraziai Dio, chiunque egli sia, di avermi salvato la vita e rivolsi un pensiero affettuoso a Fulvio, l’amico celeste.

Accompagnai l’amico terrestre Alessandro, lo ringraziai per l’aiuto filiale che mi aveva dato, poi tornai nella piazza a osservare le bambine intrepide, forti, imperiose  e i bambini, i loro paredri contenti, contento anche io.  

Vedendone una dai capelli rossi molto bellina e vivace  mi venne in mente la figlia di Päivi e mia mai nata, e le inviai comunque un pensiero d’amore.

 

Bologna 13 febbraio  2025 ore 19, 32  giovanni ghiselli

p. s.

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