A proposito dei Britanni vinti dai Romani, Tacito scrive che cominciarono a indossare la toga con frequenza e un poco alla volta si orientarono verso l’allettamento dei vizi, i portici, i bagni e l’eleganza dei conviti. E questo tra gli inesperti si chiamava civiltà, mentre era parte della servitù. paulatimque discessum ad delenimenta vitiorum porticus et balinea et conviviorum elegantiam. Idque apud imperitos humanitas vocabatur, cum pars servitutis esset (Agricola, XXI).
Trovo una corrispondenza tra questo indebolimento che prelude all’asservimento e gli esempi di mollezza, consumismo, rifiuto della fatica pubblicizzato da questa ultima civilizzazione spacciata per civiltà.
Senza fatica non si praticano con buoni risultati o non si praticano affatto né lo studio né lo sport.
Già Tito Livio aveva segnalato un decadimento del genere che logorò le forze dell’esercito di Annibale dopo i successi del Ticino, della Trebbia, del Trasimeno e di Canne.
Rileggiamo anche lo storiografo patavino che presenta gli ozi di Capua come il rovescio della vittoria conseguita a Canne da Annibale “Itaque quos nulla mali vicerat vis, perdidere nimia bona ac voluptates immodicae ( …) Somnus enim et vinum et epulae et scorta balinaeque et otium consuetudine in dies blandius ita enervaverunt corpora animosque, ut magis praeteritae victoriae eos quam praesentes tutarentur vires”, li difendevano più le vittorie passate che le forze presenti (Storie, 23, 18). Annibale non ottenne più l’antica disciplina da quei soldati molti dei quali dai campi militari fuggivano a Capua scortis impliciti, irretiti dalle puttane.
Ovviamente non auspico labor et disciplina quali preparazione alle guerre.
Nell’Italia avviata al disastro sarebbe necessaria una svolta che partisse dalla scuola. Se i ragazzi tornassero a studiare con serietà, guidati da docenti studiosi, colti, intelligenti e appassionati, se dai licei e dalle Università uscissero giovanissimi e giovani preparati bene, un poco alla volta tutto funzionerebbe meglio. Assistiamo a incidenti quotidiani dovuti all’ impreparazione che causa disfunzioni continue. Personalmente attribuisco all’ignoranza pefino i femminicidi quotidiani. Mena e uccide, o quanto meno bercia, abbaia, chi non sa parlare. E non sa parlare chi non legge ma ha la testa infarcita di luoghi comuni funzionali al consumismo, di propaganda della prepotenza, mentre ha il resto del corpo ridotto a transito di cibo e di bevande.
Bologna 12 febbraio 2025 ore 20, 12 giovanni ghiselli.
p. s.
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