venerdì 28 febbraio 2025

L’apprendistato XXVII parte. La piscina bella, poi deformata.


Mi guardai in uno specchio per acconciarmi alla meno peggio. In effetti ero malconcio. Avevo nel volto e nel corpo le piaghe di chi ha fatto della propria vita un nodo atroce di doveri prima, e  di colpe poi.

Solo i polpacci conservavano i muscoli belli dell’antico agonismo.

La natura non mi aveva tolto tutto e io dovevo tentare il recupero con volontà e con arte. Dovevo trovare il modo di rendere aureum il mio corpus  così brutalmente violentato da me stesso e sconciati.

Se fossi riuscito a restituirmi a me stesso -reddere me mihi ipsi- avrei reso felice anche altre persone.  

Sopra il costume dunque indossai dei calzoni che  lasciavano vedere i muscoli delle gambe, mentre alzai  la cintola fino sopra la vita larga per nascondere almeno in parte il ventre obbrobrioso del nemico di me stesso: ne avevo vergogna e rimorso. Ma l’occultamento del ventre non ne cancellava l’infamia, nemmeno la nascondeva. Ci voleva una ricostruzione ben fatta come si opera con una città devastata.

Dopo questo proposito mi avviai in direzione della piscina. Attraversai di nuovo il bosco pieno di ombre, di enigmi non ancora risolti, e varcai il laghetto camminando adagio sul ponticello che, invece era assolato e cominciava a essermi familiare.

Un chiaro punto di riferimento in quell'intrico boschivo insomma.

 La piscina di Debrecen allora era bella, grande, ricca di alberi, prati, cespugli, fiori, chioschi e, naturalmente, di vasche. Queste avevano l’acqua fredda, o tiepida, o calda e curativa. Erano rettangolari, o circolari; grandi, piccole e medie; alcune avevano un trampolino per i tuffi, altre le onde artificiali per il gioco dei bambini, in altre ancora si poteva nuotare.

Insomma era un bel luogo, attrezzato bene, pulito, confortevole, quasi gratuito e frequentato da persone rispettose le une delle altre.

Quando ci sono tornato 45 anni più tardi, in bicicletta, illudendomi di ritrovarlo qual era, vidi invece con dispiacere che, quel giardino d’estate aperto al popolo di Debrecen, era diventato parte di un albergo, ed era stato completamente  modificata in peggio: privo di vegetazione, di giochi per bambini, di varietà di vasche: da luogo di incontro e svago popolare, era stato  ridotto a ritrovo squallido e costoso di borghesucci pretensiosi, trasformato in merce e affare volgare.

Brutto assai dunque, quasi quanto l’Hungaria ridotto a MacDonald. Nel 2011 era caduto già da diversi anni il muro che separava due Europe diverse. Ne rimaneva una sola, poco bella e poco buona.  C’erano già state diverse guerre con tanto di bombardamenti sui civili e se ne preparavano tante altre sempre più sanguinose e devastanti.

Bologna 28  febbraio 2025 ore 11, 05  giovanni ghiselli

p. s.

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