venerdì 21 febbraio 2025

Edipo re II parte. Alcune notizie su Sofocle e la sua opera


 

Sulla vita di Sofocle riferiamo i dati che possono avere influenzato l'opera o impressionato la critica. Nato nel 497-496 da famiglia agiata, nel 480 guidò il coro dei giovinetti che celebrarono la vittoria di Salamina danzando e cantando un peana ad Apollo. Fruì di un'accurata educazione ginnica e musicale, tanto che poté recitare nei suoi drammi, interpretando la parte di Tamiri cui spettava suonare la cetra, e quella di Nausicaa impegnata a danzare lanciando la palla. Rimase quasi sempre ad Atene, dove partecipò alla vita politica fra i dirigenti della città. Nel 442 fu ellenotamio, uno degli amministratori del tesoro della confederazione delio-attica; nel 441, in seguito al successo dell'Antigone, fu eletto fra i dieci strateghi, e fu stratego anche una seconda volta, nel 427, con Nicia.  Queste notizie  significano che Sofocle non fu l'intellettuale da tavolino, come sarà lo scrittore  sedentario di Alessandria, prefigurato  da Euripide che nelle Baccanti del resto arriverà al disgusto del sapere libresco e cerebrale:" to; sofo;n d j ouj sofiva (v.395), il sapere non è saggezza.

Nel 413, dopo la catastrofe della spedizione in Sicilia, Sofocle fece parte del collegio dei dieci Probuli che prepararono il governo oligarchico dei Quattrocento. Aristotele nella Retorica (1419a) ci informa che il poeta, interrogato da Pisandro se istituire i Quattrocento non gli sembrasse una cosa cattiva, rispose:"Sì, ma non vi era altro di meglio- naiv –e[fh- ouj ga;r h\n a[lla beltivw-".

 

 

 Verso la fine della vita il vecchio poeta venne citato in giudizio dal figlio Iofonte per demenza senile. Sofocle recitò alcuni versi del suo ultimo dramma, l'Edipo a Colono , quale prova che non aveva perduto il senno. Naturalmente fu assolto. L'episodio è raccontato in modo sintetico e vivace da Apuleio nell' Apologia (37):"Sophocles poeta Euripidi aemulus et superstes, vixit enim ad extremam senectam, cum igitur accusaretur a filio suomet dementiae, quasi iam per aetatem desiperet, protulisse dicitur Coloneum suam, peregregiam tragediarum, quam forte tum in eo tempore conscribebat, eam iudicibus legisse nec quicquam amplius pro defensione sua addidisse, nisi ut audacter dementiae condemnarent, si carmina senis displicerent. Ibi ego comperior omnis iudices tanto poetae assurrexisse, miris laudibus eum tulisse ob argumenti sollertiam et coturnum facundiae, nec ita multum omnis afuisse quin accusatorem potius dementiae condemnarent", il poeta Sofocle, rivale di Euripide e a lui sopravvissuto, arrivò infatti fino alla vecchiaia estrema; allora accusato di demenza dal suo stesso figlio, come se per l'età oramai vaneggiasse, si dice che abbia presentato il suo Edipo a Colono , ottima tra le tragedie, che egli componeva appunto in quel tempo, e l'abbia letta ai giudici, aggiungendo a propria difesa nient'altro che osassero condannarlo per pazzia  se dispiacevano i versi del vecchio poeta. Trovo scritto che tutti i giudici si levarono in piedi davanti a tanto poeta, esaltandolo per la bravura della trama e la grandiosità dello stile tragico, e non mancò molto che piuttosto condannassero unanimamente l'accusatore per demenza.  

I pimi versi suonano già bene:

tevknon tuflou` gevronto~   jAntigonh, tivna~

cwvrou~  ajfivgmeq j h] tivnwn ajndrw`n polivn;

Figlia di un vecchio cieco, Antigone, a quali

luoghi siamo giunti o alla città di quali uomini?

Chi accoglierà nel giorno presente

 con doni grami l'errante Edipo

che poco chiede e ancora meno

del poco porta via, e questo a me basta?  (1-6)

 

Sofocle morì nel 406, poco dopo Euripide, per la cui scomparsa durante il proagone delle Dionisie fece recitare il coro e gli attori in abito da lutto e senza corona. Dopo la morte fu onorato come eroe Dexìon, l'Accoglitore,  poiché aveva partecipato al culto di Asclepio, il dio risanatore, ospitandone in casa la statua quando questa fu portata da Epidauro ad Atene. Un  segno della sua pietas e della sua probabile lontananza  dalla medicina scientifica.

Il Dioniso delle Rane  di Aristofane (405 a. C.) nota che il poeta conservò anche dopo la morte quello spirito equilibrato e sereno che lo aveva caratterizzato sulla terra:"oJ d jeu[kolo" me;n e[nqavd j, eu[kolo"[1] d j ejkei'", egli è di buon carattere qua come lo era là (v.82).

A commentare questo aggettivo usato dal commediografo per caratterizzare Sofocle, si presta la seguente riflessione di F. Nietzsche in Umano, troppo umano II:"Sofocleismo. Chi ha versato acqua nel vino più dei Greci? Sobrietà e grazia congiunte. Fu questo il privilegio di nobiltà dell'ateniese al tempo di Sofocle e dopo di lui. Nel vivere e nel creare!" (Parte seconda, Il viandante e la sua ombra, 336).

 Su tale topos critico e sul fatto che venga condiviso da Nietzsche ha qualche cosa da ridire A. La Penna il quale, nell'intenzione di reinterpretare "gli scrittori che i classicisti prediligevano", fa l'esempio "istruttivo di Sofocle: il classicismo di gusto winckelmanniano lo metteva molto in alto, ma un pò lo imbalsamava come il tragico sommo, dalla nobile e composta serenità; dopo Nietzsche, dopo Perrotta, lo sentiamo come un tragico molto meno sereno, ma non meno potente; il culto di Sofocle costituiva un ostacolo alla giusta valorizzazione della grandezza di Eschilo: oggi siamo ben lontani da una tale situazione."(Da Lucrezio a Persio, p. 8).

 

Non bisogna infatti dimenticare che nel terzo stasimo del suo ultimo dramma, Edipo a Colono , il coro dà voce alla sapienza silenica. Con questo canto il vecchissimo poeta accetta la condanna alla morte cui siamo destinati tutti fin dalla nascita :"Non essere nati (mh; fu'nai) supera/ tutte le condizioni, poi, una volta apparsi,/ tornare al più presto là/ donde si venne,/  è certo il secondo bene./ Poiché quando uno ha oltrepassato la gioventù/ che porta follie leggere, /quale travagliosa disfatta resta fuori?/ Quale degli affanni non c'è?/Invidia, discordie, contesa, battaglie,/ e uccisioni; e sopraggiunge estrema/ l'esecrata vecchiaia impotente / asociale, priva di amici ajkrate;~ ajprosovmilon -gh`ra~ a[fi

lon- /dove convivono tutti i mali dei mali"(vv.1224-1238).

 

 Una Vita  anonima conservata da alcuni manoscritti e risalente al tardo ellenismo, ci fa sapere che:"Gevgone de; kai; qeofilh;" oJ Sofoklh'" wJ" oujk a[llo" (12), fu in rapporti amichevoli con gli dei quant'altri mai, il che corrisponde alla nostra interpretazione, come del resto un'altra notizia secondo la quale:"To; pa'n me;n ou\n oJmhrikw'" wjnovmaze (20), chiamava ogni cosa alla maniera omerica.

L'indicazione di parentela con il"poeta sovrano" del resto si è sprecata per gli scrittori bravi: da Esiodo, per la lingua, a Tolstoj per l'ampiezza e la precisione delle descrizioni, per il "ritardare epico" insomma, a Joyce, per il titolo del suo Ulisse , se non altro.      

 Sofocle avrebbe scritto più di cento drammi riportando la vittoria una ventina di volte. Elevò il numero dei coreuti da dodici a quindici, introdusse il terzo attore e la scenografia. Divise la trilogia in tre drammi autonomi per mettere in risalto l'individuo.

Rimangono sette tragedie intere (Aiace, Antigone del 442, Trachinie, Edipo re, Elettra, Filottete  (409), Edipo a Colono  (la più lunga tragedia greca pervenutaci: 1779 versi) rappresentata postuma nel 401.

Poi un migliaio di frammenti , e parti estese di un dramma satiresco:  jIjjjjcneutaiv,  I cercatori di tracce.

 

 Bologna 21 febbraio 2025 ore 10, 44 giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Aristotele nella Retorica 1381a contrappone eu[koloς a machtikovς, pugnace.

 

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