Kierkegaard nota che per il personaggio della tragedia classica quale il Filottete di Sofocle, per esempio, la solitudine è una condizione innaturale e dolorosa.
Infatti per l'uomo che viveva nella povli" democratica la solitudine dell’impolitico è una condizione innaturale :"benché si muovesse liberamente, l' individuo restava nell'ambito delle determinazioni sostanziali, nello Stato, nella famiglia, nel fato. Questa determinazione sostanziale è la vera e propria fatalità della tragedia greca, e la sua vera e propria caratteristica. La rovina dell'eroe non è perciò solo una conseguenza della sua azione, ma è anche un patire"[1], un subire, chiarisco, come affermano Edipo e re Lear.
Cfr. Edipo a Colono, vv.266-267:" ejpei; tav g j e[rga mou-peponqovt j ejsti; ma'llon h] dedrakovta", le mie azioni piuttosto che compierle io le soffersi", e allora gli dei che lo avevano abbattuto, lo rimettono in piedi (v.394).
Il lunatic king Shakespeare dirà parole simili: “I am a man/more sinned against than sinning” (King Lear, III, 2), io sono un uomo contro il quale si è peccato , più che un peccatore .
Allora l’eroe della tragedia, secondo Kierkegaard, come per Aristotele Edipo ad esempio che non delinque ma sbaglia, non è del tutto colpevole. Ma l’attenuazione della colpa non riduce la pena, anzi: “La pena è più profonda poiché la colpa ha l’ambiguità estetica”[2]. La categoria della bellezza è sempre presente nei classici greci”intendentissimi del bello” come ha scritto bene Leopardi.
Il suo islandese che dialoga con la natura, “una forma smisurata di donna; di volto mezzo tra bello e terribile, di occhi e di capelli nerissimi la quale guardavalo fissamente” le dice che si era liberato dalla molestia degli uomini riducendosi in solitudine.
La solitudine nel Duvskolo~ di Menandro e nelle Epistole di Seneca viene cercata piuttosto che aborrita come dal protagonista della tragedia Filottete di Sofocle.
L’islandese comunque continua a essere molestato dalla Natura “nemica scoperta degli uomini e degli altri animali”.
Cacciari sostiene che questa Natura che rende difficile e tribolata la vita dei suoi figli, che gioca con le loro vite come fossero dadi al pari del fanciullo di Eraclito-pai`~ ejsti paivzwn, pesseuvwn (fr. 48 Diano) ha comunque un aspetto positivo che trattiene Leopardi dal pessimismo perché spinge gli uomini a essere “tutti fra se confederati” per salvarsi da questa che “madre è di parto e di voler matrigna” come leggiamo nel canto La ginestra.
Ne trascrivo alcuni altri versi:
“ Nobil natura (…)
Costei chiama inimica; e incontro a questa
congiunta esser pensando,
siccome è il vero, ed ordinata in pria
l’umana compagnia,
tutti fra se confederati estima
gli uomini, e tutti abbraccia
con vero amor, porgendo
valida e pronta ed aspettando aita
negli alterni perigli e nelle angosce
della guerra comune” (vv. 111 poi 126- 135)
Bologna 16 febbraio 2025 ore 10. 55 giovanni ghiselli
p. s.
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