Gianni: “Che cosa dite del mito? Comincia tu Sofocle che hai portato sulla scena il mito di Edipo in modo renderlo talmente noto da renderlo uno tra i più conosciuti della cultura occidentale.
Sofocle.
“Ho messo in rilievo la compassione che ha salvato il bambino rifiutato dai genitori. Altri miti hanno avuto inizio con una persona che, impietosita, salva un bambino abbandonato.
Nel quarto episodio dell’Edipo re contrappongo la crudeltà dei genitori di Edipo alla pietà del servo tebano che non ha eseguito il loro ordine di uccidere il bambino "katoiktivsa"“ (v. 1178), in quanto “ho provato compassione”, spiega.
Nel film Edipo re il regista Pasolini sottolinea questa risposta con un primo piano del vecchio servo che dice di non aver lasciato morire il bambino dalle caviglia forate: "per pietà".
Ricordo che per lo stesso motivo si salvò Cipselo, il bambino che sarebbe diventato tiranno di Corinto, e padre di Periandro.
Erodoto racconta che per sorte divina il piccolo sorrise all'uomo dei Bacchiadi che lo aveva afferrato con l'intenzione di ammazzarlo. Questo se ne accorge, e un sentimento di compassione lo trattenne dall'ucciderlo (oi\kto~ ti" i[scei ajpoktei'nai, V, 92).
Euripide
anche nel mio trattamento dei miti entra la compassione. Pensate all’esito delle mie Fenicie. I due figli di Edipo e Giocasta si sono odiati a lungo e si feriscono a vicenda in un duello mortale.
La madre desolata ricorda to;n polu;n mastw'n povnon (1434) la lunga fatica delle mammelle che li ha allattati. E’ presente anche Antigone che piange i fratelli morenti. Eteocle muore per primo e non riesce a dire niente ma esprime affetto con gli occhi.
Polinice dice alla madre: “provo pena certo per te ojktivrw dev se (v. 1444), e per questa sorella mia e per mio fratello morto. Da amico divenne nemico, ma mi è ancora caro : “fivloς ga;r ejcqro;ς ejgenet j, ajll j o{mwς fivloς ” (1446).
Gianni: “Mi piace molto questo motivo della compassione perfino diretta a un nemico , mentre mi disgusta la spietatezza di Enea verso Didone, un’ingratitudine empia nei confronti della donna che l’aveva aiutato e lo amava.
Un’empietà spacciata per pietas da Virgilio, il panegirista di Augusto”.
Sofocle
La compassione quale tovpo~ della letteratura l’ha inaugurato Omero: la principessa dei Feaci Nausicaa, nel VI canto dell’Odissea vuole aiutare Odisseo giunto naufrago nell’isola di Scheria e dice queste parole alle ancelle in fuga spaventate dall’aspetto sconciato dell’uomo bisognoso di tutto : “ to;n nu`n crh; komevein: pro;~ ga;r Dio;~ eijsin a[pante~-xei`noiv te ptwcoiv te, dovsi~ d j ojlivgh te fivlh te” (vv.207-208), questo è un misero naufrago e dobbiamo curarcene: da Zeus infatti vengono tutti gli stranieri e i poveri, e un dono pur piccolo è caro.
Euripide
Bravo Sofocle, posso chiamarti JOmhvrou maqhthvn, allievo di Omero. Aggiungo che anche Eumeo il guardiano dei porci di Itaca sente questo dovere di aiutare i disgraziati quando Odisseo gli si presenta travestito da mendicante, irriconoscibile, e il porcaio lo accoglie ospitalmente spiegandogli che non è suo costume maltrattare lo straniero (xei`non ajtimh`sai), nemmeno quando ne arriva uno kakivwn più malconcio di te (Odissea, XIV, 57-59)
Gianni: “Questo è molto attuale. Come va a finire il tuo Edipo, prezioso maestro?”
Sofocle
“Va a morire a Colono vagabondo e mendicante, cieco e malfamato, assistito da Antigone, poi anche da Ismene che sopraggiunge. Attraverso gli errori e il dolore provato il vecchio che era stato tuvranno~ ha compreso. Si è acciecato per non vedere l’orrore e ha imparato ad ascoltare. Gli attribuisco queste parole: fwnh'/ ga;r oJrw' (Edipo a Colono, v. 16) , alla voce io di fatto vedo.
Gianni“Pensa caro maestro che a Siracusa un anno venne recitata questa tua ultima tragedia con questa banalizzazione triviale delle parole tue “io vedo ciò che sento”.
Sofocle: “ Non curiamoci di certi tradimenti dei traduttori. Tu quando mi tradurrai per i tuoi allievi rispetta ognuna delle mie parole, non saltarne e non cambiarne nessuna”.
Gianni: “Contaci: ce la metterò tutta per rispettare il tuo testo e presentarlo in italiano come è in greco rendendone la lettera, lo stile e lo spirito”
Sofocle
“Voglio aggiungere una cosa su questa ultima tragedia e figliola mia.
Un'altra espressione di umanesimo comprensivo di compassione è quella che il vecchio Sofocle attribuisce a Teseo : "e[xoid j ajnh;r w[n"(Edipo a Colono,v.567), so di essere un uomo. E' la coscienza della propria umanità senza la quale ogni atto violento è possibile. Il sapere di essere uomo che cosa comporta? Significa incontrare una creatura in rovina come è Edipo vecchio, provarne pietà, incoraggiarla facendogli domande:"kaiv s j oijktivsa"-qevlw jperevsqai, duvsmor j Oijdivpou, tivna-povlew" ejpevsth" prostroph;n ejmou' t j e[cwn", vv. 556-558, e sentendo compassione, voglio chiederti, infelice Edipo, con quale preghiera per la città e per me ti sei fermato qui.
Poi significa ascoltare e comprendere con simpatia, poiché siamo tutti effimeri, sottoposti al dolore e destinati alla morte. "Anche io-dice il re di Atene al mendicante cieco-sono stato allevato fuggiasco come te"(vv.562-563)."Dunque so di essere uomo e che del domani nulla appartiene più a me che a te"(vv. 567-568).
Del resto Antigone nella tragedia di quasi quaranta anni prima aveva detto: “ou[toi sunevcqein ajlla; sumfilei'n e[fun", (Antigone, v. 523), certamente non sono nata per condividere l'odio, ma l'amore.
Bologna 18 febbraio 2025 ore 10, 53 giovanni ghiselli
p. s.
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