mercoledì 15 gennaio 2025

Ifigenia 242. Discussione sul progetto. A oltranza e a repentaglio.


 

Una sera, mentre mangiavamo una pizza, proposi di nuovo il progetto del romanzo a

Ifigenia. Ne fu interessata, volle parlarne, e mi consigliò di

mettere in altorilievo gli aspetti poetici, i segni divini presenti

nella nostra storia .

Ottenni l'effetto, ormai raro, di farmi ascoltare con interesse, di

essere guardato in faccia dagli occhi vivi e commossi di lei.

Poco più tardi però, nel grande letto, le cose andarono nel solito

modo di quel periodo triste: dopo il secondo orgasmo,

faticosissimo, la ragazza chiese l'ora, poi disse che era molto tardi,

che aveva sonno, che la mattina doveva alzarsi presto, e volle

essere accompagnata a casa subito.

Rimasto solo, verso le undici, pensai con pena e rimpianto al

tempo remoto in cui dopo il quinto orgasmo alle sette del

pomeriggio, o dopo l'ottavo all'una di notte, l’amata  amante

venticinquenne diceva:"Vai a lavarti di corsa, gianni, ché seguitiamo a oltranza".

“Sì e a repentaglio”, rincaravo.

E se mi attardavo a contemplarla, aggiungeva:

"Muoviti, tesoro, prima che venga tardi sul serio!"

Quelli potevano essere mesi di felicità.  Ma la base orgiastica non è un fondamento solido.

Nei momenti

migliori  avrei dovuto prendere e darle la gioia spirituale

donata e richiesta: invece non avevo spalancato la mia anima chiusa

all'oblazione della giovane donna radiosa e sacra che mi amava nei primi tempi senza riserve né censure, come può farlo una fanciulla che sogna, mentre

io la contraccambiavo con diffidenza, egoismo e calcoli vani.

Non le avevo dato il meglio di me: la volontà di educare i ragazzi; e

 non avevo accettato il meraviglioso di quell'offerta: l'apertura della

sua anima. Però del bene che mi ero lasciato sfuggire, potevo

recuperare almeno una parte, raccontando le nostre vicende in un

grande libro.

Sì, ma quando avrei iniziato? Finché Ifigenia stava con me, di

malavoglia eppure a lungo, tenendomi spesso impegnato a

occuparmi di lei e del suo esame, non potevo dedicarmi sul serio

all'altro compito grande, innamorarmene, dargli il nerbo  delle mie

forze. Ci voleva una catastrofe, un crollo tra noi, una ferita quasi

mortale che scatenasse il mio istinto di sopravvivenza il quale a

sua volta mi costringesse a fare, per non morire, la cosa cui tenevo

più nella vita: scrivere un epos degno di essere letto, interessante,

educativo, onde compensare il fallimento amoroso altrimenti

insopportabile.

 

Bologna 15 gennaio 2025 ore 11, 53 giovanni ghiselli

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