VII parte- Debrecen estate 1970. Katina, la prima finlandese. Il destino poi mi prepara l’incontro con Helena Augusta.
Nella Debrecen dell’estate 1970 non cercai l’amore con la donna ottima e massima, dunque molto impegnativa, bensì un’amante modesta e concreta senza tanti voli mentali né troppe palpitazioni cardiache vicine all’angoscia.
Iniziava in tempo delle finlandesi con Katina, non la più importante, ma parecchio simpatica: lieta, sorridente e gradevole.
Aveva un’aria disponibile, uno sguardo morbido e invitante: proprio il contrario di quello aspro e duro della Forcide che pietrificava i viventi. Katina faceva sesso assai volentieri e con un buonumore continuo che mi motivava a prestazioni superlative. Anche per la fame patita nel motel Palace di Cittadella. Durante quel mese estivo dimenticai la faccia dura e grigia del preside che a me dava noia, e quando usciva dal suo cupo ufficio faceva sbigottire i bidelli e fuggire i passerotti dall’albero cui tendeva una mano con gesto deprecativo.
L’ultima sera del corso estivo quella ragazza, un poco più giovane di me, disse parole che non ho scordato: “Gianni, ti ringrazio per la magnifica estate che mi hai donato tanto generosamente. Questa sera che è l’ultima nostra, rendimi più felice che mai” 1. Ho sotto gli occhi un’immagine dei due ragazzi che allora eravamo: io guardo la macchina fotografica con l’espressione dolce, ammiccante, quasi sicura del giovanotto soddisfatto e orgoglioso delle proprie prestazioni sessuali. Difatti Katina mi aveva gratificato più volte dicendomi con lieta meraviglia: “but you are not normal!”. In senso buono. Lei nella foto è tutta contenta come lo era nei fatti.
Pure io, che venivo da un grande digiuno di lunghi mesi , ero assai contento della scorpacciata erotica e mi sentivo un uomo abbastanza vissuto, intelligente, capace di ottenere quello che vuole: tanto nel lavoro quanto nei rapporti umani.
Durante quell’estate e quell’amore non problematico, continuai a coltivare le amicizie con i ragazzi incontrati nel ’66: alcuni avevano pensieri anche politici diversi dai miei, però nessuno di loro mi ha fatto del male. Anzi, Fulvio, che era politicamente quasi dalla parte opposta, ha continuato a volermi bene e a farmene, contraccambiato.
Ero contento, però non avevo ancora provato la felicità che nasce dal beneficio dell’amore ed è di troppo breve intervallo superata dalla divina2
Ebbene tale gioia terrena e pure celeste conoscerò nell’estate seguente, quella del ’71 con Helena.
Degli undici messi trascorsi tra Katina ed Elena ne passai cinque a Carmignano-Cittadella, tre a Pesaro, e altri tre in caserma facendo il servizio militare al quale potei sottrarmi anzitempo perché in maggio la mia allergia alle graminacèe con il raffreddore da fieno si presentò quale “provvida sventura”3, e con l’aiuto di un amico dell’amico Danilo che in questa circostanza incarnò il mio demone buono.
Grazie a una loro conoscenza importante ottenni il congedo anticipato che mi liberò da dodici mesi di ozio tribolato e mi consentì l’esperienza accrescitiva di Helena augusta, donna di grande formato la quale mi aiutò nella mia crescita umana con la felicità che mi infuse, un dono, davvero per sempre, un possesso per l’eternità 4.
Questa donna è stata una pietra miliare sulla strada del mio destino che è stato più forte dell’ordine creduto ineluttabile dei quindici mesi da passare in due caserme.
Note
[1] Metto qui in nota una reticenza del testo, una mia pudica aposiopesi. La ragazza concluse con una simpatica oscenità dicendo: “sixty nine, I hope”. In questo caso l’inglese è la lingua del pudore, come in altri momenti il latino.
2Cfr. Leopardi, Storia del genere umano.
3Cfr. Manzoni, Adelchi, II coro con la morte di Ermengarda
4Cfr. Tucidide, I, 22, 4
Bologna 5 marzo 2025 ore 16, 13
giovanni ghiselli
p. s.
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