Spenti i fuochi mi incamminai con Isabella e Silvia verso il collegio di Buda dove eravamo alloggiati.
Silvia Virág dopo ventitré anni passati nella D.D. R. e due a Budapest dove si era sposata con un ungherese dal cognome joyciano, non sapeva quale fosse il male minore tra la repubblica democratica tedesca, pseudodemocratica secondo lei, e l’Ungheria già sulla strada del ritorno al capitalismo.
Mi domandò come andassero le cose da noi, sempre politicamente parlando.
“Non bene.-risposi-Da noi ci sono sperequazioni offensive della povertà e della santa giustizia che viene presa a calci ogni giorno con piede empio.
Quanto alla libertà di parola, di critica, di giudizio, essa è mal tollerata da quando i partiti, più o meno tutti, hanno messo fine al confronto dialettico siccome soggiacciono al potere economico o sono collusi con la mafia. La nostra sovranità del resto è limitata non meno della vostra. I servizi segreti e chi li dirige prendono ordini dall’estero, dalla potenza egemone in Occidente. La cultura è in uno stato pietoso, la scuola si sta degradando.
I servizi sanitari ancora si salvano, ma sono meno buoni che qui in Ungheria da quanto ho potuto constatare.
Insomma l’indifferenza politica e l’ignoranza stanno prendendo la sovranità sul popolo oramai spossessato di ogni capacità di pensiero critico, di ogni mira diretta al buono e al bello. Il regime ha operato un genocidio culturale diffondendo il dis-angèlo, la cattiva novella dell’egoismo ottuso e vorace e quello della prepotenza di chi detiene il potere. Attualmente l’ ideale della maggior parte degli italiani è uno stipendio cospicuo per consumare il più possibile di quanto viene reclamizzato dalla pubblicità onnipresente e capace di deformare le menti umane con le sue petulanti, insistenti menzogne.
Questa è la vera scuola di corruzioni di chi non ha la difesa della cultura”.
“E tu gianni come reagisci?” domandò Isabella che lo sapeva ma voleva farlo sapere anche a Silvia.
“Io studio i classici antichi e moderni per trarne argomenti con cui educare i miei giovani a non seguire le mode: l’egoismo, la corruzione attiva e passiva, il consumo frenetico, le droghe, il sesso privo di sentimenti buoni e di gioia.
Da noi è di moda il vizio:”Multi illic vitia rident et corrumpere et corrumpi saeculum vocatur”[1], molti là ridono dei vizi e sia corrompere sia essere corrotti si chiama lo spirito del tempo .
Io non voglio corrompere né corrompermi come la maggior parte dei nostri politicanti, né ammazzare o venire ammazzato come i terroristi.
A scuola voglio educare, non comandare e tanto meno essere comandato da presidi autoritari e da colleghi più attempati e non poche volte più ignoranti di me.
Mi difendo dalla volgarità e dalla prepotenza con l’aiuto dei miei autori che mi hanno insegnato a pensare criticamente, a parlare esprimendo idèe e sentimenti con parole efficaci, a rifuggire dalla ciancia infarcita di ignoranza, a prendermi cura dell’anima e del corpo per mantenerli sani e potenziarli sempre”
“Ci riuscirai”, disse Silvia, e Isabella annuì.
Camminavamo per la Bártok Béla út, in salita e piuttosto in fretta siccome il nostro collegio era a Buda, alquanto lontano dal fiume, e volevamo arrivarci prima che ci chiudessero fuori.
Per rispamiare la lena tacevamo. Sicché meditavo sul passato e sul futuro della mia vita mortale. Pensavo che mi sarebbe piaciuto avere una compagna riservata, gentile e affidabile come Isabella, capace di parlare politicamente come Silvia, e pure bella quanto Ifigenia che però era poco assennata e non sufficientemente educata. Le mie fatiche, umanamente spese, non erano bastate.
La mia amante non era una donna politica, né riservata, né affidabile, nemmeno abbastanza gentile, però era una femmina umana di rara bellezza corporea. Mi chiedevo se questa bastasse a contrappesare il bene con il male. Ne dubitavo poiché mi aveva reso infelice.
Poi il suo viso, in particolare gli occhi e lo sguardo non erano speciali come il corpo. Profecto in oculis animus habitat"[2], certamente l'animo abita negli occhi.
Prima di salire in camera bevemmo un’altra birra nel bar ancora aperto del collegio, parlammo un altro poco, quindi andammo a dormire. Ciascuno nel letto suo.
Bologna 2 gennaio 2025 ore 11, 42 giovanni ghiselli
p. s
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