Metodologia 68. . Nietzsche vede in Socrate il padre della decadenza per il suo istinto “degenerante” che, invece di spingere, trattiene, e si oppone alla vita, e all’arte, con risentimento.
Nietzsche individua in Socrate l’iniziatore della decadenza intesa come sospetto e paura nei confronti dell’istinto[1]:
"Socrate come strumento della disgregazione greca, riconosciuto per la prima volta come tipico décadent. "Razionalità" contro istinto. La "razionalità" a ogni costo come violenza pericolosa, che mina la vita! (…) Ero il primo a vedere il vero contrasto: da una parte l'istinto degenerante, che si rivolta contro la vita con rancore sotterraneo (-il cristianesimo, la filosofia di Schopenhauer, in un certo senso già la filosofia di Platone, tutto l'idealismo ne sono forme tipiche-) e dall'altra una formula della affermazione suprema, nata dalla pienezza, dalla sovrabbondanza, un dire sì senza riserve, al dolore stesso, alla colpa stessa, a tutto ciò che l'esistenza ha di problematico e di ignoto…Quest'ultimo, gioiosissimo, straripante-arrogantissimo sì alla vita non solo è la visione suprema, ma anche la più profonda, confermata e sostenuta col massimo rigore della verità e della scienza…La conoscenza, il dire di sì alla realtà, è una necessità per il forte, così come lo è per il debole, per ispirazione della debolezza, la viltà e la fuga dalla realtà"[2].
Nietzsche attribuisce a Socrate il peccato originale della negazione dell'istinto, anzi quello di avere un istinto rovesciato e pervertito: dissuasivo invece che persuasivo:"La saggezza istintiva si mostra in questa natura assolutamente abnorme soltanto per contrastare qua e là, ostacolandolo, il conoscere cosciente. Mentre in tutti gli uomini produttivi l'istinto è proprio la forza creativa e affermativa, e la coscienza si comporta in maniera critica e dissuadente, in Socrate l'istinto si trasforma in un critico"[3].
“Socrate e Platone come sintomi di decadimento, come strumenti della dissoluzione greca, come pseudogreci, antigreci (“Nascita della tragedia”, 1872)…Dover combattere gli istinti-ecco la formula della décadence: sino a che la vita si innalza, felicità è uguale a istinto”[4].
In effetti Socrate nell'Apologia scritta da Platone afferma che il suo demone si manifesta come una voce (fwnhv ti" ) che lo distoglie sempre (ajei; ajpotrevpei) da ciò che sta per fare mentre non lo spinge mai ad agire (protrevpei de; ou[pote)[5]. Vero è che l'istinto non sempre spinge al bene.
Socrate secondo Nietzsche era ostile alla vita e all’arte.
Socrate “era plebaglia. Si sa, lo si vede ancora quanto fosse brutto”. Socrate con “la superfetazione del logico e quella cattiveria del rachitico che lo contraddistingue”[6] puntò sulla tragedia “l’unico grande occhio ciclopico…quell’occhio in cui non arse mai la dolce follia dell’entusiasmo artistico”[7].
Metodologia 69. Galimberti e la letteratura come educazione delle emozioni.
I casi della cronaca e quello di Octavia, la giovinetta fatta sposare a Nerone (Tacito, Annales, XIII, 16). E’ bene che i ragazzi imparino a conoscere e a esprimere i loro affetti.
Noi possiamo e dobbiamo aiutare i ragazzi a cosmizzare la loro turbolenza emotiva, a bonificare la palude ribollente degli istinti giovanili, con lo strumento delle materie che insegniamo e con il grande rispetto per le persone che educhiamo:"maxima debetur puero reverentia"[8], al fanciullo si deve il massimo rispetto.
In seguito a crimini brutali compiuti da adolescenti U. Galimberti ha scritto[9]: "perché leggere Petrarca e Leopardi, Pirandello o Primo Levi? A quell'età la letteratura o è educazione delle emozioni, o altrimenti val la pena di gettarla, e piazzare tutti gli studenti davanti a un computer e renderli efficienti in questa pratica visivo-manuale". Senza l’educazione delle letture infatti, invece delle emozioni e dei sentimenti, i giovani provano impulsi che possono anche spingerli a fare, o a farsi, del male. Gli impulsi vanno educati, non repressi: “Ogni impulso che tentiamo di soffocare, germoglia nella mente, ci intossica”[10].
Ma come si educano le emozioni? Secondo me attraverso la bellezza del lovgo" e del mu'qo". Per intenderla e appropriarsene sono necessari sensibilità e uno studio rigoroso.
Platone nel Protagora fa dire al sofista che tutta la vita dell'uomo ha bisogno di un buon ritmo e di armonia, per questo i maestri fanno suonare sulla cetra ai bambini le poesie dei buoni poeti lirici e costringono i ritmi e le armonie ad accordarsi con le anime degli alunni (326b).
Galimberti torna sull'argomento dopo diversi delitti domestici efferati:"Una madre mette in lavatrice la sua bambina che aveva partorito sette mesi prima, un'altra mamma si accanisce con un coltello da cucina sul corpo indifeso della sua bambina di sette anni per poi suicidarsi" è l'incipit del pezzo[11].
Più avanti lo studioso pone una domanda che ci riguarda come insegnanti e suggerisce una risposta: "la scuola a questo punto può fare qualcosa in quella stagione dell'adolescenza quando i ragazzi sono parcheggiati in quella terra di nessuno dove la famiglia, per effetto delle carenze comunicative accumulate, non svolge più alcuna funzione e la società alcun richiamo? Certamente. A patto che i professori non si limitino a "istruire", ma incomincino a "educare", cioè a prendersi cura della crescita emotiva dei loro studenti".
Del resto "non si dà apprendimento senza gratificazione emotiva, e l'incuria dell'emotività, o la sua cura a livelli così sbrigativi da essere controproducenti, è il massimo rischio che oggi uno studente, andando a scuola, corre". Forse il problema è ancora più grave di come lo pone Galimberti. I giovani spesso devono soffocare i sentimenti per essere accettati.
Dobbiamo invece educarli, incoraggiarli e istruirli a esprimere i loro affetti.
Ricorriamo al campo che è nostro, e vediamo il caso della povera Ottavia, la giovinetta figlia di Claudio e Messalina, moglie e vittima di Nerone, ragazzo manovrato dalla madre e dai pedagoghi[12] in un ambiente dove c'erano pugnali perfino nei sorrisi[13]: "Octavia quoque, quamvis rudibus annis, dolorem caritatem omnes adfectus abscondere didicerat" ( Annales, XIII, 16), anche Ottavia, sebbene non scaltrita dall'età[14], aveva imparato a nascondere la pena, l'amore e tutti i sentimenti.
Bologna 2 gennaio 2024 ore 16, 42 giovanni ghiselli
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[1] Abbiamo visto (42) che invece Pasolini definisce Socrate “un libertino”.
[2] Ecce homo (del 1888), p. 50.
[3] Nietzsche, La nascita della tragedia, p. 91.
[4] Nietzsche, Crepuscolo degli idoli, (del 1888) p. 12 e p.16.
[5] Platone, Apologia di Socrate, 31d.
[6] Crepuscolo degli idoli, p. 13.
[7] La nascita della tragedia , p. 93.
[8] Giovenale, Satira 14, 47.
[9] Nel quotidiano "la Repubblica" del 13 febbraio 2001.
[10] Il ritratto di Dorian Gray, p. 26, in Oscar Wilde, Opere.
[11]“ la Repubblica”, sabato 25 maggio 2002, p. 15
[12] Soprattutto da Seneca di cui del resto mi sono servito in questo lavoro in quanto me ne sono avvalso personalmente quale educatore, mio e dei miei studenti.
[13] Cfr, Shakespeare, Macbeth:"There' s daggers in men's smile" II, 4. Alla SSIS di Bologna ho fatto una lezione comparativa partendo da questa tragedia.
[14] Tacito ha appena raccontato l’avvelenamento di Britannico da parte di Nerone. Siamo nel 55 d. C. e Ottavia ha solo quindici anni.
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