lunedì 6 gennaio 2025

Ifigenia 198. L’agile fantesca seduttiva e l’attesa del treno.


 

Sabato primo marzo Ifigenia volle venirmi incontro sulla via del mio ritorno alla stazione di Tento. Dopo saremmo passati per il lago di Garda. Volevamo vedere la venusta Sirmio di Catullo e trarne auspici per le nostre vite, amorose e lavorative piuttosto travagliate.

Doveva arrivare alle 13 e qualche minuto. Era una giornata piena di sole potenziato dalla neve sui monti. Partìi da Moena alle undici con il disappunto di perdere le ore più luminose e calde per andare da una che che non mi convinceva, né mi piaceva del tutto. Cercavo di consolarmi pensando: magari la primavera l’ha fatta rifiorire, e  vederla, toccarla dopo una settimana di pausa mi emozionerà.

Arrivai prima del treno come avevo calcolato per non farla aspettare.

Detesto fare aspettare perché i ritardi mi hanno sempre reso infelice.

Mi aspettavo che dal contatto rinnovato dopo il divorzio pur breve rinascesse qualche scintilla. Speravo che quella sera si sarebbe fatto del sesso abbondante se non altro.

Vero è che c’era stato un segno non buono riguardo al mio interesse carnale per Ifigenia. Una sera, tornato tardi dalla passeggiata sotto le stelle avevo trovato chiusa la porta dell’albergo. Sicché avevo suonato ed era venuta ad aprirmi una cameriera  giovane, mora, carina, con la vestaglia aperta tanto da lasciare scoperte le cosce brune, agili, sode, fino alle mutande: una  visione meravigliosa, paradisiaca quasi quanto quella del cielo stellato.

Ebbene gliele avevo guardate con attenzione non dissimulata, poi le avevo detto: “grazia signorina e complimenti” .

“Di che?”

“Di tutto. A domani”

Poi, salito in camera, l’avevo pensata con desiderio.

Un fatto nuovo che un anno prima non sarebbe accaduto.

Ero stato tentato di accarezzare almeno su una guancia la seduttiva fantesca.

Il giorno dopo provai a lanciarle un’occasione di fare del bene a me e a sè stessa. Mentre bevevo il caffè nel bar dove serviva quella ragazza incantevole l’avevo indotta a chiedermi l’indirizzo di Bologna decantando le meraviglie della città dove vivevo e lavoravo. Quindi, da gesuita quale talora mi ritrovo a essere ammaestrato dalle zie, le avevo dato il recapito della scuola per non sentirmi fedifrago. Tanto, anche se fosse venuta a cercarmi là, avrei trovato il modo di ghermirla, sognavo e speravo.

Inanto però aspettavo nella stazione di Treno. 

Un luogo triste. Si trova alla base di una collina bassa e spelacchiata, tuttavia fonte di ombre umide e cupe. Sopra vi sorge e si impone alla vista un tempietto neoclassico  circolare e colonnato, un monumento all’irredentismo fautore di guerre e di stragi. Quando il treno arrivò, Ifigenia non ne scese: o l’aveva  perduto oppure stava procedendo verso il Brennero per assecondare un ferroviere che l’aveva attirata.

Il treno successivo da Bologna arrivava alle cinque. Mi vennero in mente gli appuntamenti mancati da mia madre. Quando ero bambino e l’amavo al di sopra di ogni altra donna, avvisava che sarebbe arrivata il tal giorno con il tal treno. Il nonno Carlino, il su’ babbo,  mi portava alla stazione: eravamo entrambi felici di vederla. Però  tra quelli che scendevano dal treno la madre mia non c’era.

 Quando tornavamo a casa il nonno gridava “fiasco!” probabilmente perché gli piaceva il vino. Io rimanevo sconsolato e desolato. Le zie dicevano:” che ti importa?  Noi siamo qui”. Ma per me non era lo stesso: la mamma era più giovane, più bella  e meno imperiosa di loro, meno severa con me. Con se stessa per niente. Una volta Ifigenia mi disse che ero attirato dalle donne giovani siccome mia madre era infantile. Un’osservazione non sciocca.

La mamma quando gliela riferìi rispose: “ma fai stare zitta quella  vera fallita!” Eva contro Eva, pensai, ricordando un bellissimo film che la mamma mi aveva portato a vedere quando ero piccino.

Nel marzo del 1980 avevo trentacinque anni suonati e non ero più disposto a subire maltrattamenti da chicchessia. Dunque decisi di andare a sciare sulla vicina Paganella. Sarei tornato al treno successivo e se non fosse arrivata nemmeno con quello, tanti saluti! Sarei andato subito a Bologna e avrei telefonato alla fantesca dalle  cosce stupefacenti.

 

Bologna 5 gennaio  2024 ore 10, 59  giovanni ghiselli.

p. s

Questa notte dunque ho fatto della ricerca. Nella notte dell’Epifania  ho sentito la spinta verso l’  jApokavluyi~. Sempre di rivelazione si tratta. L’insonnia senza ricerca è penosa: un’orribile perdita di tempo. La ricerca è sempre produttiva. Infatti trovo ogni volta qualcosa di utile e prezioso nei libri che leggo o rileggo. Appena ho scoperto la meraviglia che mi rende felice, dormo.

 

 

 

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