Ai primi pensieri, non riuscendo a prendere sonno seguirono altri, con i quali cercavo la via, il metodo della sopravvivenza. Trasformavo i sentimenti reali in ragionamenti ottimistici e lontani dalla realtà come si fa sempre quando ci si sforza per tenere ancora in vita una situazione già condannata a morte. E’ una pena simile a quella di Tifone schiacciato dall’Etna. Mi dicevo: “dopo tutto, il suo innamorarsi del ballerino è stato reattivo al mio di Lucia. Siamo pari. In fondo nessuno dei due ha tradito e questo fatto potrebbe accrescere la stima reciproca con l’amore”. Tali pensieri consolatòrî non tenevano conto dei fatti reali: Ifigenia aveva già rotto la fede durante l’estate; io con Lucia non avevo concretizzato alcunché per volontà non mia bensì della nuova supplente; quello che c’era stato tra la mia donna e il ballerino lo sapevano loro e probabilmente anche diversi altri, escluso me. Reale era il sentimento penoso che mi toglieva il sonno. Non mi concedeva tregua l’arzigogolare che cerca affannosamente un rimedio impossibile quando vediamo e sentiamo che una donna di cui crediamo di avere bisogno non contraccambia il nostro interesse e ne soffriamo, però senza la speranza di trattenerla non riusciamo a procedere, sicché isoliamo alcuni particolari che contraddicono l’insieme negativo, magari un sorriso di cortesia o di compassione, e ci arrabattiamo a sofisticare per illuderci tuttavia; eppure rimane il sentimento negativo che esala i miasmi del disincanto fino a quando questo prevale e se vogliamo sopravvivere dobbiamo cambiare strada rinunciando a rimpiangere quell’amore finito. Come quando uno sente che non sta bene al punto che non ha più la forza di vivere, e sa che deve morire, eppure va dal medico per farsi dire che può campare ancora, e si sforza di crederci, tuttavia sente che la vita non vuole più saperne di lui, non contraccambia il suo desiderio, sa che sta morendo, e alla fine capisce che la fine assegnata è naturale ed è bene così. In questo modo finiscono prima o poi tutti gli amori e pure il breve tempo concesso a ciascuno di noi qui sopra la terra. L’intuizione immediata e istintiva soprattutto nei campi cruciali del lavoro, dell’amore e della salute, se è negativa e non viene contraddetta tosto dai fatti, è più veritiera del pensiero che cerca di rabberciare disperatamente e fallacemente siccome è costruito su un artificio della ragione ed è appunto artificiale. E’ un a[logon. Così quella notte lontana feci prevalere il sofisma che noi due in futuro ci saremmo amati ancora di più e ne piansi cercando di credere che versavo lacrime di gioia sul sudato cuscino dell’insonnia, invece erano tante gocce di dolore, rabbia, rimorso e disperazione, perché sentivo che con quella ragazza di rara bellezza avevo perduto un’occasione, forse l’ultima, di amare una donna che mi era piaciuta assai e che a tali fallimenti ero predestinato perché questo era seguito secondo natura, la mia stessa natura, a diversi altri e la mia vita era già in fase calante. Avevo superato il crinale che separa l’età della salita da quella del declino, ero un insegnante di liceo degradato al ginnasio, non ero bellissimo, né famoso, né ricco e un’altra ragazza che mi piacesse tanto, probabilmente non l’avrei più trovata, mentre una di levatura estetica inferiore dopo tale assaggio non l’avrei sopportata. Questo sentivo oscuramente e non vedevo possibilità di rivincita siccome non tenevo conto delle mia dimensione morale, intellettuale, culturale. Questa poteva e doveva crescere fino all’ultimo ora di vita. [Arti manqavnw, ora capisco Ora so che il dolore aiuta a comprendere come “la provvida sventura” dell’ Ermengarda manzoniana, come la ferita che fioriva in tanta luce e il dolore che spandeva raggi del Siddharta di Hesse. In seguito avrei trovato la via della valutazione etica e intellettuale di me stesso e delle persone, oltre quella estetica, e avrei compreso che una relazione con una donna bella ma avida di successo acquisito ad ogni costo non era una cosa buona e non era adatta a me, che perdere siffatta amante era un bene, che i miei errori non erano irrimediabili se nel dolore avessi trovato l’intelligenza del dolore, e avessi raccolto le forze per eliminarne le cause: immaturità, stupidità, egoismo, ingiustizia.
bologna 12 gennaio 2024 ore 19, 52 giovanni ghiselli. p. s. Statistiche del blog Sempre1661341 Oggi328 Ieri383 Questo mese4373 Il mese scorso10218
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Già docente di latino e greco nei Licei Rambaldi di Imola, Minghetti e Galvani di Bologna, docente a contratto nelle università di Bologna, Bolzano-Bressanone e Urbino. Collaboratore di vari quotidiani tra cui "la Repubblica" e "il Fatto quotidiano", autore di traduzioni e commenti di classici (Edipo re, Antigone di Sofocle; Medea, Baccanti di Euripide; Omero, Storiografi greci, Satyricon) per diversi editori (Loffredo, Cappelli, Canova)
domenica 12 gennaio 2025
Ifigenia 230. Dal dolore all’intelligenza del dolore.
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