Il 24 giugno del 1980 dunque corsi i 5000 metri davanti a Ifigenia per rendere onore al mio santo, e per farmi ammirare dalla mia unica amante non più apprezzata granché, tuttavia ancora abbastanza desiderata.
Bella era pur bella.
Bella era anche la serata estiva: calma, purpurea, piena di voli, come è quasi sempre il mio giorno onomastico che prende il nome dall’onesto precursore e battezzatore ed è uno dei giorni più belli dell’anno.
Quella sera rimossi il decadimento della mia donna.
La rivedevo com’era nel mese della conoscenza: il novembre del ’78 quando mi consolava del buio precoce, del freddo, della retrocessione nella scuola e della solitudine antica, entrando in camera mia alle cinque dei pomeriggi già privi di luce, con i capelli violacei screziati di candidi fiocchi, lo sguardo lucente, l’anima aperta e fiduciosa di imparare tanto sulla propria vita, sul nostro destino mentre parlava con me prima di fare l’amore e dopo.
Come entrava, i cristalli di ghiaccio che aveva addosso sembravano chicchi di riso lanciati da mani festose sopra la sposa giovane bella e felice. Ringiovaniva e imbelliva anche me. Mi aiutava a bonificare la palude dell’inconscio che stagnava dentro di me e si era allargata dopo la degradazione subita. Anche l’Es di Ifigenia andava bonificato. All’epoca leggevo Freudo. “Wo Es war, soll Ich werden”, dov’era l’Es deve subentrare l’Io.
Invero soltanto un anno e mezzo da quel novembre magico la ragazza si era già sviata su una strada scoscesa. Ma quella sera di giugno feci finta che questa caduta non fosse iniziata e volai verso il traguardo dove la ragazza mi incitava, vestita di bianco, adorna sulle spalle e nel petto delle chiome brune che si arrossavano rispecchiando l’ amaranto del cielo.
Arrivai sul traguardo in 18 minuti e 39 secondi e pensai che lo dovevo a lei. Un giorno avrei scritto un capolavoro raccontando la nostra storia. Erano i guizzi estremi di una fiamma lontana che stava perdendo calore e luce. Non c’era verso di impedirlo. Una serie di cause arcane e concatenate ci stava portando alla fine. Questa come ogni evento era già predisposta da miriade di altre cause precedenti non solo quel giorno ma le nostre vite intere e quelle di tutti i nostri antenati: era una morte predestinata ab aeterno come gli esiti dei miei amori precedenti.
L’unico modo di farli vivere ancora era raccontarli con parole ornate e ricche di immagini
Bologna 8 gennaio 2024 ore 10, 04 giovanni ghiselli
p. s.
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