A un tratto Kaisa mi domandò che cosa pensassi di fare.
“Un’orgia santa con te” pensai “Devo insegnarti la festività orgiastica e redimerti da ogni possibile tetraggine iperborea”.
Invece risposi che mi stavo domandando come potesse andare a finire tra noi. Mi guardò con aria indecisa.
Quindi le domandai “Tu che cosa auspichi, Kaisa?”.
“Adesso non lo so” fece. “Quando mi sono sposata, pensavo che la cosa migliore fosse maritarmi appunto. Ora tu ti proponi come amante, e non senza argomenti. Ma parliamo di altro”.
“Di che cosa?”. “Dei nostri studi, delle nostre ambizioni. Io voglio rimanere all’Università”[1].
“Io sono più modesto, per ora punto al liceo classico. Ma in questo momento, se devo dire la verità, punto a te, a te sopra a tutto. Tuam simplicem pietatem de recta via conabor avertere ut cum me in horto voluptatis ambules[2]””.
“ Molto bello il tuo latino, da chi lo derivi?”
“Da Agostino, una citazione con qualche ritocco, non un plagio. Del resto tu mi insegni che tutta la cultura è imparentata con se stessa”.
“ Sì, è così. Ma tu dimmi senza troppi paludamenti: che cosa vuoi fare di me?”.
Mi venne in mente una battuta dell’Edipo re[3] di Sofocle, il testo che mi ha dato più di tutti gli altri, l’opus sublime della letteratura mondiale, a parer mio.
Mi chiesi se fosse un segno buono o cattivo questo ricordo, magari casuale- di una tale tragedia da parte sua. Ma poi pensai che niente è casuale, anzi tutto è causato e le cause sono tutte interconnesse.
Quindi risposi: “ Quale beatitudine può derivarti dal saperlo? Comunque te lo dico: voglio fare di te la mia donna, cioè la mia domina, la padrona mia”.
“ Io non voglio un servo”.
“Sarò il tuo diacono[4] allora, un ministro laico però, ossia non intendo fare voto di castità. Capisco che l’accesso al tuo letto devo meritarmelo impiegando tutti i talenti che ho. Altrimenti meriterò di bruciare nella solitudine”.
“Quali sono i tuoi talenti?”.
“Buon gusto, una sensibilità delicata eppure forte, buona salute, questo braccio ingessato è provvisorio, carattere buono, ossia volto al bene, al bello, a tutto quanto è positivo, insomma a te con grande desiderio”.
“Se sono così positiva, come posso tradire mio marito?”
“Dirigendo bene l’intenzione[5]. Tu ti proporrai quale fine delle tue azioni uno scopo permesso. Potresti, per esempio, dire a te stessa: ‘esco con Gianni per parlare di linguistica’ oppure delle guerre persiane. Poi se questo demone qui seduto davanti a te, se un tale diavolo dissoluto ti indurrà in tentazione e ti farà rompere la fede, questo non macchierà in nessun modo la purezza della tua buona intenzione. La colpa, se si può parlare di colpa, sarà solo mia. Tu rimarrai pura siccome un angelo[6]”.
“E’ il metodo dei Gesuiti è vero?”
“Sì, l’ho imparato da Le provinciali di Pascal, e ora voglio vedere se funziona”
“Devo riconoscere che qualche talento tu ce l’hai”.
“ Questo è niente: vedessi come corro, come nuoto, come vado in bicicletta in salita! In discesa magari talora cado, vedi?” E indicai il gesso con un cenno del capo. “So fare bene diverse cose non facili, utili e belle, senza troppa fatica. Supero presto e bene anche gli incidenti Credo che sia questo lo stile. Non menziono altre capacità mie, siccome non ti mancherà l’occasione di provarle. Te la darò presto”.
“Se non fai in fretta, torno in Finlandia come moglie ancora virtuosa. Non abbiamo molto tempo davanti”.
“Tu, come il dio di cui c’è l’oracolo a Delfi, non dici tutto, né nascondi, eppure significhi”, dissi ricordando Eraclito[7], mentre provavo un’allegrezza forse un po’ scellerata, da certi punti di vista, per avere indotto in tale tentazione evidente in poco tempo la giovane sposa. Del resto mi stava facendo fretta lei stessa al contrario di Helena ritardante con le sue digressioni.
Poi aggiunsi:
“Di fatto, questa nostra occasione favorevole potrebbe non tornare mai più. Se non l’acciufferemo, l’avremo perduta per sempre. Tu sai che è calva di dietro[8]”.
“Questo da chi l’hai preso?”
“Da Chritopher Marlowe: L’ebreo di Malta e pure da Fedro. Con te mi lascio andare alle citazioni dei classici che amo perché so che sei in grado di apprezzarle. Ora scusami un momento”.
Mi alzai per andare in bagno.
“Hai un’amante che ti aspetta in una camera di questo albergo labirintico diavolo dissoluto?”, fece lei sorridendo.
“No, non ho amanti adesso. Se ho fornicato sono eventi capitati in altri paesi, luoghi lontani, e per giunta quelle ragazze sono già tutte morte. Ora tu sei un simbolo della mia mente e io voglio addentrarmi in te per entrare in me stesso ”, replicai ricambiando il sorriso.
“ Ora scendo per la scala che porta solo alle latrine”.
Quindi le chiesi ossequiosamente permesso e mi allontanai in direzione dei cessi per svuotare la vescica ormai piena di sangue di toro.
Camminavo per il lungo corridoio afferente alla scala con andamento virile che trionfava sul braccio rotto e ingessato. Immaginavo che lei mi osservasse da dietro e ostentavo fierezza, in parte acquisita, in parte forse connaturata. Purtroppo avevo i pantaloni lunghi e non potevo pavoneggiarmi sfoggiando le gambe fatte bene, da bravo ciclista.
Ne ero, e ne sono ancora, assai compiaciuto. Le ho prese dalla mamma e dal babbo di lei, un ciclista egregio.
Confesso questa mia debolezza: metto in mostra polpacci e cosce da atleta tutte le volte che posso. Omosessualità latente? Cissà: nel latente può esserci tutto. Io non credo proprio, ma decidi tu come vuoi, caro lettore.
Svoltato l’angolo, a un tratto mi apparve l’immagine arcibramata della finnica dagli occhi a mandorla, luci di straordinario colore.
Forse mi era venuta incontro passando da un altro lato del labirintico albergo dove mi ero perso nel luglio del 1966.
“ Ecco Kaisa che arriva con la chioma mora mora che le cade sciolta sul petto”, pensai.
Poi mi lanciai per abbracciare le sue forme soavi, piene di significato: tre volte tentai, ma, ogni volta, invano afferrata, fuggì dalle mani l’immagine dell’amabile amata, pari a un soffio di vento leggero, simile a ombra di sogno[9].
Proprio così andrà a finire dopo il mese di Debrecen, anche questa volta.
Andai a cercarla due anni più tardi nell’università dove era assistente di glottologia ma si fece negare. Te lo anticipo, lettore.
Del resto meglio gioire un mese nell’Università estiva di Debrecen con donne siffatte che annoiarsi un giorno, o dio non voglia, tutta la vita, con certe insulse creature incontrate e conosciute senza gioia, anzi con enorme, schiacciante malinconia.
Ma quella sera non eravamo già prossimi alla fine, anzi, non c’era ancora stato nemmeno l’inizio concreto dell’amore mensile che ci spettava e aspettava da sempre.
Ma non ne ero ancora del tutto sicuro. Mentre scendevo le scale diretto ai gabinetti ipogèi mi chiesi se ci fosse davvero una Kaisa fiorente con gli occhi dal taglio finnico-mongolico[10] in attesa di me seduta a un tavolo nella terrazza posta sotto le stelle, o se io stessi dormendo, pieno di sonno, e quella finlandese dagli occhi viola con tutto il resto fosse soltanto un sogno, fatta della materia dei sogni[11].
Poi mi chiedevo se, magari risalendo le scale e inciampando in un gradino, mi sarei svegliato nel letto della casa di Pesaro, o in quella di Bologna, oppure nel lettino dove mia madre mi aveva fatto addormentare la sera prima cantandomi canti di culla[12].
Talvolta, mentre ti racconto queste storie lettore, mi chiedo ancora, e forse te lo chiederai pure tu, se le abbia davvero vissute, o se Helena, Kaisa, Päivi, Ifigenia et ceterae siano soltanto immagini, simili a sogni di nulla[13], di un misero mendicante della bellezza, raccolte durante il sonno che circonda la nostra rapida, povera, breve vita mortale.
Bologna 11 marzo 2025 ore 9, 51 giovanni ghiselli
p. s.
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[1] Con il volgere delle stagioni sarebbe diventata preside di facoltà.
[2] Cfr. Agostino, De civitate Dei XII, 18, 2
[3] Cfr. Sofocle, Edipo re , 738 “w\ Zeu`, tiv mou dra`sai bebouvleusai peri; “
[4] diavkono~ significa “servo” ma nel Nuovo Testamento è il ministro del tempio.
[5] Cfr. Blaise Pascal, Le provinciali, VII Lettera-
[6] Cfr. Verdi-Piave, Traviata II, 5.
[7] Fr. 120 Diano.
[8] C. Marlowe, L'ebreo di Malta, V, 2, 5
[9] Cfr. Virgilio, Eneide II, 793-794: “ Ter frustra comprensa manus effugit imago-par levibus ventis volucrique simillima somno” . Cfr. anche Pindaro, Pitica VIII, 95-96 skia``~ o[nar-a[nqrwpo~ , sogno di ombra è l’uomo.
[10] Cfr. Claudia Chauchat di Der Zauberbeg di Thomas Mann
[11] Non siamo davvero noi uomini sogni di ombre? E' questa una considerazione che va da Pindaro:" skia'" o[nar/a[nqrwpo"" (Pitica VII, vv. 95-96).; a Sofocle che nell'Aiace fa dire a Ulisse, preso da rispetto e compassione per il nemico precipitato nella follia :" JOrw'' ga;r hJ ma'" oujde;n oj;nta" a[llo plh;n-ei[dwl j, o{soiper zw'men, hj; kouvfhn skiavn "(vv.125-126) vedo infatti che non siamo altro che larve, quanti viviamo, o muta ombra; a Shakespeare il cui Macbeth prossimo alla fine dice:"Life's but a walking shadow; a poor player, That struts and frets his hour upon the stage, And then is heard no more: it is a tale Told by an idiot, full of sound and fury, Signifyng nothing" (V, 5), la vita è solo un'ombra che cammina; un povero attore che si pavoneggia e si agita sulla scena nella sua ora e poi non se ne parla più: è la storia raccontata da un idiota, piena di frastuono e di furia, che non significa nulla.
Prospero nella La tempesta (del 1612) conclude :" We are such stuff/as dreams are made on; and our little life/is rounded with a sleep", Noi siamo fatti con la materia dei sogni, e la nostra breve vita è circondata dal sonno"(IV, 1).
[12] Cfr. Pascoli, La mia sera: “Mi sembrano canti di culla,-che fanno ch’io torni com’era…-sentivo mia madre…poi nulla…-sul far della sera” Ultima strofe.
[13] Cfr. Pascoli, Il mendico: “e simile a sogno di nulla,-nell’acqua c’è l’ombra sua bruna,-che appena si dondola e culla-nel lume di luna” (ultima strofe)
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